SCIENZA/PUTNAM ·ambito diverso. Se, naturalmente, per 'induzione' intendiamo qualsiasi metodo di inferenza fondata che non sia deduttiva, allora il campo della materia 'logica induttiva' sarà enorme. Se il successo di un gran numero di previsioni (diciamo un migliaio o una decina di migliaia), che non fossero solo le conseguenze di ipotesi ausiliarie (e che fossero improbabili in relazione a ciò che ci dà la conoscenza di base, aggiungerebbe Karl Popper8), confermasse sempre una teoria, allora almeno l'inferenza ipotetico-deduttiva sarebbe facilmente formalizzabile. Ma sorgono immediatamente dei problemi. Alcune teorie sono accettate anche quando il numero delle previsioni confermate è ancora molto piccolo, come è successo, per esempio, nel caso della teoria generale della relatività. Per spiegare questi casi, in genere si postula che non è solo il numero delle previsioni confermate che importa, ma anche l'eleganza o la semplicità della teoria in questione. Queste nozioni quasi estetiche di 'eleganza' e 'semplicità' si possono formalizzare davvero? Sono state effettivamente proposte delle valutazioni formali, ma non si può dire che abbiano gettato alcuna luce sull'inferenza scientifica com 'è nella realtà. Inoltre, certe volte una teoria confermata si adatta malamente alla conoscenza di base: in alcuni casi si conclude allora che la teoria non. può essere vera, mentre in altri si conclude che è la conoscenza di base che deve essere modificata. Ma, a parte qualche chiacchiera imprecisa sulla semplicità, è difficile dire che cosa ci porti a decidere se in un determinato caso sia meglio preservare la conoscenza di base o modificarla. E una teoria che porta a un grande numero di previsioni soddisfacenti può non essere accettata se qualcuno fa notare che anche una teoria molto più semplice porta alle stesse previsioni.In vista di queste difficoltà, alcuni studiosi di logica induttiva sarebbero portati a limitare l'ambito della materia alle inferenze più semplici, per esempio all'inferenza dai dati raccolti su un campione statistico tratto da una popolazione ai dati per l'intera popolazione. Quando la popolazione consiste di oggetti che esistono in tempi diversi, futuro compreso, il campione attuale non potrà comunque essere mai una selezione casuale dell'intera popolazione e quindi il caso cruciale è questo: ho un campione che è una selezione casuale dei membri di una popolazione che esiste ora (o, meglio: che esiste qui, sulla Térra, negli Stati Uniti, nel luogo particolare in cui sono stato capace di raccogliere campioni, oppure ovunque). Cosa posso concludere sulle proprietà dei futuri membri di quella popolazione (e sulle proprietà dei membri di altri luoghi)? Se il campione è un campione di atomi di uranio, e il futuro che consideriamo è un breve intervallo di tempo in confronto al futuro cosmologico, allora siarno portati a credere che i membri futuri assomiglieranno mediamente ai membri attuali. Se il campione è un campione di individui, e il futuro che consideriamo non è a tempi brevi, allora è meno probabile che si faccia questa affermazione sugli individui futuri, soprattutto se si considerano tratti variabili culturalmente. In questo caso siamo, naturalmente, guidati dalla conoscenza di base. Questo esempio ha suggerito ad alcuni ricercatori di immaginare che forse tutto quello che c'è nell'induzione è l'abile uso della conoscenza di base; semplicemente 'ce la caviamo da soli', troviamo la 52 nostra strada grazie a ciò che sappiamo in base alla conoscenza aggiuntiva. Ma allora i casi in cui non abbiamo sufficiente conoscenza di base, come pure i casi eccezionali in cui ciò che dobbiamo fare è proprio interrogare la conoscenza di base, assumono grande importanza; e in questi casi, come appena notato, nessuno ha tanto da dire oltre a qualche vaga chiacchiera sulla semplicità. Il problema dell'induzione non è affatto l'unico problema che debba affrontare chiunque intenda seriamente simulare l'intelligenza umana. L'induzione, anzi ogni cognizione, presuppone l'abilità di riconoscere le somiglianze fra le cose; ma le somiglianze non sono affatto semplici costanti dello stimolo . fisico o modelli nell'input agli organi di senso. Ciò che rende i coltelli simili, per esempio, non è il fatto che tutti si assomigliano (non si assomigliano), ma che sono tutti fabbricati per tagliare o pugnalare (trascuro qui, naturalmente, il caso dei coltelli cerimoniali). Perciò ogni sistema che sappia riconoscere che i coltelli sono simili in maniera rilevante deve essere in grado di attribuire scopi agli agenti. Gli esseri umani non hanno difficoltà a farlo. Ma non è chiaro in che modo lo si faccia attraverso l'induzione non aiutata; può darsi che abbiamo una capacità "ben installata" di metterci nei panni degli altri che ci consente di attribuire loro qualsiasi scopo che siamo capaci di attribuire a noi stessi, abilità di cui l'evoluzione-bricoleur ha pensato utile dotarci, e che ci aiuta a sapere quale delle infinite induzioni possibili che possiamo prendere in considerazione è probabile che abbia successo. Riconoscere, per esempio, che un chihuahua e un danese sono simili, nel senso che appartengono alla stessa specie, richiede la capacità di rendersi conto che, malgrado le apparenze9, i chihuahua possono ingravidare i danesi e produrre una prole fertile. Per noi è naturale pensare in termini di potenziale di accoppiamento e riproduzione, ma la cosa può non essere naturale per un 'intelligenza artificiale, a meno che nel costruire l'intelligenza artificiale non simuliamo deliberatament~ questa propensione umana. Esempi simili si potrebbero moltiplicare all'infinito. Le somiglianze espresse dagli aggettivi e dai verbi, invece · che dai nomi, possono essere ancora più complesse. Un'intelligenza non umana potrebbe per esempio sapere che cos'è il 'bianco' in base a una tabella dei colori, senza peraltro poter capire perché esseri umani rosa-grigiastri si chiamino bianchi; potrebbe sapere cosa vuol dire aprire una porta senza essere capace di capire perché si dice aprire le frontiere o aprire un'attività commerciale. Ci sono molte parole (come ha fatto notare Ludwig Wittgenstein10 ) che si riferiscono a cose che hanno fra loro solo una 'rassomiglianza di famiglia'; non c'è bisogno che ci sia una cosa che tutte le X hanno in comune. Per esempio, parliamo dei capi delle tribù di Canaan del Vecchio Testamento come di re, sebbene i loro regni fossero poco più che dei villaggi, e anche di Giorgio V·Iparliamo come di un re, anche se non ha mai realmente governato l'Inghilterra. Diciamo anche che, nel corso della storia, non sempre la monarchia è stata ereditaria. Allo stesso modo (secondo l'esempio di Wittgenstein), I}Onesiste una propri(?tà che sia comune a tutti i giochi e che li distingua da tutte le altre attività che non sono giochi.
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