Linea d'ombra - anno VIII - n. 50 - giugno 1990

ILCONTESTO mov_imentin,e indaga positivamente la genesi e le precondizioni di sviluppo.La specificitàdel contesto italiano (purnell'ondata di un ciclo politico e generazionale che ha valenze e radici internazionali) è colta nella peculiare compresenza di due circostanze: i mutamentistrutturaliprofondidel sistemaproduttivoe professionale,cheridisegnavano la stratificazionesocialegenerandonuovi soggetti (in particolare i lavoratori immigrati e i giovani acculturati de~a classe media postbellica), e il quadro politico del centrosinistra, che poneva all'ordine del giorno prospettive di riformasenzadisporre di strategie adeguate a perseguirle,mentre acuiva le spaccature all'interno della sinistra. L'interpretazione di Tarrow si impernia decisamente sulla seconda circostanza, ovvero sul "primato della politica", come chiave di volta del processo e fattore esplicativo della sua lunga durata: la congiuntura politica offrì un terreno di nuove opportunità a gruppi e minoranzeprima marginali, che aprirono la breccia della mobilitazione collettiva. A loro volta i movimenti offrirono nuove opportunitàpolitiche ai partiti e ai gruppi d'interesse, innescando uno scambiodi incentivi che alimentò riel tempo la conflittualità sia all'esterno sia all'interno delle istituzioni. Una chiave di letturapenetrante è proposta dall'ottica della "competizione" per il consenso, risorsa disponibile ma non illimitata, fra gruppi, movimenti e partiti, che Tarrow mutua dalla teoria politologica delleélites per applicarla originalmente alle dinamichedi sviluppo e alle strategie interne al ciclo. Significativa a spiegare la fase ·costitutivae altamente concorrenziale dei gruppi extraparlamentari, essa entra in gioco con forza nella strategia di autoaffermazione delle minoranze che, nella caduta del movimento, imboccanolastradadella violenzaorganizzata, comenelloscatenamento iniziale del processo coglie le dinamiche interattive tra la sinistra istituzionale e i nuovi movimenti. Fu in larga parte dai militantiattivi, dai temi (si pensi al dibattito sul sistemaeducativo deglianni Ses~ta), daiquadridi riferimento maturatiali' interno delmovimentooperaio che presero le mosse i movimenti successivi.E non è un caso che le due grandi strutture interpretati.veche fungono da cornice unitaria alla mobilitazione del decennio, l'operaismo e l'autonomia, esprimano la radicalizzazione di un'eredità e insieme la rottura competitiva con le organizzazioni tradizionali. · La principale base documentaria della ricerca di Tarrow (integratada documenti del movimento, intervisteai protagonisti e altre fonti mirate) è ricavata dallo spoglio e dalla codificazione sistematica di otto annate (dal 1966 al 1973) del "Corriere della Sera", da cui si desumono informazioni dettagliate su 4.980 episodi di protesta. Una riserva potrebbe essere avanzata sulla naturadella fonte e sulledistorsioni del fenomenoa essa inerenti, oltre che sulla approssimativa esplicitazione degli indicatori qualitativiadottati. Si può ragionevolmente presumere una sottorappresentazione delle lotte nel Sud e una sopravvalutazione degli episodi più clamorosi o violenti, accompagnata con l'andar degli anni a un calo d'attenzione per le proteste periferiche o. ripetitive, che avevano cessato di far notizia. Vale per contro il vantaggio dell'omogeneità della fonte, avendo la cautela di considerare l'insieme degli episodi registrati come un campione sensatoma pur sempre artificioso, senza scambiarloper l'universo reale delle manifestazioni di protesta in Italia. Un rilievo più sostanziale (già espresso da Luigi Bobbio su "l'Unità", 14/3/1990) riguarda invece il modello esplicativo globaleche, dopo l'innesco del ciclo, tende a trascurare il contesto éoncreto in cui si evolve. Le sue fasi, anziché storicamente scanditedall'interazione specifica tra mobilitazione sociale, iniziative d'avanguardia, risposte e reazioni delle forze politiche, dei poteri costituiti e dei gruppi economici dominanti, sembrano 10 riprodurre una logica autogenerativa interna dagli esiti obbligati e interpretati in chiave forseanche troppo ottimistica.Non avrebbero potuto essere più consistenti i risultati in termini di riforme e di allargamento delle sfere di democrazia se altre fossero state le risposte del sistema politico e meno oscillante la strategia del · movimento operaio? In che misura la cultura politica della sinistra vecchia e nuova, fragile e incerta proprio sul terreno del rapporto con le istituzioni, ha favorito un processo terminale di istituzionalizzazionedel conflitto più trasformisticoche autenticamente rifondativo? Quanto l'insorgere della violen7.aarmata, oltre a esprimere la reazione soggettivistica e distruttiva al calo dellamobilitazione, ha inciso nell'accelerarne i tempi e nell'alterarne gli sbocchi? Ma qui siamo già probabilmente nel campo di un'altra ricerca, ancora da fare, e in parte sul terreno suggestivo ma scivoloso della storia controfattuale. L'interesse e la ricchezza di stimoli dell'analisi di Tarrow sono comunque notevoli e varrebbe la pena di estendere alcuni suoi schemi interpretativi al riflusso dell'ultimo decennio, quando la democrazia intesa nei termini sostanziali di partecipazione attivae di maggiore accesso alle risorse da parte dei ceti svantaggiati ha fattomolti passi indietro.Vale ancora lapena di riflettere, andando oltre Tarrow, che se la "trasparenza del conflitto", ovverola sua semplificazionee visibilità nellamessain questione di temigenerali, fu la condizionedella crescitademocraticaallora realizzatasi, qualunque rifondazione attuale della politica, anche senza essere dei patiti dei movimenti epocali, non dovrebbe esimersidal dichiarare la posta in gioco. Perché forse la democrazia, quando non procede in avanti, finisce per arretrare. Generazioni · di fronte al cambiamento Giovanni Jervis Il sole dell'avvenire è scomparso al di là dell'ori7.zonte, e adesso, avendo noi tutti constatato che la solidarietà globale e il socialismo non funzionano, apbiamo bisogno di trovare almeno qualcosa in cui credere. Ci consolano le Primavere d'Europa. Peròquesteprimavere ci si presentano come un'immagine unpo' botticeliiana, cioè piacevolissima e ariosa quanto inquietante e fragile, fresca e µn po' vecchiotta al tempo stesso. Se immagini come questa possono andare alla perfezione per far festa in un giorno di maggio, tuttavia esse non ci esimono da qualche considerazione più cauta. Cauta, naturalmente, non significa pessimista. Per esempio si può cominciare col dire che è ottimista, anzi giustamenteottimista, la constatazione che le illusioni dei popoli sorio la locomotiva della storia. Personalmente, ho fiducia nel progressostorico dell'umanità e nelle risorsedell'uomo, anche se questi concetti oggi non sono affatto di moda. Quindi credo nel treno della storia, e .anchenella locomotiva. L'inconveniente è che per un po' di tempo dovremo fare a meno di credere che esista la verità. Oppure dovremo credere in verità provvisorie, e rinunciare .alle verità teologiche. Si può ricordare una osservazione attribuita a Luis Bui'iuel.Pare che Bui'iuelabbia esclamato: "Forse sarei disposto a dare la vita per unapersona che cerca la verità, ma potrei uccidere la persona che dice di averla trovata". Qui - a proposito di generazioni - sentiamo gli echi di tutta una vita straordinaria, e - a proposito di Europa - la saggezza di una grande cultura. Poi c'è anche da dire che non tutte le illusioni sono uguali. Se

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