indispensabili al mondo diNur, e di accettare in · qualche modo la sua volgarità, le sue richieste pressanti di soldi, e il suo coinvolgerlo in situazioni ambigue e non controllabili. L'intervista procede così senza progresso, in pagine e pagine di sofferta comicità e compassione e di grande sapienza narrativa, tra l'ironia del poeta, lo scherno dei convitati e il vittimismo di Deven. Alla fine dell'estate l'intervista, anche se non conclusa, dovrà giungere al termine, ma dopo ore e ore di registrazione non restano sui nastri che frammenti rochi e incomprensibili della voce del poeta, sopraffatta dagli scoppi di risa dei suoi ospiti e dal vociare della strada: "Era un fiasco. Non esisteva altra definizione ... Quando era possibile indurre i nastri aprodurre un suono, sembrava che non ci fosse nulla da ascoltare - lunghi intervalli di crepitii framCONFRONTI misti all'improvviso strombazzare di un clacson nella strada ... voci ubriache che urlavano, cantavano, si arrestavano di colpo. Dov'era Nur?" (pp. 186-187).11 viaggio iniziatico si è concluso, con il necessario ridimensionamentq del senso del passato e del valore ella poesia. Deven, distrutto dai debiti e dallo scherno dei colleghi del college, e perseguitato dal silenzio rancoroso della moglie, arriva a desiderare la morte. Eppure il pensiero dell'amicizia con Nur e la gratitudine per la sua poesia sono più forti, anche se, nel complesso rapporto che si è venuto a creare tra i due, non è più chiaro chi si sia affidato all'altro. Alla fine i ruoli risultano confusi e ribaltati: se Deven si è sentito il custode del genio di Nur, è il poeta ora a essere diventato il "custode" dell'ingenuo e adorante discepolo. Scrittorineri della memoria. CharlesJohnson e "il raccontodel mandriano" MarioMaffi È il caso di essere due volte grati· alle Edizioni e/o per aver pubblicato, nella buona traduzione di Vincenzo Vergiani, Il racconto del mandriano (pp. 188, L. 24.000) di Charles Johnson. Innanzitutto, perché si tratta di un libro straordinario, che sa fondere con abilità priva di tracotanza intellettualistica generi diversi. Nelle sue pagine, incontriamo infatti l'autobiografia dell'ex-schiavo nero (alla Gustavus Vassa, tanto per intenderci, o alla Frederick Douglass, o anche alla Malcom x, che schiavo fu, tutto particolare, del ghetto. e della società razzista americana), il Bildungsroman e il romanzo picaresco (con abbondanti echi alla Mark Twain e alla J.D. Salinger), il conte philosophique ( del tipo però autoironico e pieno di umore e umori, in cui quindi le lunghe disgressioni risultano sempre godibilissime) e il romanzo storico intrecciato di fantastico (o, se si vuole, del romanzo fantastico intrecciato di storia: per capirci, alla Doctorow di Ragtime o, meglio ancora, alla Robert Coover di The Public Burning, alla Graham Swift di Terra d'acqua, alla John_Fow]es di Maggot, la ninfa). È dunque un libro che srotola i fili multicolori del pastiche surreal-gotico-grottesco, con rivisitazioni dei (e contaminazioni dai) mondi del trascendentalismo americano e delle filosofie orientali (dicono le Dieci Tavole del Mandriano che danno il titolo al libro e sono citate in apertura, insieme a Kafka, al Rigveda, e a Sant' Agostino, quasi a delineare le coordinate dell'opera: "Desolato .attraverso le selve e spaventato nelle giungle, egli va cercando un Bue che non t:r:ova" -un'ecodelMobyDick?). Un pastiche, infine e di nuovo, che non è mai fine a se stesso, puro pretesto di colto sfoggio letterario, ma intelligente provocazione che s'accompagna a un vero e proprio piacere del narrare attraversando più generi, più situazioni, più mondi, senza mai negarsi i sentieri laterali e anzi facendo d'essi nuove possibili strade maestre. 