TEATRO sul fatto che dovevo articolare molto bene le parole, se no non avrei potuto fare lo spettacolo. E mi faceva anche l'elenco delle parole da dire, da imparare ad articolare. In realtà io non gli ho dato molto ascolto, perché appena cominciai a saper usare la pivetta, subito mi sono messo a fare dei piccoli spettacoli per bambini di casa. Nunzio non voleva passarmi niente, per esempio dei vecchi canovacci, e diceva che la gente non doveva dire che io ero il suo pappagallo, insomma non mi aiutava molto. lo però mi misi sotto, verso il gennaio-febbraio del '79 cominciai con questa cosa della pivetta e ai primi di maggio feci uno spettacolo in casa di amici per il compleanno di un bambino. Riuscì molto bello, e nessuno se l'aspettava. C'era uno del Pci che mi chiese di rifare lo spettacolo al festival dell'Unità, e poi a luglio ero già in una rassegna internazionale e con dieci spettacoli da fare in giro per la Romagna! La tecnica non era dunque così importante? Di tecnica per la verità ce n'era poca, c'era solo una grande voglia di fare. La tecnica io me la sono costruita come fatto secondario grazie alle idee di Nunzio. Nunzio si basava sull'aspetto del divertimento _edel gioco, e sulla sensibilità nei confronti del pubblico, per cui lo spettacolo io ho imparato a costruirlo ascoltando il pubblico, comportandomi come una specie di radar. In reazione a quello che il pubblico desiderava. Poi, una volta alla Villa comunale c'era una qualche rassegna e invitai Zampella facendogli la sorpresa di fargli vedere che io già facevo spettacoli! Assistette con molta serietà, ma io non ero molto soddisfatto. Lò invitai a fare qualcosa, e disse che lui aveva smesso di fare spettacoli, ma lo faceva solo per mostrare a me, suo allievo, come certe scene andavano fatte, in modo diverso da come io le avevo fatte. E fece una mezz'ora di spettacolo ... Da allora siamo diventati praticamente soci, e facevamo degli spettacoli assieme con un teatrino che io avevo costruito espressamente per lui. Ha ricominciato a fare spettacoli. Per tre-quattro mesi siamo usciti in Villa comunale e quando lui faceva lo spettacolo io giravo col piattino, quando lo spettacolo lo facevo io i soldi li chiedeva lui. Di spettacoli lui ne faceva un paio, io tre o quattro, e lui era più bravo di me a chiedere soldi e io ero meno bravo di lui, però lui non voleva dividere in parti uguali: quello che chiedevo io durante il suo spettacolo lo davo a lui, quello che chiedeva lui lo dava a me, e alla fine della giornata lui che era il maestro prendeva un ventimila lire (e in più doveva essere sempre lui a offrire se si andava a.Ibar) e io che ero l'allievo sessantasettanta ... E poi me lo faceva anche pesare, perché diceva che non sapevo chiedere i soldi! Era una persona con una coscienza culturale molto profonda, anche se non aveva studi. Fino all'85 ho lavorato molto insieme a lui, un po' da solo e un po' insieme. Quando lavoravamo insieme, perché spesso ci chiamavano insieme, facevamo un tempo per uno. Aveva ripreso a lavorare perché si sentiva garantito dalla mia presenza: se non ce la faceva, poteva essere sostituito da me. Anche se poi, per esempio, a Sant'Arcangelo fece uno spettacolo di un'ora e mezzo continuato, completamente da solo! Con lui ho imparato tutti i modi tradizionali di lavorare, tutte le parti principali, in una prima fase, ho cercato di dimenticare quello che facevo io per conservare bene questa parte tradizionale, però ho sviluppato anche altri spettacoli in cui provavo cose diverse. Come lavori sui copioni? qual è la parte della rielaborazione e dell'invenzione e quale invece della tradizione? Lo spettacolo di burattini è sempre qualcosa che appartiene al passato, ma sempre ogni burattinaio ci mette del suo. Le parti tradizionali io le faccio in maniera abbastanza fedele a come le faceva Nunzio Zampella, e in effetti ho separato, ho