Linea d'ombra - anno VIII - n. 49 - maggio 1990

TEATRO Con questo lavoro, tu riesci a viverci? Sì, perché in realtà la mia è una situazione molto particolare ... lo sono stato assunto dal comune come architetto e dopo neanche sei mesi sono stato trasferito alla pubblica istruzione a fare questa attività! Su mia proposta dopo una serie di attività di spettacolo: mi pagate sempre come dipendente comunale, e io anziché fare l'architetto faccio gli spettacoli! Sei l'unico "Pulcinella di corte" esistente! In certo qual modo sì. Con gli anni, per l'esattezza dieci, c'è ora un gruppo di undici persone, di cui tre sono guarattellari, uno un musicista, un altro uncantante,ealtriattori e organizzatori ecc. È stata un 'invenzione, all'interno del comune: alle volte ci hanno osteggiato; alle volte ci hanno sopportato, e finora le cose che abbiamo fatto le abbiamo fatte da dipendenti comunali ma con autofinanziamento, ma alla lunga mi pare che si rendono conto che a qualcosa serviamo. Per esempio in periodo di carnevale di cose ne abbiamo fatte parecchie. E poi scuole, quartieri, ecc. L'attività di questo gruppo è nata nell'80, con un primo carnevale fatto con i terremotati delle navi, con dei gruppi teatrali, con la Mensa bambini proletari. Era lavoro volontario, senza finanziamenti. Disegnodi EdoardoDel Buono(1903). LEREINCARNAZIONI DI PULCINELLA UN SAGGIODIROMEODEMAIO Stefano De Matteis In tempi poveri di prodotti culturali degni di nota, assillati da una saggistica che produce a circolo chiuso spessi libroni dai troppo magri intenti, senza pretese se non accademiche, e che non guardano altro che al limitatissimo oggetto delle ricerche senza mai tener conto non dico del resto e del contesto, ma neanche di quella "saggezza" e varietà "bibliografica" che una volta arricchiva gli scritti di riferimenti, storie del pensiero e di pensieri, è a dir poco sorprendente trovare uno studioso come Romeo De Maio che, esperto di Rinascimento e di Controforma, ci dà un bellissimo libro, Pulcinella, che ha per sottotitolo Il filoso[ o che fu chiamato pazzo (Sansoni, pp. 228, L. 30.000). Oltre a un gusto quasi barocco della narrazione, che articola ragionamenti intrecciando e intes- -sendo i riferimenti più diversi, gli esempi più inaspettati, le scoperte più inedite, De Maio ha il pregio di snocciolare con finissimo gusto proprio sotto il naso del lettore una matassa intricata di archivi, gallerie d'arte, manoscritti, grandi e piccoli teatri, al punto da trasformarci con lui in tante Arianne all'inseguimento di un filo che ci conduca in un arrotolatissimo labirinto, in modo da individuarne e conoscerne sia il cuore pulsante, sia le regioni più periferiche. Ecco che Pulcinella, maschera e personaggio napoletano per convenzione ed elezione, solitamente relegato al teatro d'uno ieri quasi dimenticato, nelle mani di De Maio diventa personaggio internazionale, e sbuca fuori dalla letteratura e dal!' arte, dalla pittura, dalla musica, e da tutte o quasi le scienze, umane e no. Pulcinella diventa così un cittadino del mondo che ha moltiplicato le sue incarnazioni tanto che da maschera teatrale dei baracconi di piazza Castello a Napoli, diventa, in ogni sua metamorfosi, personificazione di un 'idea, di una concezione del mondo, di una filosofia dell'essere nel sociale che si esprime in una vasta gamma di modi di relazionarsi agli altri o di difendersi dagli altri. E così Pulcinella combatte con i suoi pari, con coloro che gli assomigliano e che hanno gli stessi bisogni, o combatte per loro; oppure si difende da coloro che in ogni modo tentano di mortificare la vita e l 'individuo. Nella miriade di scoperte di cui il libro è costellato viene alla luce che la filosofia è unica per mille reincarnazioni diverse. E sono proprio queste diverse reincarnazioni a convalidare nella relazione CO~ il sociale la fisronomia del "pazzo": per l'innocenza e la saggezza, per l'estraneità alle cose e per la capacità di ribaltarle. Pazzo è colui che non si adegua, pazzo è colui che non accetta, ma è anche chi soccombe perché, per gli altri, non partecipare al balletto imposto, rifiutare di essere ripetitore imbecille, è considerato un modo di soccombere. Il Pulcinella si è così ramificato e ha vissuto sempre nella storia, quella minima e piccola, quella quotidiana e magari in un povero casotto di marionette che fa spettacolo in strada, solo per dare qualcosa agli altri, dall'infanzia alla vecchiaia. Un dono che nulla chiede in cambio. Sul versante teorico ecco sfilare un repertorio di riferimenti a cui la maschera ha sempre rimandato: il corpo è il linguaggio di Rabelais, la follia è la saggezza di Don Chisciotte, e così di seguito, fino a Jung. È proprio da qui, a partire da Jung, che si fanno le maggiori ·scoperte, perché poco alla volta ci si accorge che le citazioni e i riferimenti non sono solo assunzione di prove a carico, ma i puntelli di un nuovo, più approfondito e inedito ragionamento. De Maio non è d'accordo con Jung che nell'analizzare la figura del Briccone (la maldestra divinità apparsa nel ciclo mitico degli indiani Winnebago), vede la maschera come incarnazione di un momento di quel processo di decadimento subito dalla relazione tra l'uomo e l'aldilà. Dalla relazione forte tra l'uomo e gli dèi retta da figure rituali, ecco la riduzione di riferimenti, la chiusura di orizzonti e la trasformazione delle divinità per arrivare ad un esse81

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