Linea d'ombra - anno VIII - n. 49 - maggio 1990

tv\AGGIO 1990 - NUMERO 49 LIRE8.000 I mensile di storie, immagini, discussioni e spettacolo UNGHERIGA,ERMANICAU, BAN, ICARAGUA GINSBORGR:ICCHEIPOVERIINEUROPA/MANEAD:ALLRAOMANIEADALL'ESILI CASTELLEMT/ANNUZZUC/ ORTAZARST/ EIN SAGGSIUBERNHARBDO, NHOEFFERRO,DOREDSAA, VINIOT,ANIZAKI PUTNAMSULL'INTELLIGENZA ARTIFICIALCEA/ NTAUTODRAI,ll'URSSAl BRASILE

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Direttore: Goffredo Fofi Direzione editoriale: Lia Sacerdote Collaboratori: Adelina Aletti, Chiara Allegra, Enrico Alleva, Giancarlo Ascari, Fabrizio Bagatti, Laura Balbo, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Giorgo Bert, Paolo Bertinetti, Gianfranco Bettin, Francesco Binni, Lanfranco Binni, Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Franco Brioschi, Marisa Bulgheroni, Isabella Camera d' Affliuo, Gianni Canova, Marisa Caramella, Cesare Cases, Roberto Cazzola, Grazia Cherchi, Francesco Ciafaloni, Luca Clerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Del Conte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Carlo Donolo, Riccardo Duranti, Bruno Falcetto, Maria Ferretti, Marcello Flores, Guido Franzinetti, Giancarlo Gaeta, Alberto Gallas, Fabio Gambaro, Roberto Gatti, Filippo Gentiloni, Piergiorgio Giacchè, Paolo Giovannetti, Bianca Guidetti Serra, Giovanni Jervis, Filippo La Porta, Gad Lerner, Stefano Levi della Torre, Marcello Lorrai, Maria Madema, Luigi Manconi, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Roberta Mazzanti, Paolo Mereghetti, Santina Mobiglia, Diego Mormorio, Maria Nadoui, Antonello Negri, Maria Teresa Orsi, Pia Pera, .Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Sandro Portelli, Fabrizia Ramondino, Marco Revelli, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Maria Schiavo, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Joaquin Sokolowicz, Piero Spila, Paola Splendore, Antonella Tarpino, Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta, Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progetto grdficoi Andrea Rauch/Graphiti Ricerche iconografiche: Barbara Galla Pubblicità: Miriam Corradi &Ieri: Regina Hayon Cohen Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo nwnero: Paola Bensì, Adriana Bòscaro, Peggy Boyers, Livia Cases, Franco Cavallone, Massimo Cecconi, Gaetano e Maria Colonnese, Natalia Del Conte, Giorgio Ferrari, Carla Giannetta, Stefano Losurdo, Grazia Neri, Marco Piccardi, Maddalena Pugno, Michele Riva, Marco· Scacchetti, l'ufficio stampa della Adelphi, l'Associazione Amici di Julio Cortazar di Roma, il Teatro di Genova, l'agenzia fotografica Contrasto, il Goethe Institut e la libreria Popolare di Via Tadino a Milano. · Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano TeL 02/6691132-6690931. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N, - Via Famagosta 75 - Milano TeL 02/8467545-8464950 Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Firenze - TeL 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (MI)-TeL 02/4473146 LINEA D'OMBRA Mensile di storie, immagini, discussioni Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 al n. 393 Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo III/70% Numero 49 - Lire 8.000 Abbonamenti Annuale: ITALIA: L 75.000 da versare a mezzo assegno bancario o c/c postale n, 54140207 intestato a Linea d'ombra. ESTERO L 90.000 I manoscritti non vengono restituiti Si risponde a discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. UNEDA'OMBRA anno VIII maggio 1990 numero 49 4 8 11 13 15 19 20 Paul Ginsborg Guido Franzinetti Nicole Janigro Joaquìn Sokolowicz Anthony Kerrigan Vittorio Dini Oreste Pivetta Europa: ricchezza e povertà Dopo le eleziorù, in Ungheria Dopo le eleziorù, in Rdt Svolta in Nicaragua Cosa si legge a Cuba Napoli: pluralità e conflitto Pci dopo il congresso 23 Luisa Bienati L'opera di Tarùzakì 27 Antonella Tarpino Starobinski, da Montesquieu a Baudelaire 30 Roberto Menin Metafisica e Politica in Thomas Bernhard 38 Rocco Carbone Savirùo nella terra felice e A. Baricco su Makanin (a p. 29), A. Cristo/ori su due romanzi di Mercè Rodoreda (a p. 32), B. Falcetto su L'orologio di Carlo Levi (a p. 35). 63 66 50 5Ji 73 TEATRO: Julio Cortàzar Salvatore Mannuzzu Hilary Putnam ]osé Marià Castel/et Heinz E. Todt Apocalisse di Solentiname a cura di Assunta Mariottini La figlia americana Intelligenza artificiale e cervello umano Scenari della memoria: Mercè Rodoreda Bonhoeffer nella resistenza al nazismo 79 Bruno Leone Il ritorno di Pulcinella incontro con Goffredo Fofi .82 Peter Stein Tito Androrùco in una giungla di tigri incontro con Maggie Rose e S. De Matteis sul Pulcinella di Romeo De Maio (a p. 81). MUSICA: 85 Paolo Scarnecchia Le canzoni di Caetano Veloso con quattro testi di Ve/oso 88 Gian Piero Piretto Breve storia di èantanti sovietici con testi di A. Vertinskij, B. Okudzava, A. Galic,V. Vysockij, N. Matveeva, Ju. Kim, B. Grebensikov e F. Liperi su Terence Trent D'Arby e Quincy Jones (a p. 43). La copertina di questo numero è di Fabiàn Gonzàles Negrìn. Questa rivista è stampata su carta riciclata.

