IL CONTESTO -lasindromedi Gerda e il Pianonazionale per l'informatica MariaCastelletti Cerda era passata· attraverso il liceo scientifico e qualche semestre di università; aveva sfiorato una quantità enorme di scienza nuova che non si poteva collocare nell'antica cornice dello spirito classico ed umanistico; in molti giovani questo corso di studi produce una sensazione di completa impotenza, mentre davanti a loro l'età nuova si apre come un mondo nuovo il cui suolo non si può lavorare con i vecchi arnesi. (Robert Musi/, L'uomo senza qualità,/, p. 473, Einaudi). Il mio osservatorio sul Piano Nazionale dell 'Informaiica (PNI) è molto limitato e parziale. I miei riferimenti sono ridotti al liceo scientifico in cui insegno e agli scambi di opinioni ed esperienze con qualche amico-collega. D'altra parte il PNI ha offerto a nuclei, anche consistenti, di insegnanti un'attività formativa/informativa presso le scuole-polo, ma non ha previsto nessun strumento di collegamento, confronto e controllo sulla sperimentazione che ne è seguita. Le mie osservazioni sono quindi quasi autobiografiche perché la "sindrome di Gerda" potrebbe essere il portato di fattori locali piuttosto che la spia di contraddizioni più generali. Ho però l'impressione di trovarmi di fronte a un oggetto frattale, nel senso che il particolare, molto probabilmente, presenta tutte le caratteristiche della configurazione complessiva. Un detonatoredi contraddizioni A qualsiasi livello l'introduzione dell 'informatica, anche intesa nell'accezione più ristretta dello strumento persona! computer, ha indotto unarisistemazione di metodologie e<:I organizzazioni del lavoro. Nell'istituzione scolastica è diventata il detonatore di contraddizioni preesistenti, che non si manifestano chiaramente solo perché il sistema è dotato di meccanismi di smorzamento molto potenti. Di questo erano consapevoli, credo, gli stessi ideatori del Piano. Nonpernullail PNI ipotizza che la linea di minima resistenza sia rappresentata dagli insegnanti di matematica e fisica e nei corsi di formazione stimola le discussioni sug~ statuti delle due discipline. Da questo punto di vista sembra che il PNI intenda funzionare come Wl cavallo di Troia per forzare l'avvio della riforma della scuola secondaria superiore a partire dal nodo insegnamento delle scienze-introduzione dell'informatica, aggirando così gli ostacoli parlamentari con l 'instaurazione di dati di fatto. Scioglierela compl~ltà I docenti coinvolti nel Piano si sono quindi trovati da una parte a riflettere su teoria e prassi del loro insegnamento e dall'altra a dover acquisire conoscenz.e e abilità che spesso non hanno fatto parte né del curriculum universitario né delle esperienze personali. Il tutto è stato calato su una piattaforma di 20 abitudini centrate sul programma piuttosto che sulla programmazione, sul lavoro individuale del docente piuttosto che sull'attività di gruppi pluridisciplinari di docenti. I due piani del discorso, acquisizione di nuove competenze e riflessione su contenuti e metodi delle discipline, si sono sovrapposti e confusi, e in gen(\Teil primo ha finito per prevalere sul secondo. Insomma ho l'impressione che si stiano sostituendo i vecchi esercizi ripetitivi "dell' algebrina" del biennio con altrettanto ripetitivi esercizi di micro-programmazione in Pascal. I nodi organiz1..atlvle burocratici Nelle ipotesi del Piano si doveva innescare, a seguito dei corsi di formazione, una sorta di reazione a catena. I primi docenti formati nei corsi avrebbero dovuto formare altri colleghi delle proprie scuole e questi, a loro volta, formarne altri e così via. Non mi sembra chè questo effetto a cascata si sia manifestato in modo diffuso, o almeno non così velocemente come nelle ipotesi. Dopo aver ipotiz1.ato il meccanismo a cascata, bisognava prevederne le modalità di attuazione (dove, come, quando, con quale retribuzione, ecc. ecc.). Insomma nell'istituzione manca un moltiplicatore di spinte. Questo moltiplicatore sembra agire solo in presenza di forti motivazioni individuali (la "buona volontà") o di coercizioni emanate dall'alto. Il quadro si aggrava, ovviamente, nelle scuole prive.di autonomia amministrativa. L'azione viene infatti riportata a scala locale, ma in wi 'unità organizzativa che non ha la necessaria flessibilità e rapidità di intervento finanziario. Gli esiti finali