IL CONTESTO nella grande maggioranza, accorsi anche della provincia in coriei arrivati sei o sette ore prima del momento fissato, di cui però almeno la metà faceva tutt'altro che ascoltare il discorso del candidato presidente Daniel Ortega; gruppi che parlottavano o festeggiavano, qualcuno tra essi che si esibiva in trn passo di dal)za, per battere automaticamente le mani ogni volta che arrivava l'applauso e aggiungere le loro voci alle acclamazioni. Pensammo soprattutto all'idea quasi religiosa che i ragazzi hanno del sandinismo; come raccontarsi barzellette in chiesa senza perciò essere meno credenti. Hanno sbagliato allo stesso modo i sandinisti e gli istituti d'inchiesta (imperdonabile l'errore di questi, il cui lavoro si suppone che sia scientifico). S•è visto poi che! 'intenzione dichiarata in pubblico era contraria alla scelta in realtà fatta e che l'evidente e l'apparente rafforzamento del sostegno popolare al Fronte per la rabbia provocata dell'intervento militare statunitense a Panama è stato per la maggioranza degli elettori meno importante della speranza qi mangiare a sufficienza ogni giorno e del timore di dover andare in guerra; e che molti in provincia hanno colto l'occasione per eliminare dalla loro triste vita quei gerarchi e gerarchetti che, fosse pure con pulizia di intenti politici, godevano di vantaggi invidiabili inquella situazione, come l'auto a disposizione e più buoni per il riso e pacchi di carta igienica. Può darsi, come hanno scritto alcuni giornalisti citando diverse testimonianze, che parecchi simpatizzanti del sandinismo abbiano votato contro le proprie convinzioni soltanto per far tornare i dollari al paese e mettere fine ali' assedio militare, con il proposito di riprendere in futuro la strada abbandonata stavolta strumentalmente. Che ci siano stati casi del genere non sembra però sufficiente a spiegare una sconfitta così netta: poco meno del 41 per cento di fronte a quasi il 55 per cento dell'Uno. Il fatto che in tanti avessero taciuto la loro vera intenzione di voto, per paura o quantomeno per evitare· guai, dimostra la superficialità con cui i sostenitori viscerali del Nicaragua rivoluzionario del m~ndo hanno in questi anni giudicato mol,tevicende di quel paese. E vero che il governo dei sandinisti non è mai stato una dittatura (fin dalla nascita s'è anzi dato i meccanismi che garantissero e bloccassero eventual! degenerazioni di potere unipersonale), ma ha dato vita a un regime e a forme di totalitarismo. · Identificati il Fronte Sandinista con lo Stato (Esercito Popolare Sandinista, Polizia Sandinista, ecc.), appariva inevitabilmente come un nemico del paese chiunque µianifestasse opposizione al governo. Inoltre, coloro che con lunghi anni di guerriglia e di sacrifici avevano preceduto di molto e attraverso un•azione costante larivolta di altri contro la dittatura della famiglia Somoza vollero premiare chi a quella lotta aveva in qualche modo contribuito e_chdi opo la vittoria fosse diventato militante del movimen14 to per rafforzarne il potere: quando un nicaraguense cercava lavoro doveva riempire un modulo in cui gli si chiedeva a quali organizzazioni di opposizione aveva appartenuto prima e a quale struttura sandinista o milizia o comitato aveva partecipato doPQ; naturalmente, a quelli che lasciavano vuoto quest'ultimo spazio andavano i resti. In tanti hanno quindi aderito a comitati e milizie e strutture varie perché ciò rappresentava una necessità per campare, trattandosi peraltro di un.gesto che si era imparato a considerare un compito patriottico. I sandinisti, assunto il potere, applicarono nella gestione del paese i criteri della vita di guerriglia. Efficace l'organizzazione in questo modo messa in piedi per la campagna di alfabetizzazione senza perdite di tempo, e per una ugualmente rapida distribuzione di servizi sanitari tra popolazioni che non avevano mai visto un medico. Nessun problema, pure, quando erano bastati una legge e alcuni drappelli di soldati per confiscare le terre degli odiati Somoza. Il Fronte aveva poi dalla sua parte, in quei primi mesi, l'entusiasmo popolare per la fine del terrore e il prestigio conquistato non solo con le armi ma anche con la decisione, una volta vinta la guerra, di non giustiziare i criminali sconfitti. Passato il tempo dell'entusiasmo, però, e mentre venivano fatti i primi passi nella .realizzazione del progetto sandinista, non potevano che venire a galla i problemi essenziali. Gli imprenditori si sono ribellati sia ai limiti posti per i loro guadagni dai programmi del governo, fossero pure questi inseriti in un sistema di economia mista, sia all'imposizione di spostare l'attività verso determinati settori da altri per loro più vantaggiosi ma di secondario interesse nei piani delle autorità. Sono stati ingenui i sandini.sti a pensare che avrebbero fatto una società socialista con il consenso anche dei settori che sarebbero stati puniti con il raggiungimento di questo obiettivo? O invece sono stati abili a percorrere un pezzo di strada in tale direzione senza ammetterlo esplicitamente, sapendo di non essere in grado di imporre in un colpo la svolta radicale? Le risposte a questi interrogativi esulano dalla vicenda nicaraguense; investirebbero temi già tanto discussi e allargherebbero il discorso con l'uso di esempi vecchi e attuali, dal Cile di Unidad Popular ài partiti marxisti di oggi. Forse i sandinisti sono stati ingenui nel non prevedere - ma chissà se la cosa li preoccupasse - le reazioni a catena che avrebbero provocato i loro .enunciati rivoluzionari in alcuni ambiti della società e la proliferazione di ritratti di Marx e Lenin e Che Guevara. Lo sono stati senz'altro per non A sinistrauna foto diJulio Dònoso (Contact/G. Neri), e sotto: i leaders sandinisti Carlos Nunez, Sergio Ramirez e ErnestoCardenal in una foto di PiersCavendish (Camera/G. Neril.
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