ILCONTESTO Europa: ricchezza e povertà Paul Ginsborg traduzione di Marisa Caramella Io non sono un romanziere o un poeta, ma più modestamente uno storico; e voglio parlare del tema della ricchezza e della povertà in relazione alle società che conosco meglio, in relaziòne ai paesi chiave del capitalismo avanzato, a quello che Che Guevara una volta ha definito "il ventre della bestia". In un momento in cui il capitalismo appare trionfante su scala globale, vale la pena di riflettere storicamente sia sui suoi risultati che sui suoi limiti, rispetto alla creazione di ricchezza e ali' eliminazione della povertà. Se guardiamo agli inizi del diciannovesimo secolo in Gran Bretagna e in Italia, i due paesi sui quali intendo concentrare l'attenzione in questo intervento, troviamo una situazione di povertà nella quale la malattia e la morte vanno di pari passo con la miseria economica. Ecco come Tocqueville (non Engels) descrive la città di Manchester in pieno sviluppo nel 1835: "Chi potrebbe descrivere gli interni di questi quartieri segregati, luogo di vizio e povertà, che circondano gli enormi palazzi dell'industria e li stringono nel loro orrido abbraccio? ... Strade strette e tortuose ... sono fiancheggiate da case a un solo piano le cui assi sconnesse e finestre rotte le rivelano, anche da lontano, come l'ultimo rifugio che si può trovare tra la povertà e la morte ... Basta guardare in alto e tutto intorno a questi quartieri e si vedranno gli enormi palazzi dell'industria. Si sentirà il rumore delle fornaci, il fischio del vapore. Queste grosse strutture privano dell'aria e della luce le abitazioni umane sulle quali torreggiano; le avvolgono in una nebbia perpetua; qui c'è lo schiavo, là c'è il padrone; c'è la ricchezza di alcuni, e la povertà di quasi tutti". Spostiamoci ora dalla Gran Bretagna ali 'Italia, dalla città alla campagna. Nel Polesine degli arini Quaranta e Cinquanta del secolo scorso la "classe pericolosa" delle pianure a nord del Po erano gli avventizi, i braccianti senza terra, che lavoravano al massimo 150 giorni all'anno, e che praticavano il furto rurale su scala abituale e pervasiva. Tra il 1852 e il 1854, accadde un episodio poco conosciuto del Risorgimento: una corte marziale austriaca condannò a morte quattrocento di questi ladruncoli per furti di poche lire, di un salame o di una forma di formaggio. Questi avventizi vivevano in squallidi villaggi sulle rive dei grandi fiumi. Le loro capanne con il tetto di paglia non avevano vere finestre né veri pavimenti, e all'interno erano annerite e sporche per il fumo del camino. Un medico di Pontecchio fornì una descrizione di come dormivano ibambini negli anni Cinquanta del secolo scorso: su un soppalco costruito proprio sotto il soffitto; gli animali, se c'erano, venivano tenuti o in una stalla adiacente o dentro la capanna stessa; da entrambi, dai bambini e dagli animali, secondo lui, emanava una "puzza disgustosa" che li rendeva praticamente inavvicinabili. In tali condizioni ogni famiglia era afflitta da qualche malattia: malaria nelle zone paludose, pellagra nelle pianure. Nel 1855 la parte sud della provincia di Mantova venne falciata dal colera, che fece più di quattromila vittime nel corso di pochi mesi. Non c'è dubbio che la povertà di massa di queste dimensioni ha smesso di esistere in Europa nel corso dei 150 ruini che sono seguiti. Le forze produttive del capitalismo sono state capaci di sostituire baracche, capanne o caverne con vere e proprie case. In 4 nessun luogo, in Europa, questo contrasto è più drammatico che a Matera, dove ci sono, nella parte vecchia della città, i "sassi", caverne delle generazioni precedenti, ora disabitate, e nella parte nuova i palazzetti degli anni Sessanta, brutti, senza dubbio, ma dotati di riscaldamento centrale, di bagni, televisori, lavatrici, frigoriferi, e pieni di luce. La mortalità infantile è diminuita drasticamente, e altrettanto si può dire della malattia in generale. La durata della vita è cresciuta enormemente. La grande maggioranza della popolazione può contare su cibo sufficiente, abitazioni adeguate, abiti dignitosi. Questi non sono risultati da poco, sono stati realizzati in un lasso di tempo relativamente· breve, e non si deve assolutamente sottovalutarli. Ma, in ogni caso, possiamo veramente dire che il problema della ricchezza e della povertà (nel significato strettamente materiale, non spirituale dei termini), è stato risolto nell'Europa contemporanea? lo credo di no, e credo che ci siano almeno due modi nei quali questo problema rimane irrisolto nel cuore del capitalismo. Il primo di questi riguarda il problema della distribuzione; il secondo riguarda la diffusa sensazione di insufficienza perfino tra coloro che hanno il necessario. Esaminiamo prima il problema della sensazione di insufficienza. È vero che qui siamo nel regno del soggettivo, ma il problema non è per questo meno importante. Come ci ha insegnato Peter Towsend, la povertà (e la ricchezza, se è per questo) sono concetti sociali, "condizionati dalla società alla quale appartengono gli individui". Una volta superato il livello della pura sussistenza, non esistono criteri assoluti secondo i quali sia possibile definire la povertà; la povertà, in altre parole, viene definita socialmente, dalla percezione che le persone hanno di quelli che sono i loro bisogni nel luogo particolare e nell'epoca particolare in cui si trovano a vivere. Qui il capitalismo consumistico, nonostante la ricchezza che ha creato, rivela una delle sue grandi debolezze, perché il suo funzionamento reale, effettivo, dipende dalla necessità di creare costantemente nuove ondate di sensazione di insufficienza, di relativa povertà. Il concetto di "sufficienza" è un anatema, è il vero bacio della morte per il sistema economico nel quale viviamo. Per sopravvivere il capitalismo deve creare nuovi bisogni, deve farci sentire relativamente deprivati, deve riempirci di sensazioni di insufficienza, perfino in un periodo di abbondanza che non ha eguali nella storia dell'uomo. È straordinario come debba essere mantenuta in tutti noi una sensazione di continua privazione, se si vuol far sopravvivere il capitalismo consumistico. Come sono povero, come mi si fa sentire inadeguato, solo perché possiedo una Fiat Ritmo quando invece, naturalmente, dovrei ayere una Uno o una Tempra. I miei figli sono relativamente poveri se non possiedono almeno alcuni degE oggetti che non vengono loro semplicemente proposti, ma la cui necessità viene costantemente martellata dentro le loro teste dalla pubblicità televisive che interrompe i loro programmi ogni dieci minuti. Gioca Gig- gig, gig, gig (lajig è una danza tradizionale britannica), certe volte mi sembra che stiamo tutti saltellando a un ritmo sul quale nessuno, nemmeno Berlusconi, può esercitare un vero controllo. Tutto questo può esser interpretato come una delle grandi forze

del capitalismo consumistico, che ci spinge costantemente, eternamente, a lottare per il possesso di nuovi beni materiali, che ha distrutto dentro di noi ogni sobria riflessione su quello di cui hanno veramente bisogno i nostri figli. Ma può anche essere interpretato come una delle grandi debolezze del sistema, perché riempie le nostre teste di sensazioni, di insoddisfazione, o addirittura di ·ossessioni di privazione, del tutto irreali. Che tutto questo sia una debolezza invece che una forza del nostro sistema economico viene rivelato, io credo, quando lo si mette in relazione con il secondo dei due punti principali di cui voglio trattare in questo intervento - quello che riguarda la distribuzione. Si è comunemente presunto che il capitalismo, nel suo svilupparsi, abbia parallelamente sviluppato nel proprio interno forti tendenze ridistributive, o almeno, se questo non succedeva, che l'intervento dei governi socialdemocraici e laburisti potessero instillarvi queste tendenze. Perché non era vero, come ha osservato Bacone già nel diciassettesimo secolo, che "la ricchezza è come il concime, non serve a niente se non viene sparsa." •Bisogna fare molta attenzione con questi presupposti comuni. Dobbiamo cercare di distinguere tra le dimensioni della torta economica, che sono certamente enormemente cresciute, e le dimensioni delle fette distribuite alle diverse parti della popolazione. Se quello che vogliamo studiare è il problema della distribuzione, allora quelle che dobbiamo prendere in considerazione sono le dimensioni delle fette, e in questo senso i dati di alcuni dei paesi a capitalismo avanzato non sono certo confortanti. Prendiamo gli