Fedee Jlene. I cattohcie la biologia Giorgio Forti I problemi della cosiddetta bioetica stanno assumendo tutte le caratteristiche di un tema di lotta sia dal punto di vista legislativo e politico (vedi problema dell'aborto, della definizione legislativa di morte in relazione anche ai trapianti d'organo, della sperimentazione sugli embrioni, della maternità mercenaria, ecc.), che teorico, filosofico e scientifico; e non solo in Italia (vedere "Linead'ombra"n. 41, settembre 1989). In questo contesto si inserisce il volumetto di C. Barigozzi, L. De Carli e L. Caffarra, Manipolazioni genetiche ed etica cattolica (PIEMME, Casale Monferrato, 1989). I primi due autori sono genetisti noti e stimati: Claudio Barigozzi, Linceo, è professore onorario a Milano dove ha fondato l'Istituto di Genetica alla Fat:9ltà di Scienze. Luigi De Carli, professore di genetica a Pavia, è un esperto di colture di cellule e di analisi cromosomiche. La parte di Barigozzi è un'esposizione semplice e chiara della genetica "classica" mendeliana, dei suoi metodi e dei risultati a cui è arrivata. Il testo vuole essere leggibile da chiunque abbia un'istruzione di scuola media superiore, e ci riesce. Un breve accenno all'avvento della genetica molecolare e alla scoperta del "codice" genetico e del suo funzionamento completa il primo capitolo. Il secondo, sempre di Barigozzi, spiega in tre pagine cosa siano le mutazioni, e come le malattie ereditarie siano determinate da geni (oppure da lunghi tratti di cromosomi) mutati. De Carli descrive nel modo più semplice i metodi dell'ingegneria genetica: clonazione di geni, ibridizzazione cellulare, trapianto di cromosomi, e spiega che tipo di risultati ci si possono aspettare da queste operazioni. La trattazione, illustrata da disegni, è di facile comprensione per chiunque e rifugge dal- !' enfatica retorica sulle meraviglie della scienza che rende stucchevoli e illeggibili tante trattazioni divulgative sull'argomento. Il terzo autore, L. Caffarra, è un teologo titolatissimo nella gerarchia cattolica. Mons. Caffarra è infatti preside del Pontificio istituto Giovanni Paolo II, professore di teologia morale, consultore della Congregazione per la Dottrina della fede e di parecchi altri organismi vaticani. Il Caffarra sceglie di ignorare l'esistenza dei capitoli che precedono il suo nel libro, per dedicarsi alla apologia del documento vaticano ("Istruzione'') Donum Vitae. Lo fa impostando il discorso sul piano epistemologico, etico e politico: il discorso etico e quello politico vengono fatti discendere da quello epistemologico, ed è questo che val la pena di commentare, anche perché quanto a etica e politica il Caffarra non aggiunge nulla alle notissime posizioni della gerarchia cattolica romana. Il primo argomento è la critica del metodo ''riduzionista" della scienza moderna, che egli intende come ideologia piuttosto che come approccio metodologico alla realtà complessa del mondo fisico, vivente e non vivente. Per il Caffarra il riduzio32 CONFRONTI nismo, termine a cui dà il significato (veramente riduttivo) di considerare l'Uomo "nient'altro che" la materia di cui è fatto il suo corpo, non ha alcuna possibilità di accesso alla verità che veramente interessa della "persona umana": come se si volesse apprezzare la Pietà di Michelangelo mediante la conoscenza chimica del marmo di cui è fatta! La non pertinenza dell'argomentazione e la disinformazione che la sottende sono sorprendenti, anche tenendo conto della origine culturale dell'autore. Ci si poteva aspettare infatti che il teologo cogliesse l' occasione per riconoscere nel riduzioni_smo, come metodo di analisi che ha alla base l'assunzione di un'unica logica che regge l'universo, dalle particelle elementari agli atomi alle molecole, e, attraverso le macromolecole, alla struttura stessa del "fenomeno vita", la manifestazione di un'unica sapienza che "lega con amore in un volume/ciò che per l'universo si squaderna" (Par. xxxm, 86-87). Ma egli sembra troppo preoccupato dall'apologia dello "spirito" contro la "materia", e si impegna