fatto degli spettacoli in cui uso dei miei copioni. La gente che si ferma a 80 vedere uno spettacolo di Pulcinella lo riconosce subito, ma riconosce anche uno stile. Le due cose vanno insieme. Lo spettacolo tradizionale si componeva di parti che venivano montate e rimontate insieme a piacere, tenendo conto che ogni montaggio riproponesse una storia con una sua logica, che non fosse una serie di scenette attaccate insieme. Il sogno di Nunzio Zampella era, per esempio, di fare quattro ore di spettacolo che fossero "l'opera delle guarattelle" che riproponesse tutti i canovacci della tradizione messi insieme, in uno spettacolo unico. Ma in realtà quattro ore era già allungare, in due ore e mezza si poteva fare tutta la tradizione. Dunque tu potresti fare uno spettacolo di un quarto d'ora come di due ore, se vuoi? lo ho fatto spettacoli anche di due ore, due ore e mezza, e potrei farli anche molto più lunghi, aggiungendo cose del repertorio che ho già. Come spettacolo tradizionale posso fare solo un due ore, perché non lo allungo molto, se no è troppo ripetitivo. Potrei fare due ore di tradizionale più altre due di testi miei. Quattro ore molto piene. Ma poi dipende anche dal pubblico: quando c'è chi vede mezz'ora e se ne va, lo spettacolo va fatto diversamente che sec 'è un pubblico fisso. Noti delle differenze nel pubblico in situazioni diverse, una piazza di paese o una rassegna più specialistica, per esempio? Stranamente no, il pubblico si comporta quasi sempre allo stesso modo. A meno che ci siano condizioni negative che lo fanno allontanare. Ho trovato situazioni di pubblico in Russia o in Francia che mi sembrava di stare a Napoli ... La situazione ideale è quella della strada, possibilmente senza rumori di fondo, una strada tranquilla in cui la gente si può raccogliere. In situazioni così, è la stessa cosa dappertutto, anche se può sembrare incredibile. Aiuta certo il fatto che Pulcinella sia conosciuto quasi ovunque, ma anche il modo di lavorare, che è conclusivo in sé: ogni attimo dello spettacolo è spettacolo in sé. La differenza con Napoli, è che chi si ferma a vedere rivive in un attimo tutta una propria storia, ma a volte sembra succedere anche fuori, per l'internazionalità di Pulcinella. ... che è dimostrata molto bene nel libro di De Maio. . Sì, un libro importante perché noi lo sappiamo, ma in pochi, che Pulcinella è una cosa profonda, che è filosofia. Per esempio il mio maestro Zampella lo sapeva molto molto bene, ma finalmente questa cosa è detta anche in un libro che smonta i pregiudizi e i luoghi comuni. De Maio non ha scoperto delle cose particolari, ma l'aspetto di profondità di Pulcinella, l'aspetto proprio filosofico, che si è sempre voluto misconoscere. Pulcinella fa cose molto varie, nei copioni, può avere basi molto diverse ... Sì, per i copioni, per le notizie, serve sempre molto anche il libro di Bragaglia, ma i copioni che uso io sono quelli che ho raccolto da Nunzio, e che ho scritto io per la prima volta. A me è servito molto anche il lavoro su Pulcinella come attore, e non come burattinaio, perché ho fatto spesso Pulcinella in prima persona, soprattutto in strada e come provocazione teatrale, in un gioco ancora più diretto di quello dei burattini perché il suo rapporto col pubblico è più immediato, quasi un faccia a faccia. La maschera di Pulcinella permette,.una libertà estrema, permette di poter interpretare qualsiasi cosa, di intervenire in qualsiasi situazione. lo mi servo della maschera per una forma di teatro sociale, uso la maschera come un mezzo per tirar fuori una serie di problemi. Non a caso ho cominciato a lavorare in maschera in un istituto per handicappati ... Anche se la base di tutto rimane il burattino, se il vero Pulcinella rimane il burattino. Sempre là si ritorna. La maschera è uno sviluppo, non è l'origine.
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