esempi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Svezia. Si è spesso detto che col crescere della ricchezza nei paesi capitalisti, la stratificazione sociale è andata sempre più rassomiGiovani disoccupati inglesi (foto di Jean-PierreLaffont/Sygma/G. Neri). IL CONTESTO gliando, in termini grafici, a un rombo. In cima ci sono i molto ricchi, in fondo i molto poveri, e nel mezzo, a formare la grande maggioranza, i nuovi ceti medi. Ma l'immagine del rombo è un'illusione. I più recenti studi sulla ricchezza negli Stati Uniti rivelano che l'immagine corretta non è quella di un rombo, ma quella di una pera, una pera Williams con una grossa base, composta da chi vive al o sotto il limite di povertà ufficiale (con un reddito di 9.800 dollari all'anno), e con un picciolo molto molto lungo, composto da coloro che godono di redditi annui di più di 60.000 dollari. Per la Gran Bretagna si può dire che valga lo stesso tipo di discorso. Se prendiamo in considerazione la distribuzione della ricchezza in Inghilterra e nel Galles dal 1923 in poi, vediamo che esistono prove evidenti di tendenze ridistributi ve.L'uno per cento della popolazione possedeva il 60,9 per cento della ricchez~ nel 1923, ma soltanto il 31,7 per cento nel 1972. Ma più scendiamo nella scala sociale, meno consolanti diventano le tendenze ridistributive. L'80 per cento, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, possedeva soltanto il 6 per cento della ricchezza nel 1923; circa cinquant'anni dopo, quella percentuale era salita solo del 15 per cento. Ancora più sconcertante è il fatto che dal 1960, e nonostante la presenza di governi laburisti dal 1964 al 1972, la parte di ricchezza posseduta dall '80 per cento della popolazione è in effetti diminuita dal 16,9percentonel 1960al 15,1percento nel 1972. E non ci può essere dubbio sul fatto che queste cifre siano andate scemando durante gli anni del governo della Thatcher. Un altro modo di guardare a questa situazione, più vivido che non l'arido linguaggio delle statistiche, è una fantasia sviluppata da un economista olandese. Immaginiamo che l'altezza di una persona sia determinata dal suo reddito. Immaginiamo di essere, noi stessi, al livello medio di reddito per la Gran Bretagna nel suo s

IL CONTESTO complesso, e di essere quindi di altezza media, e di essere; ancora, gli spettatori di una grande sfilata che duri un'ora, nel corso della quale l'intera popolazione del paese passa davanti ai nostri occhi. Lo spettacolo sarebbe più o meno questo. Prima sfilerebbero i più piccoli (cioè i più poveri), "gnomi minuscoli ... delle dimensioni di un fiammifero, di una sigaretta ... casalinghe che hanno lavorato per un breve periodo di tempo e che quindi non hanno nulla di simile a un reddito annuo ... ci metteranno cinque minuti, a sfilare." Verranno seguite, per cinque o sei minuti, da personaggi di altezza superiore a quella degli gnomi, ma sempre al di sotto del metro: vecchi pensionati, donne divorziate, disoccupati. Poi, per quindici minuti sfileranno coloro la cui altezza è compresa tra il metro e il metro e venti: lavoratori a basso salario, spazzini, bigliettai della metropolitana, alcuni minatori, impiegati non specializzati. Un gran numero degli appartenenti a questa categoria saranno neri o dioob~ . Quarantacinque minuti dell'ora di durata totale della sfilata passeranno prima di vedere arrivare persone delle nostre dimensioni: impiegati statali, insegnanti, capi reparto, alcuni agricoltori. Negli ultimi sei minuti della sfilata arriverà il dieci per cento della popolazione: da principio personaggi alti più o meno un metro e ottanta- presidi, laureati, ecc. Negli ultimi pochi minuti sfileranno i Giganti: avvocati alti sei metri, medici più o meno della stessa altezza, commercialisti alti sette o otto metri. All'ultimo, ultimo minuto sfileranno chirurghi e giudici alti una ventina di metri. Alla fine, proprio negli ultimi secondi, "la scena è dominata da figure colossali: persone alte come grattacieli, per lo più uomini d'affari, dirigenti di grandi aziende, pluridirigenti di multinazionali". Vista in questa lucé, la •~societàaffluente" dei paesi a capitalismo avanzato assume un aspetto assai sconcertante. Diventa ancora ,più sconcertante se prendiamo iQconsiderazione il terzo dei nostri paesi, la Svezia, e le statistiche relative alla distribuzione della ricchezza nel periodo 1930-1975. Per quasi l'intera durata di questo periodo, la Svezia era governata da un partito socialdemocratico, che aveva come punto principale del programma politico la ridistribuzione della ricchezza, la correzione delle diseguaglianze innate del capitalismo. Il quadro fornito dalle statistiche non è dei più consolanti. Se, come abbiamo fatto con la Gran ~retagna, prendiamo in considerazione l'uno per cento delle famiglie, le più ricche1 allora la loro parte di reddito tassabile netto è diminuita in modo1lotevole, dal 47 per cento nel 1930 al 17 per cento nel 1975. Ma le statistiche che riguardano l'ottanta per cento delle famiglie, le più povere, raccontano una storia non dissimile da quella britannica - si passa dal 2 per cento del reddito tassato nel 1930a unmodesto25percentonel 1975. Inqltre,comein Gran Bretagna, dal 1975 al 1983 queste tendenze che progredivano con molta lentezza si sono rovesciate, e la parte di reddito lordo posseduto dall'uno per cento di famiglie ricche in Svezia ha ricominciato a salire (dal 17al 19,5percento). Il caso della Svezia, quindi, è particolarmente scoraggiante, perché in nessun altro dei paesi a capitalismo avanzato il partito socialdemocratico è stato al governo per tanto tempo, ma i risultati, in termini di distribuzione della ricchezza, sono stati molto modesti e apparentemente soggetti a un facile rovesciamento di tendenza. Che cosa significa questo quadro statistico in termini umani? Al fondo della scala sociale (tra i pigmei della nostra parata) nei paesi a capitalismo avanzato, c'è quella che è stata sovente definita una sottoclasse, parecchi milioni di persone che vivono al o sottoil livello di povertà ufficiale. In Italia il rapporto finale della commissione Gorrieri sulla povertà, voluta nel 1983 da Sandro Pertini, allora presidente della Repubblica, ha stabilito che il 6,9 per cento della popolazione del nord e del centro del paese viveva 6 sotto il livello di povertà ufficiale, numero che saliva al 18,4 per cento al sud e nelle isole. Chi sono queste persone? Il rapporto Gorrieri ha rivelato tre gruppi principali, che costituiscono più o meno la categoria dei molto poveri anche negli altri paesi europei. Il primo gruppo è costituito dai vecchi, che molto spesso vivono soli, il cui numero cresce in modo sensazionale in tutta l'Europa con il cambiare della struttura della popolazione. Ogni inverno in Gran Bretagna ci sono centinaia di morti per ipotermia, vecchi incapaci di procurarsi il calore indispensabile alla sopravvivenza. E alla povertà fisica di queste persone bisogna aggiungere la terribile povertà spirituale della solitudine. Al secondo gruppo appartengono i giovani disoccupati o sottooccupati che vivono nelle periferie urbane, un gruppo spesso decimato e distrutto dall'uso di droghe pesanti, specialmente di eroina. Giovani come quelli conosciuti dal giornalista Jeremy Seabrook in una zona di abitazioni simili a caserme nel sud di Londra all'inizio dell'estate del 1984; ragazzi dai 15 ai 17 anni, tossicodipendenti consumatori di eroina che consideravano la ·droga un mezzo per sfuggire al travolgente senso di futilità, di noia e di disperazione. "Le metafore che usavano", scrive Seabrook, "erano di volare in estasi, di vivere in un altro mondo, di sentirsi come Superman, di possedere poteri soprannaturali-erano tutte metafore di trascendenza ... " Il terzo e ultimo gruppo individuato dal rapporto Gorrieri era quello degli immigrati. Molto spesso questo terzo gruppo si sovrappone al secondo, quello dei giovani disoccupati delle periferie urbane. Di recente la stampa italiana si è molto occupata degli immigrati e del loro stato di sofferenza, e quindi non ho molto da aggiungere in proposito. Pennettetemi soltanto di presentarvi un'immagine: quella degli scaricatori africani del mercato ortofrutticolo di Palermo, un'immagine presa da rinrecente articolo di Diego Gambetta. Gii scaricatori si alzano alle tre del mattino per arrivare al mercato in tempo per accaparrarsi uno dei carretti di metallo dal quale dipende il loro lavoro. Ci sono sempre più scaricatori che carretti. I "fortunati" girano per il mercato offrenSotto: una loto di Hans~org Anders !Stern); a destra: una loto di Gianni Berengo Gardin.

