CONFRONTI Quandola Metafisicasi fa Politica. Cinquetitoli di ThomasBernhard Roberto Menin Recentemente sono stati pubblicati, dello scrittore austriaco, Eventi (Studio Editoriale); Amras (Einaudi); 11 nipote .di Wittgenstein (Adelphl; Conversazioni con Thomas Bernhard (Guanda); e / drarrwletti (Ubulibri). Le traduzioni arrivano a ritmo serrato: Ubulibri annuncia la prossima uscita del terzo volume del Teatro; Guanda per conto suo Dall'alto, un testo autobiografico da non perdere. Una cosa però vogliamo subito racc.omandare al lettore. nell'edizione ben curata di Eventi troverà, in appendice, il discorso dello scrittore austriaco tenuto quando gli si conferì il Premio di Stato, nel 1968, e sarà grato all'editore, al curatore e a Bernhard stesso. Perché riscoprirà come l 'onestà intellettuale non debba andare d'accordo necessariamente col servilismo o l'aristocratico distacco, come da noi. La battaglia della chlarezza non guarda in faccia nessuno, anche se questa può sembrare solo una follia privata. •Non è così. Al signor ministro della cultura austriaco, venuto lì a premiarlo, Bernhard comincia a dire: "Non c'è nulla da lodare, nulla da maledire, nulla da accusare, ma c'è molto di ridicolo, tutto è ridicolo se si pensa alla morte." A questo punto il ministro impallidisce, imche se in verità non ha ascoltato altro che una riflessione metafisica. Eppure·, pensiamo, avrà subodorato il peggio. Tra qualche minuto sarà lo scandalo, e lascerà la sala; Non prima di sentirsi dire frasi come queste: "Noi siamo austriaci, noi siamo apatici; siamo la vita come volgare disinteressamento alla vita ... Nulla abbiamo da narrare, se non la nostra miseria ..." Per inciso ricordiamo che quella di Bernhard non fu una boutade sessantottina. Le invettive continuarono, l'ultimo suo bersaglio fu Kurt Waldheim. Tranne forse Karl Kraus, la letteratura di lingua tedesca noi}ha mai avuto un così coraggioso e divertito demolitore del potere. La città di Salisburgo, ovvero le sue lobbies, aveva addirittura istituito contro di lui un "Comitato per la difesa e la valorizzazione del prestigio internazionale della città". Le invettive colpivano nel segno. Per alcuni, Bernhard si è preso soltanto la libertà del buffone di corte. Ma basta una rapida· occhiata al Re Lear per constatare come un tempo dal buffone fosse non soltanto richlesta, ma addirittura pretesa la verità, pena la sua testa. Comunque, letteratura e buffoneria non sono ancora diventati sinonimi. E del discorso di Bernhard ci interessa allora proprio la commistione di metafisico ~ politico. Perché ha voluto portare argomenti sostanzialmente filosofici in una tana di politi30 Foto di Andrei Reiser. ci? Forse che una precisa esperienza dell'essere porta, necessariamente, alla facoltà di giudizio? Cercheremo di spiegarlo sulla scorta dei testi pubblicati in italiano di recente, partendo_ dalle micro-storie di Eventi. Si tratta di 32 prose brevissime, scritte attorno al 1960, l'esordio di Bernhard nella narrativa. Raccontano di casi sfortunati (tranne il primo) in cui i singoli vengono repentinamente sorpresi; e quasi sempre banalmente sopraffatti, dall'irrompere di un nebuloso disordine: sia esso la pazzia, la percezione panica di sé, il disgusto verso gli altri, magari semplicemente una sensazione di gelo, ecc. Non sempre a fine infausta, in questi eventi fa capolino una forza che non è né demoniaca, né titanicamente irrazionale. Bernhard non potenzia il "male", semmai lo banalizza: è qualcosa di beffardo che sta.dietro l'angolo.Cos'è? Ben presto ci si accorge, come sarà poi sempre· in tutti i testi narrativi e teatrali, che l'autore pone il male e non lo spiega. Il lettore potrebbe d'altronde chledersi se i personaggi"soffrono di un male metafisico, oppure politico, o soltanto affettivo. Ma non troverà