Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

IL CONTISTO l'altro mundial Diariodiuntifoso Colin Ward traduzione di Gianni Turchetta Io e Keith partimmo per la Stazione Vittoria per prendere il primo treno-I}avetta per Parigi; e poi verso la Spagna e il Campionato del Mondo. È un evento che si svolge ogni quattro anni, e nel 1982 molti fantasticavano che l'Inghilterra avesse concrete possibilità di vittoria. L'Ing~lterra d~veva incontrare la Francia nel primo girone della fase finale; 10 e Ke1th non avevamo biglietti, ma ero sicuro che saremmo ri~~citi a c~m~rarli abbastanza facilmente. L'unico problema era la v1cmanza d1Bilbao al confme francese, motivo per cui pensavo che ci sarebbero stati molti frances.i in viaggio verso lò stadio.· Peraltro la Fed~r~io~e ~glese non aveva fatto alcun tentativo di ottenere biglietti per I tifosi m trasferta, forse sperando che così non si sarebbero nemmeno messi in viaggio. C'erano però lo stesso alcuni tifosi dell'Inghilterra sul treno, anche se in genere quasi non si parlavano. Fu soltanto sul traghetto che cominciò davvero la festa. Tutti gravitavano verso la balaustra di prua, e nel giro di venti minuti o giù di lì prevalse un'atmosfera di festa, con bandiere e striscioni avvolti tutt'attorno alla balaustra. Io e Keith ci unimmo ad alcuni tizi di Oldham. Uno di loro si chiamava Dave e aveva una buffa voce catacombale difatti si gua?a_gnò~I ~prannome di "Voce di pietra". Aveva un p~cione da bevitore d1bITTache sosteneva un paio di calzoncirù coi colori della bandiera inglese, e sapeva un mucchio di canzoncine sceme. Anche un militare americano che stava bevendo per conto suo si unì a noi ma sono sicuro che il giorno dopo avrebbe.desiderato non averlo fatto'. Pure un altro tizio sedett~ fra_di n~i, ma sempre tenendosi un po' in disparte. Portava un maghoncmo d1Charlton del tipo "Orgoglio di Londra", e sulla guancia sinistra aveva una cicatrice che da un lato gli piegava la bocca verso l'alto, così che sembrava èhe stesse sempre sorridendo. Lo soprannominai "Sorriso", e per il momento tutto finì lì. "Sorriso" aveva l'aspetto di un fanatico e mi irmervosiva. · . Subito prima che il traghetto attraccasse tutti fecen; provvista di t,_mae altra_r?ba del duty f,:ee ~er il ~iaggiò in treno a Parigi. Il viaggia s1trasformo m un bel festmo, mfattl cantammo e ballando per tutto il tempo. I francesi sul treno si divertivano alle nostre buffonate che erano scherzi eccentrici tipicamente inglesi. Ciascuno doveva met;er su u~ ~zzo dell~ festa. Solo "Sorriso" si limitava a sedere e guardare. Il m1h~e am_en~anoera ~oprio ubriaco e decise di mettersi in viaggio per ~Ilbaq ms1eme a no1. Il treno arrivò a Parigi e tutti prendemmo il metro per la stazione con la coincidenza verso Hendaye e il confine spagnolo. Quando arrivammo alla stazione decidemmo di sistemare i bagagli nel deposito per non doverli portare in giro. "Sorriso" mise da parte 13: sua roba, uscì dalla stazione, si diresse verso Ùn francese c gli chiese: "Français, monsieur?''. "Oui''. Pah! Gli mollò un cazzotto e )o mandò lungo disteso per terra. Poi si girò e se ne venne trionfante verso di me. "I francesi mi stanno sulle palle", disse. Guardai Keith e gli dissi: "Questo qui dobbiamo mollarlo alla svelta". Me ne torn_aiper cercare di ritrovare Keith. Guardai in un po' di bar, ma non trovai nessuno. Quando andai in un ristorante, mi ritrovai davanti ai miei peggiori timori. "Sorriso" era vicino alla cassa con un altro inglese ubriaco che non avevo mai visto prima. Avevano liberato dal guinzaglio un "brillante duo". "Sorriso" aveva rovesciato tutti i suoi spiccioli ~ul~ancod~~lacassa e stava strillando alla povera cassiera, che !;ntava d1sp1egargh m francese che non poteva accettare soldi inglesi. Ascolta, Francese, questi soldi sono buoni", urlò, e diede un pugno sul b~co. Nel bar c'erano circa sei francesi, che sedevano sugli sgabelli v1cmo alla porta. Cercai di battermela alla svelta, ma "Sorriso" mi beccò. "Ginger, vieni qui e spiegale che sono soldi buoni". Uno dei francesi nel bar disse qualcosa. "Ehi, Francese, vuoi fare a botte?" Già mi pareva di vedere un incidente internazionale, con tre di noi che finivano in prigione. L'ubriaco che stava con "Sorriso", che era di Manchester, espresse un saggio parere: "Scappiamo di corsa". Purtroppo però poteva a malapena camminare, figurarsi correre. Decisi di salvare la giornata, e mi diressi verso la