dosi ai compratori, per portare i carichi di frutta e verdura ai furgoni e alle macchine che aspettano ali' esterno. Per ogni carico prelevato e depositato gli africani prendono esattamente mille lire. ·Ma che dire dei ricchi ali' altra estremità della scala europea, i "supergiganti" della nostra sfilata di popolazione? Una delle grandi ironie che si nota quando si prende in considerazione il tema della ricchezza e della povertà è che mentre sui poveri esistono enormi quantità di documentazioni scritte, molto poco esiste sui ricchi. I ricchi sono altrettanto discreti nel rilasciare dichiarazioni su se stessi quanto lo sono nel far sapere in quale zona di Londra abitano, in quelle belle piazze georgiane dipinte di bianco nascoste dietro le strade principali nel cuore della capitale. Inoltre per potere anche solo accedere alla scarsa documentazione esistente sui ricchi in Gran Bretagna, bisogna pagare cifre considerevoli. Un rapporto del Child Poverty Action Group costerà tre o quattro sterline. I risultati di uno studio del British Institute QfManagement sui salari dei dirigenti non costerà meno di novanta sterline. Ma forse è giusto che le cose stiano così. Cerchiamo ora per un momento di entrare in una di quelle belle piazze georgiane dipinte di bianco nel cuore di Londra lopossiamo fare grazie a un recente articolo di Ceri Thomas su Eaton Square, Londra, S.W.l. Eaton si scrive Eaton e non Eton, che è la più costosa ed esclusiva scuola privata del paese (d'altra parte si potrebbe benissimo scrivere Eton Square, considerando I' enorme numero di abitanti di sesso maschile di questa piazza che hanno frequentato l'omonima scuoia). Delle Z30 famiglie che abitano in Eaton Square, più di 50 figurano· nel Who' s who britannico. La cosa interessante di queste famiglie, a parte la loro grande ricchezza, è la loro coesione e le loro interrelazioni. La piazza è abitata da un gran numero di vedove attempate, i cui figli, sparsi per tutto il globo, vengono in visita con una certa frequenza. Parecchi di loro hanno residenze indipendenti nella stessa Eaton Square, e la considerano "la casa", "il focolare domestico". In altre parole i legami di sangue rimangono forti anche se non si convive. A un recente battesimo nella chiesa locale, i parenti sono arrivati da tutti gli angoli del pianeta - l'ultimo è arrivato a Heathrow un'ora prima della cerimonia del sabato mattina. "La famiglia sarebbe stata presente al completo per tutta la durata del ricevimento, ma entro l'una del pomeriggio i parenti si sarebbero sparsi ciascuno a bordo del proprio mezzo aereo." Per quanto riguarda le interrelazioni, non solo moltissimi dei membri delle famiglie di Eaton Square si sposano fra di loro, ma ricevono anche la stessa istruzione, e i maschi frequentano gli stessi club, il più noto dei quali è White's. Cosa ancora pi4 importante gravitano tutti verso uno stesso tipo di posizioni chiave nella City. Qui le posizioni dirigenziali interdipendenti nelle IL CONTESTO banche, nelle compagnie di assicurazioni, nell'industria e nel commercio forniscono ai pezzi grossi di Eaton Square straordinari potere e influenza globali. Se dovessimo prendere in considerazione anche solo sei nomi di residenti di Eaton Square, Meinertzhagen, Oppenheimer, King, Egerton, Fraser e Keith, ci vorrebbe tutta una notte per elencare le banche e le società nelle quali si sente la loro influenza. E possiamo star sicuri che il pòtere che hanno su tutti quei gruppi di poveri dei quali abbiamo parlato è molto considerevole. Vorrei dire un'ultima cosa sui molto ricchi, e cioè parlare dell'essenziale circolarità della loro ricchezza. La loro non è la ricchezza della grande maggioranza della popolazione europeagodimento di beni di consumo e proprietà di una casa o di un appartamento. La .loro è "ricchezza per il potere", ricchezza che genera reddito e possibilità, stato sociale e ~ontrollo; e da ciascuna di queste cose scaturisce altra ricchezza. E la ricchezza che paga l'istruzione a E ton, che viene tradotta in una laurea di Cambridge, che si trasforma, con un po' di aiuto da parte della famiglia, in una posizione in una merchant_bank della City, posizione che a sua volta porta alla ricchezza per il potere. Questi modelli sono circolari, ripetitivi e si autoriproducono. La mia tesi è che il problema della ricchezza e della povertà è una contraddizione che giace proprio al cuore del capitalismo. Perfino nei paesi a capitalismo avanzato continuano a esistere estremi di ricchezza e povertà; il sistema economico non possiede alcun meccanismo in grado di correggere questa rapicale disuguaglianza nella distribuzione del reddito; e i governi di sinistra si sono dimostrati storicamente incapaci di influenzare se non in modo ass<!,imarginale le disuguaglianze della società europea. Inoltre, questa disuguaglianza è intimamente legata a un secondo, fondamentale meccanismo del capitalismo-quello della costanteproiezione e creazione di nuovi bisogni, perquantoartificiali, La. combinazione di questi due fattori - la disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e la creazione della necessità di nuovi bisogni - non può che creare una povertà relativa permanente. Soluzioni? Qui devo nascondermi dietro il fatto di non essere né un economista né un politico, e tantomeno un teorico. Tutto quello che posso dire è questo: dobbiamo evitare la demagogia come la peste. Sostenere, per esempio, la semplice ridistribuzione di tutta la ricchezza esistente, significherebbe fare pochissimo per risolvere il problema, come vi direbbe anche il più modesto degli economisti; significherebbe anche uccidere la gallina dalle uova d'oro. Tutto quello che io posso suggerire è di cercare di vedere il problema nei suoi termini reali; in altre parole smentire coloro (e sono tanti) che sostengono che il problema della ricchezza e della povertà è marginale nei paesi chiave del capitalismo. Non lo è, perché forma parte della definizione del sistema stesso. Non posso invocare soluzioni economiche, e quelle che sono state tentate dalla sinistra, la nazionalizzazione dell'economia e la sua centralizzazione, sono state giudicate, nel complesso, fallimenti storici. Non abbiamo modelli economici alternativi da proporre. Gli unici punti di partenza che ho sono morali e politici. Il concetto di sufficienza del "né miseria né lusso" diWilliam Morris deve restare al centro di ogni progetto socialista, proprio come la realtà della "insufficienza" sta al centro del capitalismo. E proprio come il potere degli abitanti di Eaton Square è la formazione intrinseca del capitalismo, così ogni progetto socialista dovrebbe trasmettere questo potere, per creare una democrazia economica oltre che politica, per creare le strutture e le condizioni in cui le persone esercitano potere e controllo sulla propria vita. Riesco a vedere dove dobbiamo andare, ma non so come arrivarci. 7