36 La vicenda, ambientata in America, nella temperie contraddittoria del pre-Guerra Civile, è quella di Andrew, mulatto quasi bianco, frutto d'una notte di ebbra follia in cui il maggiordomo di colore e il padrone bianco si sono sconsiderat_amentescambiati le mogli, incrinando per un attimo e per sempre l'equilibrio già instabile di un ordine socialé destinato, di lì apoco, ad andare in frantumi non senza lasciare tutt'intorno tracce abbondanti di sè. Andrew vivrà così nelle baracche degli schiavi, ma riceverà al contempo un'educazione erudita (il suo pedagogo, che ci ricorda l'lchabod Crane del racconto di Washington Irving The Legend of Sleepy Hollow, arriverà anche a invitare nel.lasua umile e disordinata capanna un Carlo Marx bisognoso di riposo e di svago ...). E comunque con la schiavitù dovrà sempre fare i conti, lui, nero quasi bianco, fin da quando, venduto a una nuova padrona, l'assatanata· mantide religiosa Fio Hatfield, si metterà in viaggio (in fuga? in cerca?) in compagnia del Fabbricante di Bare, simbolo vitale e vitalistico ChorlesJohnson (archivio e/o). del passato africano;e del ricordo di una giovane schiava amata che Andrew vuole riscattare, e inseguito dal folle, tenebroso Cacciatore d 'Anime, quintessenza della ferocia schiavista e secolare fusione sovrannaturale di vittima e . carnefice. Ma narrare la vicenda significa poco o nulla,· perché Il racconto del mandriano va letto e nella lettura assaporato. Da trent'anni e più si parla di morte del romanzo: se è questa la sua morte, se è così che mu_oreil romanzo, ben venga la sua morte! ... L'altro motivo di gratitudine sta nel fatto che, finalmente, si torna a pubblicare in Italia un autore nero americano.C'era un tempo, fino ad almeno quindici anni fa, in cui l'editoria italiana si mostrava particolarmente, golosamente attenta alla produzione delle minoranze etniche americane: i neri americani, i pellerossa, e in parte anche i chicanos o messicoamericani, venivano tradotti e fatti conoscere. Poi sono venuti altri tempi e altre mode, altre musiche si son messe a suonare, altri fenomeni hanno occupato il proscenio italiano, spesso in misura inversamente proporzionale al loro effettivo valore e significato, e - soprattutto per la letteratura nera - è cominciata la fase di declino editoriale. Non voglio dire che non si siano più pubblicati autori neri: nel frattempo e pur uscito qualcosa di Alice Walker, qualcosa di Toni Morrison, dilshmael Reed ... ma queste opere sono state proposte più come esempi di scrittura al femminile, o, nel caso di Reed, di romanzo sperimentale, che come espressioni di una cultura nero-americana viva e attiva: il che (non vorrei essere frainteso ...) naturalmente va benissimo. Ma la conseguenza negativa di quest'attenzione specifica è stata quella di dare l'impressione che le minoranze etniche in quanto tali non avessero più nulla da dire, che non dicessero più nulla. E così, in base a un meccanismo a esse ben noto, sono diventatequi da noi almeno -invisibili e mute (scriveva Ralph Ellison, in /nvisible Man, del 1952: "Sono un uomo invisibile. Ma non uno di quegli esseri spettrali che ossessionavano Edgar Allan Poe, e nemmeno uno di quegli ectoplasmi dei vostri film hollywoodiani. Sono un uomo fatto di materia, di carne e ossa, di liquidi e tessuti - e, si potrebbe anche dire, dotato di una mente. Sono invisibile, capitemi bene, perché gli altri rifiutano di vedermi"). E invece, in questi ultimi quindici anni, neri, chicanos, asiatico-americani, portoricani, pellerossa, non sono stati, negli Usa, né invisibili né muti. Varrà il conto, prima o poi, di riprendere per bene l'argomento, stuqiandone i contorni, rivelandone i contenuti, mostrando il tesoro di esperienze :,ocioculturali da essi elaborato in tutto questo periodo. Restando nel campo della letteratura nera, basti qui dire che Charles Johnson fa dunque parte d'un gruppo che annovera, oltre allaWalker e allaMorrison, scrittori ormai affermati come Ishmael Reed (con il classico Mumbo Jumbo e i più recenti The Terrible Twos e Reckless Eyeballing), Gloria Naylor (con The Women of Brewster Piace e Matn{lDay), John Wideman (con The Lynchers, Hiding Piace, Reuben), Clarence Major (con Reflex and BoneStructure eSurfaces and Masks), Al Young (con Things Ain't
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