Linea d'ombra - anno VIII - n. 48 - aprile 1990

e diventa uno dei leader del movimento pacifista è collocabile in un orizzonte di senso non molto lontano dalle pratiche di risarcimento postumo messe in atto daSylvester Stallone. Se Rambo esorcizzava il fantasma della sconfitta (e, quindi, la cicatrice nel sogno di onnipotenza americano) andando a bastonare i vietnamiti con i suoi bicipiti da castigamatti vendicatore, Stone opera in vista di effetti non molto dissimili. Dire çhe quella del Vietnam è stata una "guerra sbagliata" (e dirlo, col senno di poi, dopo averla persa) è una diagnosi degna di Monsieur Lapalisse. Rispetto a Stallone (di cui Stone condivide l'enfasi retorica e il pathos eroicizzante) c'.è solo un po' di buon senso in più: a nulla vale inventarsi un'onnipotenza muscolare immaginaria e compensativa, meglio farsi carico delle ferite e delle mutilazioni (degli handicap ...) che il Vietnam ha prodotto nella coscienza collettiva e provare a ricostruire il "sogno"partendo proprio da qui. Le fantasie infantili del reaganismo rambesco degli anniOttantahanfattoil loro tempo,oraè giunto il momento di ripartire dal principio di realtà. E dalle sue ferite. Anche se paralizzata e impotente come Ron Kovic, l'America deve trovare CINEMA la forza di liberarsi dai suoi sensi di colpa e dai suoi complessi di inferiorità (come fa il protagonista del film con la confessione finale alla . famiglia del commilitone che ha ucciso in Vietnam) e tornare a ricevere serenamente gli applausi del mondo. Nell'era di Bush e della fine della guerra • fredda, non è az·zardatopensare che il film di S_tonefunzioni presso il pubblico americano come una grande seduta terapeutica collettiva, o come una confessione di massa dagli effetti liberatori. Più arduo è ipotizzare invece l'impatto del film sul pubblico italiano. Collocarlo nell'alveo del grande cinema pacifista, come pure qualcuno ha fatto, ci .sembra francamente azzardato: Stone non possiede né la lucida radicalità di Kubrick né la delirante visionarietà di Coppola. La sua messinscena della guerra e del dopoguerra resta prigioniera di stereotipi e di luoghi comuni. Nato il4 di luglio ci regala così, tutt'al più, qualche frammento vero dell'immagine che l'America di oggi tende a dare di sé al mondo. E ci insegna soprattutto a diffidare delle madri che picchiano i figli perché leggono "Playbo .. y. PIÙ AUTUNNO CHE MAGGIO MALLE,UN BORGHESESUIBORGHESI GoffredoFofi Louis Malle non ce la fa, forse non ce l'ha mai fatta. È un eterno numero due, un regista che si mimetizza facilmente, a volte anche arenandosi nella mimesi con Ì'istintiva astuzia di chi non ha una personalità originale ma bensì "si sa muovere." Uno che "vorrebbe." Non copiatore, per carità; piuttosto un velleitario, incapace di una sua definita linea di condotta. A volte con degli entusiasmi, delle intuizioni, degli inattesi rigori - e succede a ben vedere, nei suoi film americani più spesso che in quelli francesi. Per Milou en mai, si è scelto un ca-sceneggiatore adeguato, o almeno così egli pensava, nella persona di Jean-Claude Carrière, collaboratore fedele del Bufiuel degli ultimi anni, che su questa collaborazione si è guadagnata una fama un po' abusiva. Poiché in fondo il suo Miche! Piccoli in Milou in moggio. 1 88 compito era quello di "mettere giù" sulla carta, "in bella", le idee dello spagnolo così come, in altri buoni casi lontani, di Marco Ferreri. Qui, ,cercando di dimenticare le molte sciocchezze che ha firmato imitando e divulgando secondo i dettami della commedia alla francese e del teatro di boulevard il lavoro fatto coi suoi maestri, Carrière avrebbe dovuto, secondo le intenzioni di Malie, "bufiuelizzare" la sua storia, alla quale Malie avrebbe apportato i succhi di una altra sua antica copiatura; lo Zazie da Queneau. C'è un personaggio di bambina che rifa, vistosamente, Zazie; così come ci sono molti personaggi e una costruzione che rifanno "narrativamente" ma senza le aperture, i voluti scompensi e le rotture del cinema del Maestro, piuttosto L'angelo sterminatore che non li fascino discreto. Della borghesia, di quella borghesia cui Malie appartiene apieno titolo, si rinnegano qui gli estremi economici (caricaturali nella coppia degli industriali) e la volgarizzazione e piccolo-borghesizzazione dei nostri tempi. ldealizzadone invece l'antica saggezza: la madre, Milou. La madre è Paulette Dubost, che ricordiamo cameriera civettuola ne La regola del gioco di Renoir, il più bel film sulla borghesia fatto da dentro la sua logica, sulla sua decadenza e morte, nell'anno-chiave 1939. No, a Malie e Carrière non è riuscito di rifare La regola del gioco, e neanche Il fascino discreto. Quanti gradini restano al di sotto! Tanti, troppi. (Di pensare a~ "tono" di L'angelo sterminatore, neanche a parlarne e giustamente: troppo messicana, terzomondista, trucida e "animale" quella borghesia rispetto alla europea, per la quale lo stesso Bufiuel aveva prescelto toni più allegri, satireggiandola lestamente nella frivolezza della sua cultura di boulevard.) Ciò detto, rimarcato come a Malle non riesca mai di arrivare a una autonomia, e ancor meno a essere degno dei suoi riferimenti, Milou enmai è uno dei suoi filmpiù gradevoli. Prevedibile e scontato nei suoi sviluppi - ma con alcuni personaggi, anzi figurine, molto indovinate (soprattutto le due protagoniste: la moglie avida e l'antiquaria). E con una bella idea sul fondo, di quel Maggio lontano che si avvicina, di quel cadavere in casa, di quella relativa grande paura che finisce per i borghesi in farsa (e non solo per loro: anche per i più "borghesi" tra gli studenti). Contrariamente a certa critica francese che ha lamentato i toni da farsa, le esagerazioni comiche, viene alla fine da lamentare di più le cose più auliche e liriche del film: l'idealizzazione del passato rappresentato dalla Dubost e dal Milou di Piccoli - di quella saggezza del vivere "bien française" di cui sembra essersi persa la traccia. Di fascino discreto neanche i borghesi francesi ne hanno più. Ce lo confermano le figure stesse del regista Malie, dello sceneggiatore Carrière, dell'attore Piccoli: borghesi del dopo la fine dell'autonomia culturale della borghesia. O meglio post-borghesi, piccolo-borghesi che hanno nostalgia di ciò che non sono più o forse non sono mai stati. Di una madre defunta. Milou balla con il suo fantasma, ma il cadavere puzza. TEATR(j VERDI i(tl W COMUNE DI MILANO SETTORECULTURA E SPHTACOLO • MILANO CULTURA HAlRO CON\'ENZIONAIO PERCORSOTEATRO PROGETTOCIBO 18/21 Aprile Théatre de l'Unitè MOZARTAUCHOCOLAT regia di Jacques Liudine "Un'opera aa gustare per soli 50 spettatori!!" dal l Omaggio Teatro del Buratto SI"MANGIA?! regia diStefano Monti È valido l'abbonamento "Invito a teatro" ! ràiilllf ,;~(f ;;i~~~

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