indicazioni. L'undicesima storia inizia così: "Il professore è impazzito studiando le farfalle", ma non se ne •spiegherà il motivo, quasi che l'unica giustificazione dell'evento è che "avviene". Che uno perda la ragione studiando farfalle, vedendo la Madonna, scoprendosi ridicolo o perché è tormentato ·dai monelli, poco importa. La può perdere sempre. L'irrompere del disordine è come un lampo che strappa momentaneamente il soggetto dal tessuto sociale, ma poi-questa è novità-ve lo reimmerge ancor più fittamente, in una chlna somatica, in un degrado che lo conficca ancor più tra gli oggetti, personaggi, luoghl della piccola provincia di una piccola , nazione, l'Austria. Nel romanzo Amras ( che riprende lo schema della prima, in un certo senso anomala storia di Eventi), due fratelli sono casualmente sfuggiti al suicidio collettivo di un'intera famiglia. La sofferenza, anche qui, è posta come totale (l'aggettivo fa già ridere), e il Tirolo, che ne è l'ambientazione, assume i caratteri di una ben oleata macchlna omicida, dove si scatena la "ben nota" epilessia "tirolese", una malattia . che ha cause "oscure". Appena ci aspetteremmo una spiegazione l'autore ci offre una intensificazione del male: si entra in una macchla d'olio, l'impasse del disordine, e si rischia di non uscirne più. L'unica sensata "alternativa" a questa malefica e perfida confusione totale sarebbe il suicidio, la risposta del singolo a tanta insolenza del mondo. E la scrittura di Bernhard è puntellata di suicidi, quasi-suicidi, suicidi annunciati, decisioni improvvise, alogiche, folli. Anche il fratello del narratore di Amras si ucciderà, mentre il protagonista, con un disperato sforzo di auto-educazione (Amras è un Entwicklungsroman al negativo) si convincerà di tirare avanti, nella coscienza compiuta della propria inadeguatezza. Se passassimo tutta la narrativa di Bernhard al vaglio ddla "prova della verità", il risultato sarebbe insoddisfacente. Cosa hanno in effetti Vienna, Salisburgo, il Tirolo, il Salzkammergut di particolarmente omicida, oppressivo, annientatore ecc. più di altre configurazioni del nostro mondo? Nulla, ovviamente. Se non che sono là a torturare gli austriaci. Bernhard dice semplicemente che lo sono, che sono inesorabilmente mortali, fin nei dettagli. E a propria giustificazione snocciola decine di casi infausti. Evidentemente, nelle sue constatazioni non sceglie una prospettiva oggettiva, bensì quella soggettiva. O, se vogliamo, parla dall'osservatorio del singolo, dell'individuo, da quel mito un po' in disarmo, ma sempre attuale, che è l'io. E soprattutto, sta parlando della sofferenza dell'io. Colui che, nella propria vita, avverte il basso continuo, lieve oppure martellante, del dolore, non chiederebbe a Bernhard ulteriori spiegazioni. La forza della narrativa è anche questa. Tutt'altro, sarà addirittura sollevato dalle archltetture comico-tragiche della sua narrativa. Cionondimeno, proviamo a spiegarlo questo "male quotidiano". Bernhard non ce ne dà un quadro differenziato, credibile, ben fondato (non sceglie il realismo) perché, all'occhio del soggetto, esso è tutto eguale '(sociale, politico, filosofico), ovvero una immane mistificazione, un'impostura. Ed è questo il motivo per cui mescola giustificazioni metafisiche a motivazioni politiche. È come se la razionalità, questo patrimonio dei soggetti, in un impeto di condanna che è un gesto a-lo'gico, bollasse tutto il mondo esterno con una beffarda sentenza di condanna inappellabile. Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di una follia privata, di uno slittamento ~aniacale. Lo è senza alcun dubbio. Ma non per questo non è "vera". Tutti gli Eventi, come pureAmras e gli altri testi, ruotano attorno alle epifanie negative del disordine. È questa l'e-
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