dunque a dimostrare che la verità dell'Uomo, quella che importa "in sé e per sé", inaccessibile alla scienza, lo è solo per la Rivelazione di cui la Chiesa è depositaria. Il procedere della dimostrazione parte dalla distinzione tra le classi di realtà "che esistono in se stesse e per se stesse" e realtà che "esistono solo se e quando ineriscono a una della prima classe" (p. 112). Esempio: la parete bianca... la parete esiste in sé, il ·bianco non ha esistenza autonoma, ma solo in quanto "inerente alla parete". Se lo ricordino i ragazzi delle scuole secondarie, quando studieranno le leggi della riflessione della luce, e la sua composizione spettrale! La "persona umana" è, ovviamente, realtà che esiste in sé e per sé. Disegno di Rouch (do Lomaggioranzasilenzioso, Garzanti 197 41. Il Caffarra procede dunque spedito e categorico ad affermare che la identità della persona umana non può avere spiegazione biologica: come animali saremmo assai poco individualizzabili, se Dio non ci desse, a ognuno, un'anima immortale, unica: la nostra realtà ontologica, la verità di noi. Evidentemente, il teologo non ha letto il capitolo di Barigozzi, che precede il suo nel volume. Altrimenti saprebbe che ogni individuo di Homo sapiens (ma anche di ogni altro animale o pianta superiore), è un'evento unico, statisticamente irripetibile, in quanto a patrimonio genetico: per la disgiunzione e ricombinazione genetica e per l'assortimento dei cromosomi nei gameti, con 23 coppie di cromosomi e decine (o centinaia) di migliaia di geni su ogni cromosoma, le probabilità che due individui siano uguali sono pressoché nulle, anche se si tratta di figli degli stessi genitori. Inoltre, il potere dei geni è grande, ma non assoluto: durante lo sviluppo (nel seno materno e dopo la nascita), l'interazione dei geni con l'ambiente ha un•influenza fondamentale nel far sì che certi geni siano "espressi" e altri no. Durante l'epigenesi del sistema nervoso si formano collegamenti (sinapsi) tra neuroni in relazion~ a certi stimoli, certi "apprendimenti", diversi da quelli che si formano in risposta ad altri stimoli. Il risultato di queste diversità è una differenziazione complessiva dell'insieme, ricchissimo, di "grafi neuronali": differenze di sensibilità, intelligenza di diversi tipi di fenomeni, capacità diversificate di comportamenti e di apprendimento derivano da questo. Nell'Homo sapiens gli stimoli ambientali includono quelli dell' ambiente culturale: assortimento di geni e ambiente in senso lato (quello trovato nel seno materno e quello storico-culturale, e l'Educazione) fanno di ognuno di noi una persona unica, irripetibile. È lecito pensare, facendo l'atto di fede religiosa, che il Caso responsabile delle mutazioni, ricombinazioni e ridistribuzioni di geni attraverso le generazioni in una gamma infinita di combinazioni coincida con il "piano misterioso ed imperscrutabile" di Dio creatore. Ma non dovrebbe esser lecito (neppure aun teologo, se onesto) ignorare che la struttura biologica e il modo in cui essa viene ereditata danno conto dell'enorme varietà dei viventi e dell'unicità di ogni individuo. Quanto a linguaggio e stile, quello del Caffarra è ben di questo mondo, ma non di questo secolo: e per il modo di usare il sillogismo, che ricorda quello del manzoniano don Ferrante, e per la impossibilità di comunicare mediante il linguaggio scientifico moderno, che il teologo evidentemente non ha in stima. Una sensazione di tristezza sconsolata afferra il lettore anche meglio disposto sin dalle prime righe del Caffarra, per non lasciarlo più sino alla fine, se ha la perseveranza di percorrere tutte le trenfacinque pagine del teologò: la lettura è tuttavia istruttiva per chi si interessi di confrontare, raccolti in non molte pagine, i pensieri e il modo di esprimersi di due uomini di scienza del nostro secolo con quelli di chi, come questo teologo, usa immagini e logica del tutto estranee a chi abbia stima del tentativo umano di conoscere l'universo e il modo in cui funziona.
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