IL CONTESTO La prima ·volta, a est Prospeffive post-èlettorali Guido Franzinetti L'informazione negata. Come tutti gli atti mancati, rinviati per troppo tempo, anche le prime votazioni libere esteuropee si sono rivelate un anticlimax. Questo vale innanzi tutto per i diretti interessati, gli esteuropei: il tasso di astensione dal voto si prospetta alto (attorno al 30-40%, con l'ovvia eccezione del voto in Ddr, che per certi versi corrispondeva a un plebiscito sull'unificazione) .1 Questo non è affatto sorprendente in una fase di 1iberalizzazione di un regime a votazione coatta (l'unico motivo per cui-non si verificò un tasso di astensionismo nell'Italia del dopoguerra è che i costituenti italiani, a differenza dei riformatori esteuropei, ritennero opportuno mantenere una forma di voto sostanzialmente obbligatorio). 2 Ma il disinteresse più marcato è quello del mondo esterno, e cioè degli osservatori e dei mezzi di comunicazione di massa. Dopo mezzo secolo (o tre quarti di secolo) di non-voto in Europa orientale, le prime espressioni di voto libero in Europa orientale sono state accolte con un certo interesse per il risultato in termini di schedina di totocalcio (democristiani battono socialdemocratici, 2-0), di scarso interesse per le tendenze generali del voto, e di totale disinteresse (nel caso dei giornalisti, di virtuale omissione di atti d'ufficio) per i risultati in senso proprio (disaggregazioni regionali e distribuzione effettiva delle percentuali di voto, soprattutto nel caso delle elezioni nelle repubbliche sovietiche). Questo disinteresse occidentale (che riflette il radicamento di una cultura politica radicalmente antidemocratica, elitaria, indifferentemente di destra e di sinistra) ha fortemente cqndizionato la percezione delle elezioni esteuropee. Le nuove regole del gioco. Col passare del tempo, la natura storica della svolta polacca si rivela decisiva, malgrado il fatto che la sua eco sia stata attutita dalla coincidenza della strage di Tien An Men con le prime elezioni polacche e poi dell'inizio della crisi della Ddr (apertura delie frontiere ungheresi) con l'elezione di Mazowiecki a primo ministro. Lasciando da parte la ricostruzione delle successive fasi della svolta esteuropea dal giugno al dicembre 1989, è evidente che il compromesso polacco ha sancito per le élites esteuropee i seguenti punti fermi: 1)lapossibilità di effettuare uno sganciamento "morbido" dell'apparato statale dai partiti comunisti (la Romania fa ovviamente eccezione); 2) l'inopportunità di polarizzare elezioni libere sul modello polacco (coalizione governativa contro coalizione di opposizione); 3) l'opportunità di puntare su una polverizzazione del quadro politico (facendo vincere tutti per non far vincere nessuno, all'opposto del caso polacco). Quindi la tendenza nell'Europa orientale liberalizzata è stata quella di puntare su sistemi elettorali orientati più a favorire la polverizzazione delle forzé politiche che non a polarizzarle. 3 La partita di andata in Ungheria: il referendum. All'inizio del 1989, sulla carta, il gruppo dirigente ungherese era il più avanzato di tutta l'Europa orientale, avendo già ammesso (teoricamente) un sistema pluripartitico e addirittura la possibilitàche il partito comunista andasse ali' opposizione. Questamaggiore apertura rifletteva in realtà la maggiore forza del governo e soprattutto la debolezza dell'opposizione. Come osservò Timothy a Garton Ash, mentre in Polonia si poteva fare una tavola rotonda tra governo e opposizione, in Ungheria era necessario fate una tavola rotonda ali'interno dell'opposizione. Non sorprende quindi che il governo comunista ungherese abbia nei fatti concesso molto meno di quello polacco dell'epoca (accesso ai mezzi di comunicazione di massa per l'opposizione, modifiche del sistema politico, ecc.). Il culmine di questa politica fu raggiunto con la realizzazione del primo "compromesso storico" (in senso italiano, non polacco). Artefici di questa opera di ingegneria politica furono i comunisti dell'allora Partito Socialista Operaio Ungherese (MSzMP) e i "populisti" del Forum Democratico Ungherese (Mdf). · I "populisti" (nazionalisti moderati) derivano da una delle due principali correnti della cultura politica ungherese d'anteguerra, quella che si contrapponeva agli "urbani" (cosmopoliti). Durante l'epoca kadariana l'opposizione populista privilegiava le tematiche che avessero un aspetto nazionalista (diritti, delle minoranze ungheresi in Transilvania e in Slovacchia, ecc.). E molto significativo che il presidente dell 'Mdf, J6zsef Antall, sia un cattolico, dal momento che i cattolici (pari al 70% della popolazione) sono stati storicamente sottorappresentati nell 'élite politica e culturale ungherese, che ha avuto e ha tuttora una sovrarappresentanza di ebrei e di protestanti. 