cassa. "Excusez-moi, mademoiselle. Combien coute l' addition, s' il vous plait?". Le diedi una banconota da cinquecento franchi. Mi diede il resto e io lo misi in tasca assieme ai soldi "buoni" di "Sorriso". Andai verso la porta dove c'erano "Sorriso" e l'ubriaco di Manchester, ma quando questi superò i sei francesi pronunciò proprio la frase temuta che dicono gli inglesi ubriachi in Francia: "Senza di noi non vi sareste mai tirati fuori dalla guerra". "Ehi, penso che vogliano fare a botte", disse "Sorriso". "No, non è vero," replicai, "andiamocene". Riuscii a trascinarli fuori e dissi loro che ci saremmo visti più tardi in un bar sulla strada, ma che dovevo prima mangiare. Appena girarono l'angolo andai sparato nella direzione opposta. Grazie a Dio non li rivedrò mai più, pensavo. (...) Tornai alla stazione, dove dovevamo prendere il treno delle 11,30. C'era "Voce di pietra" con i suoi amici, ma non c'era Keith. "Dov'è Keith?" domandai. "Non so. È sparito poco dopo che te ne sei andato e da allora non l'abbiamo più vistò;'' Tirarono la loro roba fuori dal deposito e si diressero verso il treno. Aspettai, e quando l'ora di partenza si avvicinò cominciai a imprecare contro Keith. Alla fine saltò fuori che era già l'una di notte. "Dove diavolo sei stato?" "Mi sono incontrato con certi tifosi assatanati di Portsmouth e abbiamo avuto una rissa in un bar, così poi sono andato a farmi un drink con loro". Ero furibondo, ma scoppiai a ridere vedendo che Keith non riusciva a ricordare dove aveva messo parte della sua roba. Accusava quelli di Oldham di avergliela fregata, ma la verità era che non si ricordava più dove l'aveva messa. Aveva perso il registratore, un po' di cassette, la ban~iera inglese, sciarpe e una macchina fotografica. Riuscimmo poi a parlire per la Spagna con il treno delle 2,00. La mattina dopo ali' arrivo avevamo tutt'e due un pessimo aspetto e ci sentivamo in effetti malissimo. Attraversammo il confine e cercammo il treno per San Sebastiano, e per ingannare l'attesa entrammo in un bar nei pressi della stazione. Come ho già detto prima, i bar sono posti stupendi per raccogliere informazioni. Incontrai certi tizi che erano stati a Biarritz e mi dissero che tutti si erano diretti a Bilbao per comprare i biglietti della partita, perché ce n'era una scorta molto limitata; gli spagnoli erano molto preoccupati e stavano cercando di tenere alla larga gli inglesi. Salimmo sul treno e appena entrato vidi la prima pagina di un giornale spagnolo che diceva: "GENERAL MENENDEZ ACCEPT A LA RENDITION". Sapevamo tutti che cosa voleva dire. La guerra delle Falkland era finita, e l'Inghilterra aveva vinto. Pensai che questo avrebbe forse reso gli spagnoli un pochino aggressivi verso di noi. Una volta a Sart Sebastian scoprimmo che davvero tutti stavano andando a Bilbao perché era difficile avvicinarsi ai biglietti, perciò andammo alla stazione degli autobus e comprammo i biglietti per il vi.aggio.L'autobus sarebbe arrivato una mezz'ora dopo e così trovammo un bar e vi entrammo. Dentro vedemmo un grosso skin-head che portava una maglietta con disegnato .il bull-dog Bobby mascotte ufficiale della squadra inglese. Su un braccio aveva tatuata la bandiera nazionale. . ''T~tt? a posto, amico?" domandai. "Certo, vado bene" rispose. R1mas1d1 sale. Era un tedesco, anche se portava i colori inglesi e un ta~aggio britannico. Continuò a parlare: "Devo scolarmi venticinque c~1areu!1adopo l'altra per essere un vero inglese". Avrei voluto scoppiare andere, ma sembrava un vero duro. Venni a sapere da due altri tipi nel bar che tre londinesi lo avevano incontrato e gli avevano detto che d?veva avere certe credenziali prima che potesse anche solo pensare di diventare un tifoso di calcio inglese. Anzitutto, gli doveva piacere p~e~der~ a cazz?tti i francesi; in secondo luogo, gli doveva piacere p1~c1arem pubbh~o; terzo, doveva essere capace di scolarsi venticinque ch1~e una_d~po I altra. Stentavo a crederci, fatto sta che quello stava avv1andos1 nsolutamente ad obbedire ai suoi doveri. Io e Keith lo lasciammo e prendemmo l'autobus per Bilbao.( ...) Una volta là, ci arrampicammo sul pendìo di una collina e ci trov~o di fronte a un'esplosione di colore. Un largo spazio polveroso, d1fronte all'arena di mattoni rossi, era gremito da circa cinquecento tifosi con bandiere, cappelli, sciarpe e magliette coi colori dell'In-

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