ILCONTESTO Europa: ricchezza e povertà Paul Ginsborg traduzione di Marisa Caramella Io non sono un romanziere o un poeta, ma più modestamente uno storico; e voglio parlare del tema della ricchezza e della povertà in relazione alle società che conosco meglio, in relaziòne ai paesi chiave del capitalismo avanzato, a quello che Che Guevara una volta ha definito "il ventre della bestia". In un momento in cui il capitalismo appare trionfante su scala globale, vale la pena di riflettere storicamente sia sui suoi risultati che sui suoi limiti, rispetto alla creazione di ricchezza e ali' eliminazione della povertà. Se guardiamo agli inizi del diciannovesimo secolo in Gran Bretagna e in Italia, i due paesi sui quali intendo concentrare l'attenzione in questo intervento, troviamo una situazione di povertà nella quale la malattia e la morte vanno di pari passo con la miseria economica. Ecco come Tocqueville (non Engels) descrive la città di Manchester in pieno sviluppo nel 1835: "Chi potrebbe descrivere gli interni di questi quartieri segregati, luogo di vizio e povertà, che circondano gli enormi palazzi dell'industria e li stringono nel loro orrido abbraccio? ... Strade strette e tortuose ... sono fiancheggiate da case a un solo piano le cui assi sconnesse e finestre rotte le rivelano, anche da lontano, come l'ultimo rifugio che si può trovare tra la povertà e la morte ... Basta guardare in alto e tutto intorno a questi quartieri e si vedranno gli enormi palazzi dell'industria. Si sentirà il rumore delle fornaci, il fischio del vapore. Queste grosse strutture privano dell'aria e della luce le abitazioni umane sulle quali torreggiano; le avvolgono in una nebbia perpetua; qui c'è lo schiavo, là c'è il padrone; c'è la ricchezza di alcuni, e la povertà di quasi tutti". Spostiamoci ora dalla Gran Bretagna ali 'Italia, dalla città alla campagna. Nel Polesine degli arini Quaranta e Cinquanta del secolo scorso la "classe pericolosa" delle pianure a nord del Po erano gli avventizi, i braccianti senza terra, che lavoravano al massimo 150 giorni all'anno, e che praticavano il furto rurale su scala abituale e pervasiva. Tra il 1852 e il 1854, accadde un episodio poco conosciuto del Risorgimento: una corte marziale austriaca condannò a morte quattrocento di questi ladruncoli per furti di poche lire, di un salame o di una forma di formaggio. Questi avventizi vivevano in squallidi villaggi sulle rive dei grandi fiumi. Le loro capanne con il tetto di paglia non avevano vere finestre né veri pavimenti, e all'interno erano annerite e sporche per il fumo del camino. Un medico di Pontecchio fornì una descrizione di come dormivano ibambini negli anni Cinquanta del secolo scorso: su un soppalco costruito proprio sotto il soffitto; gli animali, se c'erano, venivano tenuti o in una stalla adiacente o dentro la capanna stessa; da entrambi, dai bambini e dagli animali, secondo lui, emanava una "puzza disgustosa" che li rendeva praticamente inavvicinabili. In tali condizioni ogni famiglia era afflitta da qualche malattia: malaria nelle zone paludose, pellagra nelle pianure. Nel 1855 la parte sud della provincia di Mantova venne falciata dal colera, che fece più di quattromila vittime nel corso di pochi mesi. Non c'è dubbio che la povertà di massa di queste dimensioni ha smesso di esistere in Europa nel corso dei 150 ruini che sono seguiti. Le forze produttive del capitalismo sono state capaci di sostituire baracche, capanne o caverne con vere e proprie case. In 4 nessun luogo, in Europa, questo contrasto è più drammatico che a Matera, dove ci sono, nella parte vecchia della città, i "sassi", caverne delle generazioni precedenti, ora disabitate, e nella parte nuova i palazzetti degli anni Sessanta, brutti, senza dubbio, ma dotati di riscaldamento centrale, di bagni, televisori, lavatrici, frigoriferi, e pieni di luce. La mortalità infantile è diminuita drasticamente, e altrettanto si può dire della malattia in generale. La durata della vita è cresciuta enormemente. La grande maggioranza della popolazione può contare su cibo sufficiente, abitazioni adeguate, abiti dignitosi. Questi non sono risultati da poco, sono stati realizzati in un lasso di tempo relativamente· breve, e non si deve assolutamente sottovalutarli. Ma, in ogni caso, possiamo veramente dire che il problema della ricchezza e della povertà (nel significato strettamente materiale, non spirituale dei termini), è stato risolto nell'Europa contemporanea? lo credo di no, e credo che ci siano almeno due modi nei quali questo problema rimane irrisolto nel cuore del capitalismo. Il primo di questi riguarda il problema della distribuzione; il secondo riguarda la diffusa sensazione di insufficienza perfino tra coloro che hanno il necessario. Esaminiamo prima il problema della sensazione di insufficienza. È vero che qui siamo nel regno del soggettivo, ma il problema non è per questo meno importante. Come ci ha insegnato Peter Towsend, la povertà (e la ricchezza, se è per questo) sono concetti sociali, "condizionati dalla società alla quale appartengono gli individui". Una volta superato il livello della pura sussistenza, non esistono criteri assoluti secondo i quali sia possibile definire la povertà; la povertà, in altre parole, viene definita socialmente, dalla percezione che le persone hanno di quelli che sono i loro bisogni nel luogo particolare e nell'epoca particolare in cui si trovano a vivere. Qui il capitalismo consumistico, nonostante la ricchezza che ha creato, rivela una delle sue grandi debolezze, perché il suo funzionamento reale, effettivo, dipende dalla necessità di creare costantemente nuove ondate di sensazione di insufficienza, di relativa povertà. Il concetto di "sufficienza" è un anatema, è il vero bacio della morte per il sistema economico nel quale viviamo. Per sopravvivere il capitalismo deve creare nuovi bisogni, deve farci sentire relativamente deprivati, deve riempirci di sensazioni di insufficienza, perfino in un periodo di abbondanza che non ha eguali nella storia dell'uomo. È straordinario come debba essere mantenuta in tutti noi una sensazione di continua privazione, se si vuol far sopravvivere il capitalismo consumistico. Come sono povero, come mi si fa sentire inadeguato, solo perché possiedo una Fiat Ritmo quando invece, naturalmente, dovrei ayere una Uno o una Tempra. I miei figli sono relativamente poveri se non possiedono almeno alcuni degE oggetti che non vengono loro semplicemente proposti, ma la cui necessità viene costantemente martellata dentro le loro teste dalla pubblicità televisive che interrompe i loro programmi ogni dieci minuti. Gioca Gig- gig, gig, gig (lajig è una danza tradizionale britannica), certe volte mi sembra che stiamo tutti saltellando a un ritmo sul quale nessuno, nemmeno Berlusconi, può esercitare un vero controllo. Tutto questo può esser interpretato come una delle grandi forze
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==