4 La base di questo accordo (sottobanco ma non troppo) tra populisti e comunisti avrebbe dovuto essere l'elezione di Imre Poszgay dell 'MSzMP a presidente della repubblica (che i populisti avrebbero favorito presentando un loro candidato di facciata che non aveva possibilità di vincere). Dal momento che nell'autunno del 1989 i populisti ottenevano attorno al 40% dei consensi nei sondaggi di opinione, l'accordo tra comunisti e Mdf sarebbe ammontato a una spartizione totale del potere prima di qualsiasi prova elettorale con voto libero. Contro questa prospettiva insorse l'Alleanza dei Liberi Democratici (SzDSz), che all'epoca non sembrava raccogliere più del 10% dei consensi nei sondaggi d'opinione. La SzDSz corrisponde alla corrente degli "urbani". Per certi versi analoga al Kor in Polonia, ha una fortissima presenza ebraica al suo interno, ed è anche probabile che sia percepita da molti elettori come il partito della "gioventù dorata" (dal momento eh~ sono presenti molti figli di membri dell'apparato comunista). E confluita in essa tutta la terza generazione della scuola di Ltikacs (il cosiddetto "asilo infantile di Lukacs", quella che si è formata all'Università negli anni Sessanta), ivi compresi personaggi come Mikl6s Haraszti (autore del libro su una fabbrica ungherese, A cottimo, Feltrinelli, Milano 1978, e che all'inizio degli anni Settanta era su posizioni maoiste) . Con grande spregiudicatezza, i liberi democratici raccolsero rapidamente 200 mila firme per promuovere 4 referendum su diverse questioni costituzionali. Tre di questi referendum vertevano su questioni che erano perfettamente pacifiche per quasi tutti i partiti politici ungheresi, ma il primo era invece relativo al fatto che il presidente della repubblica fosse eletto dal nuovo parlamento anziché dal vecchio (frutto di un voto non libero). La questione poteva sembrare puramente formale, poiché in quel momento Poszgay rimaneva il più probabile vincitore di qualsiasi elezione presidenziale. In realtà l'elezione di unpresiden-

te prima delle elezioni parlamentari libere avrebbe condizionato tutta la successiva evoluzione politica ungherese. Il partito comunista di Poszgay si schierò quindi per il no nel voto per il primo referendum. I populisti, che non potevano sostenere apertamente i comunisti,si limitaronoa incoraggiarel'astensionismo. (Si tenga presente che in caso di una partecipazione inferiore al 50%, il referendum sarebbe stato annullato.) Sulla carta, quindi, c'erano buone probabilità che i liberi democratici fossero sconfitti dallo schieramentocomunista-populista. I risultati del referendum hanno dimostrato quale fosse la naturadel rischio corso dai liberidemocratici. Il tassodi partecipazione al voto fu del 58,03%. La percentuale a favore del sì alla prima domanda fu appena del 50,07% (rispetto al 49,93% di no). In termine assoluti, il margine di differ~nza di voti nel primo referendum era di appena di 6.101 voti.5 E evidente che un certo numer<?di sostenitori del Mdf aveva ignorato l'appello all'astensione. E stata comunque una vittoria sul filo del rasoio. Non una vittoria immeritata, va però detto. Poszgay giocava ancora in casa, sotto tutti i punti di vista. Saràuncaso, mamolti giovaniin servizio di leva e studenti fuori sede non hanno ricevuto in tempo i loro certificati elettorali. MaPoszgay ha perso, e nessunoama i perdenti. Il compromesso storico ungherese sembra essere stato bloccato sul nascere, anche se potrebbe riapparire ancora sotto altre vesti. La partita di ritorno in Ungheria: le elezioni parlamentari Il risultato delle elezioni ungheresi riflette innanzi tutto un sistema elettorale (e quindi un sistema politico infierz) molto più predeterminato,dal momento che mancava in Ungheria una pressione analogaa quella esercitatadallaRft per garantireunminimo di fair play (accesso alla televisionedella Rft, proporzionalepura, ecc.). Il compromesso tra nazionalisti e comunisti era in teoria saltato, ma erano comunque già emerse le linee di tendenza delle A sinistra, un manifesto elettorale del Partito indipendente dei piccoli proprietari: "Passato pulito! Futuro sicuro!" e sotto: "Vino, Grano, Pace/Dio Patria Famiglia". Al centro,un manifesto del Forumdemocratico ungherese !populisti), in russo: "Compagno: è finita!". A destra, un manifesto della Fidesz !giovani liberi democratici,, sòtto la fotografia di Breznev e Honecker è scritto: "Sceg iere prego". !fotografie di Livia Cases). BGRT,BUUT,BÉKESSÉG~T J:l\'N.ilNHA~A: c&.ALlìil ILCONTESTO aggregazionipolitiche. I risultati sono stati interpretati come "vittoria del centrodestra". In realtà, se si tengono presenti i sondaggi all'epoca del referendum, il risultato ha tutt'altro significato. Al primo turno elettorale, del 27 marzo (che rimane quello più significativo, dal momento che il tasso di astensione è stato molto più elevato al secondo turno, il 4 aprile) la percentuale dei liberi democratici (21,38%) rappresenta una enorme avanzata rispetto all'autunno. Anche il voto dell' 8,57% della Fidesz (Federazione dei giovani liberi democratici, che taluni classificano come verdi, alleatisi poi con i liberidemocratici) è stato superiore alle previsioni iniziali. Il votodei populisti (24,71%)è stato nettamente inferioreal 40%dei primi sondaggi. Ma qual è il senso del votoper i liberi democratici?Dopotutto, si distinguono dai populisti solo per la loro insistenza per una privatizzazione più accelerata. E in effetti, appare probabile che unadelle motivazioni per il voto a destra (non solo per i populisti, ma anche per il partito contadino, che ha ottenuto l' 11,76%) sia stato di voler rallentare il processo di privatizzazione, che da un latospaventadiversi ceti sociali,dall'altro determinaun"affrancamento della nomenklatura", che favorisce ovviamente l'élite ex comunista. Il partito comunista non si è certo posto contro la privatizzazione. Inquestaottica, il votodi destrapuò essere consideratoun voto anticapitalista. Gli anticapitalistiromantici (inUngheriae altrove) dovrebberoessere soddisfatti. (Per i comuni mortali laprospettiva è forseunpoco diversa: non è vero che un capitalismovale l'altro. C'è un capitalismo che tende alla Rft, e ce ne è un altro che tende alGiappone.Non è una differenzadi poco conto, ed è questo il vero piano su cui si faranno realmente le scelte in Europa orientale.) Al secondo turno delle elezioni c'è stata una netta affermazionedelMdf,che haottenutoil42,76%dei voti,mentreglialtripartiti di centro-destra hanno ottenuto circa il 18%. La SzDSz non è riuscitaadallargarel'area dei suoi consensi,arenandosial 23,83%. 6 A questo punto però la posizione dei liberi democratici diventa realmente di sinistra. Per virtù ò per necessità, la SzDSz è riuscita a evitare di finire in manovre trasformiste con i partiti di centrodestra (come l'alleanza con il partito contadino, che si colloca a destra dei populisti). Esiste quindi la possibilità di una effettiva , polarizzazione tra destra e sinistra su tematiche reali.7 ·1 ·\ 1,J'<~"·· 1KII.KERUl.l:::'ll · · oKRAT~ , ~flA.tf.l:::sEL6JEL0L fJE • ~~ &SIH Slllsl • , 0 B!NU\Slll ' j 9

