del capitalismo consumistico, che ci spinge costantemente, eternamente, a lottare per il possesso di nuovi beni materiali, che ha distrutto dentro di noi ogni sobria riflessione su quello di cui hanno veramente bisogno i nostri figli. Ma può anche essere interpretato come una delle grandi debolezze del sistema, perché riempie le nostre teste di sensazioni, di insoddisfazione, o addirittura di ·ossessioni di privazione, del tutto irreali. Che tutto questo sia una debolezza invece che una forza del nostro sistema economico viene rivelato, io credo, quando lo si mette in relazione con il secondo dei due punti principali di cui voglio trattare in questo intervento - quello che riguarda la distribuzione. Si è comunemente presunto che il capitalismo, nel suo svilupparsi, abbia parallelamente sviluppato nel proprio interno forti tendenze ridistributive, o almeno, se questo non succedeva, che l'intervento dei governi socialdemocraici e laburisti potessero instillarvi queste tendenze. Perché non era vero, come ha osservato Bacone già nel diciassettesimo secolo, che "la ricchezza è come il concime, non serve a niente se non viene sparsa." •Bisogna fare molta attenzione con questi presupposti comuni. Dobbiamo cercare di distinguere tra le dimensioni della torta economica, che sono certamente enormemente cresciute, e le dimensioni delle fette distribuite alle diverse parti della popolazione. Se quello che vogliamo studiare è il problema della distribuzione, allora quelle che dobbiamo prendere in considerazione sono le dimensioni delle fette, e in questo senso i dati di alcuni dei paesi a capitalismo avanzato non sono certo confortanti. Prendiamo gli esempi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Svezia. Si è spesso detto che col crescere della ricchezza nei paesi capitalisti, la stratificazione sociale è andata sempre più rassomiGiovani disoccupati inglesi (foto di Jean-PierreLaffont/Sygma/G. Neri). IL CONTESTO gliando, in termini grafici, a un rombo. In cima ci sono i molto ricchi, in fondo i molto poveri, e nel mezzo, a formare la grande maggioranza, i nuovi ceti medi. Ma l'immagine del rombo è un'illusione. I più recenti studi sulla ricchezza negli Stati Uniti rivelano che l'immagine corretta non è quella di un rombo, ma quella di una pera, una pera Williams con una grossa base, composta da chi vive al o sotto il limite di povertà ufficiale (con un reddito di 9.800 dollari all'anno), e con un picciolo molto molto lungo, composto da coloro che godono di redditi annui di più di 60.000 dollari. Per la Gran Bretagna si può dire che valga lo stesso tipo di discorso. Se prendiamo in considerazione la distribuzione della ricchezza in Inghilterra e nel Galles dal 1923 in poi, vediamo che esistono prove evidenti di tendenze ridistributi ve.L'uno per cento della popolazione possedeva il 60,9 per cento della ricchez~ nel 1923, ma soltanto il 31,7 per cento nel 1972. Ma più scendiamo nella scala sociale, meno consolanti diventano le tendenze ridistributive. L'80 per cento, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, possedeva soltanto il 6 per cento della ricchezza nel 1923; circa cinquant'anni dopo, quella percentuale era salita solo del 15 per cento. Ancora più sconcertante è il fatto che dal 1960, e nonostante la presenza di governi laburisti dal 1964 al 1972, la parte di ricchezza posseduta dall '80 per cento della popolazione è in effetti diminuita dal 16,9percentonel 1960al 15,1percento nel 1972. E non ci può essere dubbio sul fatto che queste cifre siano andate scemando durante gli anni del governo della Thatcher. Un altro modo di guardare a questa situazione, più vivido che non l'arido linguaggio delle statistiche, è una fantasia sviluppata da un economista olandese. Immaginiamo che l'altezza di una persona sia determinata dal suo reddito. Immaginiamo di essere, noi stessi, al livello medio di reddito per la Gran Bretagna nel suo s
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