CONFRONTI be storie di donne, con la differenza che a Neve sottile manca l'elemento ùnificatore, la figura maschile di Genji. Il romanzo sembra scritto con una narrazione impersonale, a tutto campo, secondo quelli che i giapponesi ritenevano essere per eccellenza i canoni della moderna letteratura occidentale. Eppure, a dispetto dell'apparente oggettività della narrazione, le vicende delle sorelle Makioka sono in realtà filtrate dal punto di vista di Sachiko, la secondogenita, e talvolta da lei stessa anche narrate. Di nuovo ci troviamo di fronte alla peculiarità di un dato culturale, cioè la tendenza alla multiprospettività. Il critico Eto Jun ha di recente sottolineato l'esistenza di analogie tra la tecnica narrati va giapponese e quella pittorica tradizionale che, prima dell 'introduzione della pittura occidentale, aveva un senso diverso della prospettiva e contemplava la possibilità che un oggetto fosse ritratto come se visto in contemporanea da più punti di vista. Egli fa notare, prendendo ad esempio proprio Neve sottile, che la traduzione inglese del romanzo (e lo stesso vale per quella italiana) si è adeguata ai canoni occidentali optando per la narrazione in terza persona e non seguendo fedelmente il testo originale. In questo infatti la storia non è narrata da un punto di vista fisso, estraneo e esterno alla vicenda. Lo sguardo muta e si sposta seguendo i personaggi che si alternano sulla scena, quasi come se foss{; quello dei lorò stessi occhi e attraverso di questi vedesse ciò che accade. Tale variazione di prospettiva è resa. possibilè da una differenza strutturale della lingua giapponese, che permette il passaggio dalla terza alla prima persona senza che ciò sia sentito in contrapposizione. Per questo motivo, quando il punto di vista è il suo, Sachiko parla in prima persona, poi magari subito dopo, come una cinepresa che si sposta, la vediamo agire dall'esterno e una voce anonima ce ne descrive le fattezze. Con l'alternanza dei punti di.vista, Tanizaki riesce ancora una volta a delineare le ambiguità del reale e a rivelare, dietro alla maschera delle forme, le sfaccettature contraddittorie dei percorsi interiori dei personaggi. La visione soggettiva di chi narra carica così di senso anche gli eventi più banali e l'autore non perde occasione di sottolinearli con la sua ironia, fino a tradurre nel grottesc_o<Jnchegli aspetti più prosaici della vita. - Traduzioni italiane Sono apparse tre raccolte: Pianto di sirena e altri racconti ( a cura di A. Boscaro, Fcltrinelli, 1985), Il dramma stregato, (a cura di L. Origlia, SE, 1986), Opere (a cura di A. Boscaro, Bompiani, 1988). Racconti appaiono anche inNarratori giapponesi moderni (acuradiAtsùko Ricca Suga, Bompiani, 1965, 1986). Tra le altre opere non raccolte nei volumi citati: Io l'amo! (1921, a cura diR. Gigli,Alpes 1929,rist. ne"ll Drarnma",XVI, 1940col titolo Poiché io l'amo ...), L'amore di uno sciocco (1924, tr. di C. De Dominicis, Bompiani, 1967, 1981), Gli insetti preferiscono le ortiche (tr. diM. Teti, Mondadori, 1960, 1985),Neve sottile (1948, tr. di O. CerettiBorsini e K. Hasegawa, Martello, 1961; Longanesi, 1973; Guanda, 1989), La madre del generale Shigemoto (1950, tr. di G. Scalise, Mondadori, 1966), Diario di un vecchio pazzo (1962, tr. di A. Ricca Suga, Bompiani, 1965, 1984). La parabola della luce e del buio Starobinski, da Montesquieu a Baudelaire Antonella Tarpino Se una parola o un gruppo di parole avessero il potere di svelare l'immaginario mentale entro cui muove il pensiero incor- _poreodi Starobinski questa o questo sarebbero senza dubbio da ricercarsi nella coppia antinomica dei termini luce/buio. Entro i flussi, privi di volume, dei bagliori e delle oscurità paiono situarsi infatti, nel sottile trascolorare dall'uno all'altra, gli oggetti immateriali della riflessione di Starobinski. "Percorrere con lo sguardo" lo spettacolo nitido del mondo che si offre alla vista nella sua totalità è, nel primo studio dell'autore (Montesquieu, tradotto alla fine del 1989 da Marietti) il compito che deve prefiggersi l'uomo nuovo creato dalla mente raziocinante e libera del teorico della divisione dei poteri. In un'analisi che procede dalla biografia ali' opera e viceversa, centrale è per Starobinski l'indagine di Montesquieu sulla felicità, sinonimo anzitutto di ricettività, apertura verso il mondo, sguardo che riconosce, pur nella molteplicità dei fenomeni, la luce unificante della universalità della ragione. Il dispiegarsi "della vista da lontano" ricorre ancora nell'immagine in cui Montesquieu è ritratto, ogni qualvolta fa visita a una nuova città, nell'atto-di scalare la torre o il campanile più alto per percepire, nella certezza che nulla sia di per sé impenetrabile ali' occhio umano, l'insieme delle cose. E in una torre, edificio dal quale la visione è privilegiata, stabilisce la propria residenza un altro dei personaggi cari a Starobinski, Montaigne (Montaigne. Il paradosso del/' apparenza, Il Mulino 1984). La torre è qui non solo l'emblema del vedere dal!' alto ma anche il confine verticale e inaccessibile che segna il divario tra il mondo di ombre in cui vive la folla e la trepida luce interiore in cui si immerge lo scrittore alla ricerca di una nuova, inedita coscienza di sé: tra l'indistinto territorio dell'apparire e i flebili sussulti di una presenza in farsi. Così, dalle solitudini campagnole, il Rousseau de La trasparenza e l'ostacolo (Il Mulino 1982) ammonisce i suoi contemporanei ad abbandonare il regno "opaco" della vita mondana per raggiungere una autentica "pienezza luminosa" attraverso il libero fluire di sentimenti genuini, affrancati da ogni affettazione e dai ricatti delle menzogne (La nouvelle Héloi'se), educando i fanciulli alla virtù (Emi/e) e vagheggiando un ordine civico interamente rifondato sulla legittimazione del potere (Il contratto sociale). Premessa indispensabile al realizzarsi di questi ideali è risalire all'indietro le tappe di una civilizzazione colpevole dove la storia diviene sinonimo di "osGuramento", "sfiguramento" di una incontaminata purezza originaria dell'uomo: a lui tocca ora ripristinare la "trasparenza perduta" ricercandola nella "limpidezza dello sguardo su se stesso". Abbandonato a un sogno di trasparenza totale il filosofo è costretto a recidere tutti quei legami che lo terrebbero avvinto a un "mondo offuscato, percorso da ombre inquietanti, da volti mascherati, da sguardi opachi". Al contrario, procedendo nelle iperboli luministiche di Starobinski, la solitudine avvicina alla trasparenza, abbattendo il "velo" che 27
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==