IL CONTESTO Il voto tedesco-orientale Il votonellaDdr ha avuto inevitabilmentecaratteristichelegate alla sua specificità.Nel corso della sua quarantennaleesistenza la Ddr è stata innanzi tutto una marca di frontiera, uno statoèsteuropeo i cui cittadini avevano automatica cittadinanza nella Rft quando riuscivano ad espatriare, per anni finanziato direttamente dallaRfte indirettamentedallaCee. Nessunaltrostatoesteuropeo ha mai godutodi taliprivilegi. La tanto declamata stabilità della Ddr, i giudizi relativamente positivi sul funzionamento dell'economia, vanno visti in questa prospettiva. Il fallimentoeconomico della Ddr è quindi molto più grave di quello degli altri stati 'esteuropei.(Proprio in virtù della sua particolare posizione internazionale, la Ddr ebbe anche il vantaggio di una introduzione tardiva del modello stalinianorispetto agli altri paesi esteuropei.)8 A tuttociòsi aggiunge l'assenza di una opposizioneconuna ampia base sociale (sul modello polacco) o anche di una opposizione piccola ma consolidata e credibile (sul modello ungherese). Il processodi unificazione tedesca va visto in questocontesto. Honecker è caduto solo e soltanto quando i sovietici gli hanno apertamentenegato la loro copertura.Uno stato di polizia che non può più ricorrere pienamente alla polizia non è più uno stato.9 Se Krenz fosse stato un uomo politico in senso pieno (e non semplicementeun pezzo di nomeriklatura) avrebbe potuto lasciar cadere il muro di Berlino (come fece) avanzando però una reale alternativa politica e indicendo subito le libere elezioni. Non lo fece, si limitò a lasciar cadere il muro, e lasciò che si creasseuno spaventoso_vuoto politico e soprattutto economico nella Ddr. E probabile che il comportamento di Krenz fosse inevitabile; ma in tal caso tutta la catena di eventi che è culminatanel risultato delle elezioni della Ddr diventa inevitabile. I proletari della Ddr hannovotatoogni giorno con i piedi, facendo i pendolaricon laRft e a BerlinoOvest HannoestrattodallaRft tutti i beneficiche erano stati loropromessiper anni. La catastrofeeconomica,che derivava , dall'impossibilità di mantenere la finzione della moneta non convertibiledella Ddr, era alle porte. Se Kohl non avesseproposto l'unificazione accelerata, i proletariavrebbero ripresoa votare con i piedi.Certo, sarebbe statomoltomeglioper tutti (acominciaredai tedeschi della Rft, che pagheranno i costi) se ci fosse stato un processodi unificazioneper tappe.Ma il fatto è che nessuna delle alternative (o mezze alternative)proposte da sinistra è risultata né credibilené accettabile al grosso degli elettori della Ddr, e soprattutto a quelli proletari, che avevano molti meno motividi identificarsi con la Ddr di quanto non ne avessero gli intellettuali. Il risultato èlettorale della Ddr (l'unico voto esteuropeodestiSotto, un manifesto del Forumdemocratico ungherese: · "Pulizia di primavera''. A destra, manifesti dei Liberi Democratici con scritto 'Soppiamo/Osiamo/Facciamo", e del Partitosocialista (ex comunista! con scritto "Noi/Socialisti un~heresi/ Abbiamo saputo/ Abbiamo osato/ Abbiamo fatto/ Facciamof" (folografie di LiviaCasesl. 10 nato a ricevere uri effettivo servizio stampa) non è quindi poi così sorprendente.La tenuta degli ex-comunisti del PDS (Partito per il socialismodemocratico) di Gysi non è poi tanto sorprendente (la percentuale del 16,3% è un poco superiore al livello di tenuta finoradimostrato inPolonia e inUngheria, e che probabilmente si ripeterà negli altri paesi esteuropei). I socialdemocratici si sono fermatial 21,8 %, dal momento che il voto strumentaleche avrebberopotutoricevere dadestra è andatodirettamentealladestravera epropria(a differenzadi quantoavvenneper i socialdemocraticidi Soaresnelle prime elezioni libere in Portogallo). Il risultato è che quindi il voto per PDS e SPD ha in genere una correlazione positiva: salgono e scendono assieme, anziché rubarsi voti a vicenda.10 Il votodi destra ha inveceunacorrelazione positivacon le zone industriali,soprattuttoa sud, e soprattuttocon lezonecon ilpiù alto tasso di inquinamento. In altre parole, i proletari hanno votato a destra. Ma la vera anomalia sta nel fatto che la destra che è stata votata è stata proprio quella che proveniva dalla coalizione dei partiti satelliti del vecchio partito comunista, la Sed. (Gli elettori della Ddr hanno quindi votato in maggioranza per i partiti della vecchiacoalizione governativa comunista. Non sorprende quindi che almeno il 10%dei deputati eletti siano stati collaboratoridella polizia segreta, la Stasi.) · Il voto della Ddr, al di là della prospettiva dell'unificazione accelerata, presenta una ulteriore anomalia rispetto alle altre elezioni esteuropee: quella di essere basato su un sistema che si avvicina molto alla proporzionale pura (più ancora del sistema italiano).Tutti gli altri paesi esteuropeihanno adottatoe adotteranno sistemi diversi da quello tedesco-orientale, che aveva fissato unasogliaminima dello 0,25%, favorendo la n:iassimapolverizzazione politica. Le prospettive La situazione di tutta l'area esteuropea rimane quindi non ·definita, e anche gli assetti che si stanno definendo sono destinati anch'essi acambiarenel prossimofuturo (ilmutamentonei rapporti di forza in Ungheria è esemplare sotto questo profilo). Questi mutamenti non significano però né la scomparsa dei partiti ex comunisti,né tantomenoquelladei sovietici. Adessocontano tutti, dopo che per anni hanno contato solo le divisioni militari. Ma questo vuol dire proprio tutti, non solo i propri amici intellettuali, secondo un sistema .di affinità elettive. Contano i coraggiosi, coloro che hanno saputo resistere per anni ali' emarginazione politica che poi diventava emarginazione sociale. Ma contano anche i timidi, gli opportunisti, gli apatici, i dubbiosi. È un loro diritto. La democrazia consiste proprio in questo. (Ringrazioper la lor.ocollaborazioneLiviaCasese Gabor.)