dovrebbero allora essere una rapida obsolescenza delle attrezzature dei laboratori, nel migliore dei casi, e più probabilmente l' inerzia e la paralisi. I nodi culturali Il PNI si è incuneato in una struttura scolastica sostanzialmente gentiliana per metodi e contenuti, in particolare nelle scuole di indirizzo classico (liceo classico, liceo scientifico, istituto magistrale). Un nocciolo duro e, come sempre, non neutrale di tecnologie, strumenti e linguaggi è stato inserito, più o meno a forza, in uno scheletro che riduce scienza, tecnica e tecnologia ad un ruolo puramente strumentale e subalterno rispetto alle H umanae Litterae. Come sostiene Franco Blezza in un suo intervento (LA scienza e l'insegnamento scientifico nella scuola che cambia; in "Periodico di matematiche", giugno-gennaio 1988), per la scuola secondaria superiore "la situazione è tanto negativa da presentare il solo pregio di essere chiara. L'wiico equivoco al riguardo può essere alimentato dal sussistere di Wl liceo a indirizzo umanistico che viene indebitamente dèfinito scientifico, nonostante le sue materie principali siano l'Italiano e il Latino: la Fisica vi viene insegnata solo per tre anni, le Scieni.e della Vita per due, la Chimica per uno, le Scienze della Terra e dell'Universo per uno, e nel primo anno non è previsto nessun insegnamento scientifico-naturalistico; la Matematica va certo meglio, ma ha un orario inferiore a quello di cui godono i due insegnamenti dell 'ltaliano e del Latino. L'equivoco è piuttosto scoperto, ma ciò non ne ha impedito né l'instaurazione né la permanenza." li PNI ha cercato di riequilibrare i rapporti sotto il profilo quantitativo con un modesto incremento delle ore di matematica e l'inserimento della fisica al biennio, ma ha lasciato irrisolto l'aspetto qualitativo di questi rapporti. Per restare a un livello di pura prassi e limitarsi a un esempio, i metodi di lavoro del laboratorio d'informatica e le dinamiche del lavoro di gruppo possono entrare in profonda contraddizione con la tradizionale lezione frontale e con I' apprendimento individuale a casa La coesistenza di metodi diversi, ai quali corrispondono (o dovrebbero corrispondere) obiettivi e criteri di valutazione diversi, e la mancata ridistribuzione dei carichi di lavoro potrebbero essere i virus della sindrome di Gerda per i nostri studenti. L'orizzonte diventa ancora più buio se .si vanno a fare i conti con lo spirito di lottizzazionedisciplinare edi chiusurareciprocadei docenti delle varie aree. Banalizzando, se il persona! computer è un oggetto mitico per molti insegnanti, non si capisce su quale base prefigurarne un uso; se le motivazioni che reggono in piedi l'insegnamento del latino sono oscure o lasciate implicite, non si sa come possa accoppiarsi in modo armonico a quello della programmazione in Pascal. Le disfunzioni funzi<mall Il merito principale del PNI è quello di aver sparso i semi per la discussione e il ripensamento sulla scuola secondaria superiore. Mi trovo però a pensare che la resistenza e gli attriti che incontra siano una buona cosa per due ordini di motivi. Da un lato l'opposizione richiede chiarimenti e analisi dei problemi, e questo è buono in sé. Dal!•altro provo a immaginare cosa potrebbe succedere se tutti gli insegnanti di colpo diventassero consapevoli del tipo di rivoluzione che stiamo vivendo e del ruolo che essi devono svolgere per sottrarla, almeno in parte, agli scopi legati puramente al profitto dei produttori di computer e programmi e all'aumento della produttività del lavoro intellettuale. I nostri piccoli laboratori d'informatica, con il loro rapporto di Wl persona! computer ogni tre/quattro studenti per classe, ma con un rapporto estremamente più sfavorevole in confronto alle dimensioni di un medio istituto scolastico (9/10 persona! computer per 700/800 studenti), manifesterebbero la loro insufficienza nell'arco di una giornata scolastica Mi spiego allora perché gliorgani istituzionali non abbiano dimostrato nei confronti di tutta la questione la sollecitudine del "buon padre di famiglia", non abbiano affrontato la questione delle abilitazioni, abbiano permesso il solito carosello di supplenze volanti sulle cattedre dei corsi sperimentali, ecc. ecc. In un sistema che funziona male ledisfunzioni spesso sopravvivono a fin di bene.
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