CONFRONTI l'intervista impossibile. Unromanzodi AnitaDesai Paola Splendore Le curiosità e le attese suscitate dall' antologia di narrativa indiana contemporanea, curata daClaudio Gorlier ePaolo Bertinetti (Oscar Mondadori 1989), trovano una prima suggestiva risposta nel romanzo di Anita Desai pubblicato da La Tartaruga In custodia, forse l'opera più matura della romanziera indiana (traduzione di Cinzia Pieruccini, pp. 220, L. 24.000). Autrice di otto romanzi e di una raccolta di racconti, tutti scritti in inglese, Anita Desai è nota al pubblico italiano solo per un suo lungo racconto apparso qualche anno fa su questa rivista (Oriente e Occidente, n. 19, 1987) e per i due racconti dell'antologia citata. La pubblicazione di un suo romanzo per ragazzi, Il villaggio vicino al mare (SEI 1987), sui cambiamenti prodotti dall'istallazione di una fabbrica di fertilizzanti chimici in una povera comunità di pescatori nei pressi di Bombay, è passata del tutto inosservata. La narrativa di Anita Desai non predilige tuttavia la denuncia sociale, né il colore locale, bensì l'esplorazione di mondi privati, di fragili menti di individui esposti ai "feroci assalti dell'esistenza", e dello spreco di sé derivato dall'inettitudine, le ambizioni sbagliate, la rassegnazione. Notevoli i suoi ritratti femminili e l'analisi delle difficoltà a costruirsi un'identità personale in una società ostile alle donne com'è l'India. In custodia è un romanzo sull'India di oggi, la cui vicenda si situa ai margini di un conflitto linguistico, quello tra l'urdu e l'hindi, la lingua colta e quella popolare: è la storia dell'incontro "straordinario" tra un giovane professore di hindi in un college di secondo ordine, Deven, e Nur, il più grande poeta vivente di lingua urdu. Un universo tutto maschile, pochi i personaggi e ben caratterizzati, un'azione concentrata su un unico evento, l'intervista interminabile che Deven farà a Nur, e una grande intensità di scrittura che permette all'esile trama di diventare scena delle contraddizioni di una società in rapida trasformazione. Deven è avvizzito all'ombra di una grande passione trasmessagli dal padre, quella per la poesia urdu. Costretto tuttavia a insegnare l' hindi e contribuire così, suo malgrado, all'avanzata egemonica di "quella biada ruminata dai contadini" (p. 59), e frustrato negli affetti familiari, si è tenuto in disparte dalla vita, rendendosi quasi invisibile. Ma quando Murad, amico dei tempi della scuola, ora diventato l'arrogante e cinico editore di una rivista letteraria che tiene in vita la tradizione urdu, gli dà l'incarico di intervistare il vecchio poeta Nur nella sua casa di Delhi, egli accetta, pur combattuto tra l'entusiasmo della grande occasione e l'abitudine a soccombere. Il fascino di Nur è tale che Deven immagina che gli basterà posare gli occhi su di lui e ascoltare la sua voce recitare gli amati versi per sentirsi riscattato dal grigiore e dalle umiliazioni di tutta una vita. Il viaggio a Delhi si rivelerà per Deven una sorta di tardiva iniziazione alla vita, di violenta presa di coscienza di sé e della realtà di corruzione e disfacimento della società indiana. La distanza che lo separa dal poeta diventa così lo spazio dell'esperienza, una sorta di rito di passaggio in cui Deven è chiamato a superare una serie di prove iniziatiche che mettono a dura prova la sua fragilità di carattere e la sua credibilità. E tutto comincia male, dal sobbalzante viaggio in corriera verso Delhi, al labirinto di stradine maleodoranti della città vecchia, in cui Deven è quasi soffqcato dal caldo e dalla folla, fino ali' ostilità e allo sprezzo del poeta, disturbato nel suo riposo pomeridiano. Immobile e ieratico come una statua di marmo, il Foto di Giovanni Giovannetti. corpo vecchio e grosso ricoperto di bianchi lini, Nur è l'immagine della decadenza e della senilità. Deven, sopraffatto dalla stanchezza, l'emozione e la reverenza, registra un acuto senso di delusione. L'incontro tra i due, nella casa piena di ombre, è turbato da molte interferenze che creano un muro quasi impenetrabile alla comunicazione. Ma l'apparente diversità cela una fitta rete di somiglianze sotterranee e fin dall 'inizio, oscuramente, ciascuno dei due comincia a intravedere nell'altro una possibilità di salvezza dalla gabbia di cui è prigioniero: Deven è sposato a una donna che non ama, oppresso dalle ristrettezze economiche, circondato dalla disistima di tutti. Nur, vessato dalle emorroidi é dalla cattiva digestione, è prigioniero a sua volta di due mogli, una avida e l'altra ambiziosa, e di una corte di adulatori che lo sfrutta costringendolo a umilianti esibizioni in conviti e banchetti quotidiani. Li unisce soprattutto il suono della poesia urdu, che riesce a creare tra i due, quasi a loro insaputa, una "miracolosa intimità", una forma di solidarietà che attraversa gli spessi diaframmi che si frappongono tra loro. Nei numerosi incontri che seguono, Deven, alle prese con un registratore malandato e un maldestro assistente, si scopre tuttavia incapace di cogliere il nesso tra poesia, cibo e rum, \ 35
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