Note 1) Nelle elezioni semilibere in Polonia nel giugno 1989, il tasso di astensione fu del 38%- al primo turno; in Ungheria, ci fii il 42,03% di astensioni al referendum sull'elezione del Presidente della Repubblica nel novembre 1989, il 30% al primo turno delle elezioni del 25 marzo 1990, il 54,5% al secondo turno, 1'8 aprile. 2) Il tasso di astensione elettorale in Spagna passò dal 22% nel 1976 al 38% nel 1979; in Portogallo passò dall'8,3% nel 1974 al 35,6% nel 19'.76,al 15,8% nel 1980; in Grecia passò dal 21,4% nel 1974, al 19,9%, al 22,5% per 1981. 3) Nelle diverse repubbliche dell 'Urss che hanno avuto elezioni quasi libere o semilibere (paesi baltici, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, ecc.) è stato mantenuto un sistema di tipo maggioritario, che permette al partito comunista di beneficiare dell'attuale debolezza e frammentazione dcli' opposizione. Per fare un esempio, nelle elezioni di marzo gli elettori di Kiev (inUcraina) si trovavano dinanzi a schede contenenti esclusivamente il nome dei candidati e la loro professione. 4) La sottorappresentanza dei cattolici nell 'élite ungherese non è solo il risultato di una deliberata politica di discriminazione (che ovviamente c'è stata, per gran parte del dopoguerra) ma anche di una sottorappresentanza dei cattolici a partire dal livello dell'istruzione secondaria superiore. (Quest'ultimo aspetto è stato evidenziato nelle ricerche del sociologo Mikl6s Tomka, dell'Istituto per i sondaggì d'opinione di Budapest.) È evidente che questa situazione è destinata a cambiare nell'arco del prossimo decennio. 5) I risultati disaggregati del referendum (che non sono stati pubblicati p.é dalla stampa italiana né da quella occidentale in generale) sono apparsi in "Népszabadsag", 30 novembre 1989. A livello regionale, il voto per il sì è oscillato tra un massimo del 59, 15% a audapest e un minimo del 43,69% nel Borsod. Su 21 regioni, il sì ha quindi perso in 14 (che tendevano a essere quelle più rurali, periferiche rispetto a Budapest). 6) Nelle votazioni per il primo turno, la Szdsz aveva ottenuto più voti nell'Ungheria occidentale, più avanzata, l 'Mdf in quella orientale, meno avanzata Ma già in questo primo voto l'Mdf si era dimostrato in grado di ottenere forti consensi anche nei centri urbani, e in primo luogo a Budapest. Questo fatto, congiunto alla carenza di potenziali alleati sul piano elettorale per il secondo turno (dal momento che quelli a destra non erano disponibili, e quelli a sinistra, come i socialdemocratici, non erano sufficienti) è stato decisivo nel determinare la sconfitta della Szdsz. 7) L'involontario spostamento a sinistra della Szdsz è stato riconosciuto dal suo presidente, Janos Kis, nelle sue prime dichiarazioni dopo i risultati delle votazioni per il secondo turno: "la nuova situazione spingerà forse la SzDSz in questa direzione" (intervista in "Le Monde", 10 aprile 1990). . 8) Cfr. Anders Aslund, Private Enterprise in Eastern Europe. The Non-Agricultural Private Sector in Poland and the GDR, 1945-83, Macmillan, London 1985. Alcuni dati segreti sullo stato dell'economia della Ddr furono rivelati dall'allora ministro dell'economia della Ddr, Christa Luft, il 3 gennaio 1990. Ma il quadro più completo è stato quello \Jel rapporto compilato da cinque economisti ufficiali della Ddr nel settembre 1989 (quindi ancora sotto Honecker), che rivela che la Délr in quell'anno pagò 3,3 miliardi di dollari per gli interessi sui debiti, pari al 46% del valore delle sue esportazioni verso i paesi non comunisti. Il documento afferma che la Ddr era "in gran parte dipendente dalle fonti di credito capitalistiche" e afferma che i fardello dei debiti con l'estero metteva in dubbio la "stabilità politica". (cfr. "Financial Times", 4 gennaio e 21 marzo 1990). Tutti questi dati confermano retrospettivamente l'accuratezza del quadro dell'economia della Ddr che Àslund ha ripetutamente avanzato. 9) Come è noto, il comandante militare sovietico vietò alle autorità della Ddr l'uso delle armi contro la folla a Lipsia. Questo fatto d"venne immediatamente di dominio pubblico (e fu riportato, ad esempio, da fohn Lloyd sul "Financial Times"). La successiva scoperta ufficiale di questo fatto faceva già parte di una ritualizzazione del processo politico. 10) Questo è particolarmente evidente nel voto degli 11 distretti di Berlino-Est, in cui i voti del Pds hanno oscillato tra un minimo del 19,04% e un massimo del 38,4% (con una media del 29.4%) e quelli del Spd tra 30,48% e il 39,89% (con una media del 35, 1%). A livello più impressionistico, sembra esserci stata una tendenza alla correlazione tra quartieri borghesi e voto a sinistra e quartieri operai e voto a destra. IL CONTESTO Niente festa in Germania Est Nico/e Janigro Non sono di festa le giornate che seguono le prime elezioni "libere" nel piccolo stato tedesco della Rdt. Minacciati dalle sempre possibili rivelazioni degli archivi della ex polizia, la ramificatissima Stasi, i partiti vincitori dell'Alleanza per la Germania; tentennanti sul da farsi i socialdemocratici indeboliti anche dalle dimissioni del presidente Ibrahim Boehme accusato di "collaborazionismo" durante l'era di Honecker; triste e deluso il pianeta della nuova opposizione raccolto intorno al "Neues forum"; silenti gli intellettuali che in una "rivoluzione dolce" speravano da tempo. Ma se i dubbi e le preoccupazioni travagliano i vertici dei neopartiti, dalla paura è attraversata la base. Incalzata da mesi da un susseguirsi di choc emotivi, per la Germania orientale le l,!Spettativesuscitate dalla "~volta" di novembre si sono, velocissimamente, trasformate in ansie e timori, in una gran paura del possibile futuro. Scoprendo la realtà - ciò che poteva ma non doveva esistere - ci si è accorti con sgomento che gran parte dell'apparato produttivo è obsoleto - quindi, per la Germania occidentale, semplicemente da buttare - e che il posto di lavoro non è più un diritto "scontato" e garantito. Insieme al "capitalismo", tornano in Rdt i "vecchi" padroni che pretendono case e orti, fabbriche e scuole perché, dicono, è loro il patrimonio "nazionalizzato". Le "sacche di tempo", una delle maggiori "ricchezze" della Rdt, sono state fin da subito invase, pacificamente ma con notevole aggressività, dai fratelli e dalle sorelle dell'ovest. .Invano Christa Wolf insieme a molti altri chiedeva "una pausa di riflessione" che permettesse la messa a punto di un progetto comune elaborato ali' interno del paese. Il 18marzo la maggioranza, il 40, 91 %; votando per la Cdu di de Maiziere ha scelto- su questo le interpretazioni concordano tùtte-1 'unificazione accelerata voluta dal cancelliere Kohl, ma soprattutto ha voluto credere alla promessa di parità che nelle relazioni inter-tedesche si calcola in valuta, nel rapporto fra il Deutsch Mark "buono" dell'ovest e quello di latta, "cattivo", dell'est. In attesa di pregustare la libidine del D-Mark -:- così l'ha definita il filosofo Juergen Habermas secondo il quale il risultato elettorale segna la vittoria del "nazionalismo del marco" - per poter convertire il proprio conto in banca, di gran risparmiatori che non avevano molto da comprare, in aitrettanti marchi pesanti, utili per soddisfare i desideri Hi-Fi di almeno una famiglia. Che per molto tempo ancora rimarranno tedeschi di serie b, su questo, all'est, non esistono troppe illusioni. La cecità "piccolo borghese" - che la sinistra anche dell'ovest rimprovera loro - ha certamente tolto forza contrattuale alle forze che la Rdt non volevano solo "svendere"; nasce però anche da·sentimenti di radicatissimo disincanto: dopo essere stati i tedeschi che più hanno pagato la guerra, hanno il giustificato timore di essere i tedeschi che più pagheranno l'unificazione. L'analisi del voto mostra che la divisione maggiore riguarda la differenza città-campagna: nei comuni fino ai 50.ooo·abitanti I"'Alleanza" prende in media più del 50%, nelle città cala dappertutto. Addirittura opposto è il risultato nella capitale dimezzata, Berlino, dove arriva solamente al 21 ,6% contro il 30% del Pds (l'ex partito comunista) e il 35% della Spd che qui realizza quel successo che era dato per scontato in tutti i 15 distretti. · 11

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