MUSICA BARDI ATTORNO AL CREMLINO BREVESTORIADI CANTANTISOVIETICI Gian Piero Piretto La tradizione musicale, artistica, poetica, giocosa, comica, smechovaja per dirla in lingua originale, ha radici profonde nella culturadella Russia. Dai primi secoli di esistenzadella terra russa, ancora feudale e frazionata in principati e ducati, le figure degli skomorochi (buffoni) vagabondi che percorrevano a oltranza gli spazidella steppa, di villaggio in villaggio, di casa in casa, hanno sempre intrattenuto con i propri canti e i propri giochi (talvolta sottilmente arguti, talaltra volgari e pesanti) le occasioni di festa legateal ciclo pagano delle stagioni e al lavoro dei campi. Battute e faceziedi questi giullari toccavano la vita quotidiana,cantavano la dignità umana, avevano come mira quasi sempre il potere ufficiale, ecclesiastico o temporale, che tentava in ogni modo di reprimere la loro attività interpretata come pericoloso residuo di paganesimo e istigazione alla rivolta. Il popolo da parte sua accoglieva gli skomorochi con la stessa generosità e lo stesso spirito con cui offriva ospitalità e amicizia alle altre categorie di bro-djagi (vagabondi) che, meno legati all'arte ma pur sempre interpretidi una filosofia, percorrevano con sensibilitàanaloga la terra russa: ljudi bozie (folli in Cristq), cudaki (strampalati), jurodivye (santi pazzi). Musica e strumenti musicali, nella visione del potere, stavano per il peccato, le orge, i riti paganeggianti, ed erano, nella Russia antica, combattuti e perseguitati. Il rito religiosoortodosso prevede canti polifonici di straordinaria portata artistica, ma rigorosamente senza accompagnamento di strumenti. La tradizione di musicare testi poetici di alto livello (Puskin, Tjutcev, Lermontov, Zukovskij) fiorì nell'Ottocento russo creando il genere musicale della romanza che si accostò a quello più povero e popolare della ballata zigana. Il canto russo popolare (russkajanarodnajapesnja) convissecon gli altri generimusicali fino allesogliedel secolo, quando il desiderio e la necessità di nuove forme che si sostituissero al tradizionale canto di sapore folcloristico o alle blatnye e ulicnyepesni (canzoni di strada e della mala), trovarono fertile terrenonella grande creatività del primo Novecento. Nella Pietroburgo degli anni Dieci fece la sua comparsa in sordina, sul palcoscenico di uno dei tanti "cinematografi con divertissement"(1), unPierrot nella tradizionalemascherabianca, pallidocon le sopracciglia incurvate in un atteggiamentodi angoscia.Timidamente iniziò a eseguire le sue Aretki P'ero (ariette di Pierrot) con voce debole, la erre moscia e l'intonazione nasale. Il nomedell'interprete eraAleksandrVertinskij. AlPavillondeParis diPietroburgoera iniziatala seriefortunata dellesueesibizioni che lo portarono a diventare uno dei personaggi centrali della vita artistico-musicaledi quegli anni e, successivamente, l'indiscusso e riconosciutomaestro di tutti i cantautori sovietici di oggi. In un mondomusicaleormai saturodi troike, vetturiniangosciati,steppe e campanelli da slitta che "tintinnano monotonamente" (2), si inserirono quasi in sordina i testi e le musiche di Vertinskij che evocavano ora il mondo dei poeti decadenti, ora le quinte del paloscenico; ora arrivavano a sfiorare le vette poetiche dalle sensazioni delicate e profonde di Anna Achmatova, e che per il legameche avrebbero avuto con la storia anticiparono i tempi e i rapportitraquesto generedimusica, lapoliticae lavitache saranno propri degli anni sovietici. Nel panorama svariatoe composito dell' "avanguardiarussa", 88 si fecero strada anche gli esordi letterari e musicali di Vertinskij, poeta, cantante, fine dicitore, che dalla prop_ria rte, dalla propria poesia, fu tenuto per mezzo secolo in bilico fra il cabaret e la letteratura. Si esibiva in frac, con i capelli impomatati, accompagnato dal solo pianoforte. Vertinskij sceglieva come protagonista per le sue canzoni ora chi ruotava attorno ai piccoli borghesi, chi agivadietro le quinte della società, ora i disperati,gli sciancati, gli artisti da circo di bassa lega, le donne, perdute e infelici o fatali e sofisticate.Atmosfere fatte di silenzi appena violati, pose teatrali e un po' svenevoli,profumidolci e inebrianti,un'estetica da salotto insomma, unpo' esotizzante,tra il crepuscolaree il decadenteche, grazie alla profonda e immancabile ironia dell'autore-esecutore, non scadeva mai di tono, non si compiaceva mai di se stessa. Vertinskij emigrò nel 1918 seguendo l'esempio di molti altri artisti.Vissecercando immaginie traccedi Russianei cabaret e nei locali di mezza Europa, rappresentando per i suoi connazionali emigrati il legame con quel passato che non volevanoriconoscere comemorto.La nostalgija strazianteeprofondachecolpiscei russi più di ogni altro popolo lo fece tornare in Unione Sovietica negli anni staliniani. Grazie a questo ritorno fu "perdonato" e riprese a cantare e a dare concerti, con un repertorio limitato e censurato. Morì, da "vecchio decadente", in una suite dell'albergo Astoria di Pietroburgo,ormai Leningrado, in una notte dopo un concerto nel 1957.Anche negli anni in cui la sua attività era all'indice, in cui i suoi dischi ancora non erano stati ristampati in URSS, in cui i canoni artistico-estetici del paese condannavano il suo mondo poetico in nome del realismo socialista, la sua opera fu sempre presente, inmodopiù o menoevidente, nellecasee nelle seratedei russi, in particolare dell'intellighenzia, che sempre seppe distinguere la sua apparente decadenza dalla reale arte. Al ballo dal Signore Nella piccola città polverosa dove vivevate da bambina, da Parigi in primavera arrivò per voi una toilette, in quell'abito triste parevate Aquilotto, il pallido piccolo duca degli anni delle fiabe... In quella città sonnolenta sognavate in eterno balli, paggi, sfilate di carrozze, e di come per notti intere in una Versailles sfolgorante avr~steballato il minuetto con un principe morto!... In quella città sonnolenta non si davano balli, non c'eran neppure carrozze decenti. Gli anni passavano, voi sfioriste e l'abito appassì, il vostro splendido abito Maisonlavalette. Ma un giorno s'avverarono i sogni più folli, l'abito fu indossato, le viole fiorirono, e certe persone, venute a prendervi, su un catafalco per la città vi portarono in giro. Sui cavalli ciechi sventolavano i piumaggi... Il vecchiopope gentile roteava il turibolo... Così in primavera, su un ridicolo carrozzone da teatro, andaste a un ballo, da Dio. (3) A. Vertinskij
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