Linea d'ombra - anno VIII - n. 48 - aprile 1990

5 p E T T A e o L o L'AMERICA CHE CAMBIA INCONTROCON ARTHUR PENN a curadi PaoloMereghetti Arlhur Penn. Il legame che sembra possibile leggere tra l'opera cinematografica diArthur Penne le tensioni sociali che hanno percorso l'America negli ultimi trent'anni contiene già i meriti e i limiti del/' opera di questo regista che a cavallo degli anni Settanta (Gangster Story è del 1967, Gli amici di Georgia del 1981) ha saputo dare alcuni dei film più rappresentativi, e più belli, della rinascita hollywoodiana, ma che oggi pare condannato a un silenzio troppo simile ali' impotenza. Eparlo di "legame" perché la qualità più evidente di Penn è stata quella di saper leggere le contraddizioni che esplodevano nella società nordamericana (ma non solo) e che aprivano ali' interno delle sue storie gli spazi necessari ·a raccontare la lotta del singolo contro i luoghi comuni della società o le sue leggi, tra tensioni morali e limitazioni sociali, tra vitalità e oppressione. Questo scenario generale, questa tela di fondo fortemente caratterizzata in chiave sociale diventa così il contenitore che giustifica e nello stesso tempo innerva le singole storie e i percorsi dei suoi protagonisti. La rabbia pedagogica di Annie Sullivan (Anne Bancroft in Anna dei miracoli) o quella più disperata di Bubber Reeves (Robert Redford in La caccia) rischierebbero di restare solo degli artifici drammatìci se non fossero il tramite dentro cui si concretizzano due momenti dello scontro fra tradizione e apertura al nuovo (per Anna) o fra conservazione e rinnovamento (per La caccia) nel sud autoritario e razzista. Così come lo smarrimento esistenziale di Mickey (Warren Beatty in Mickey One) o quello più generazionale di Harry Moseby (Gene Hackman in Bersaglio di notte) trovano la loro ragion d'essere, prima che nei congegni della narrazione, nel vuoto d'ideali e di sicurezze che contraddistinguono i due periodi in cui sono ambientati i film, il dopo Kennedy e il dopo Watergate. Per non parlare dei percorsi di Clyde Barrow e Bonnie Parker (ancoraBèatty e Faye Dunaway in Gangster Story), diArlo (il figlio di Woody Guthrie in Alice's Restaurant), di Jack Crabb (Dustin Hoffman in Piccolo grande uomo) o di Danilo Prozòr (Craig Wasson in Gli amici di Georgia) che acquistano il valore di vere e proprie cartine al tornasole capaci di rivelare le tensioni sociali che attraversano. Ottimo direttore d' attori, grazie anche alla lunga esperienza maturata a teatro e come insegnante all'Actorhrs' Studio, Penn costruisce i suoi personaggi con una "coscienza acuta del/' espressione fisica" (R.Wood), riuscendo così afondere caratteristiche psicologiche e comportamentali in un tutto organico e credibile. A partire dalPaulNewman di, Furia selvaggia, il suo film d'esordio, Arthur Penn costruisce i personaggi dei suoi film grazie alla capacità di elaborare e definire caratteri e personalità dai loro movimenti fisici (il Billy the Kid di Newman/Penn è inimmaginabile senza quella camminata strana, con la testa reclinata, e senza quelle sue difficoltà da analfabeta a esprimere quellocheprova),dallelorofobie,dalleloroimpotenze.Maconunsenso del reale che nonglif amai correre il rischio di scivolare in quella cultura del/' handicap tanto diffusa oggi. l limitifisici opsicologici sono usati in Penn come barriere da superare, come catene da spezzare, e mai come masochistiche giustificazioni alla propria scvnjitta. Piuttosto sono l'artificio narrativo che evidenzia conf orza la tragicità del percorso umano, p,;oprioperché ribadiscono il loro essere dei limiti che bisogna comunque cercare di superare, da cui non farsi condizionare. E[' esperienza del dolore attraverso cui passano spesso i suoi personaggi non serve mai a giustificare un qualche ripiegamento su se stessi, ma piuttosto a capire che lo scontro fra individuo e società non può concludersi con una pacificazione finale. Al centro del cinema penniano c'è proprio questa tensione narrativa e formale insieme, che è forse il suo merito e là sua caratteristica più originale. Da una parte c'è l'intellettuale che vive e racconta il bisogno disperato dei suoi anti-eroi di, "mettersi in relazione con il mondo, di avere una misura di controllo e di direzione, senza preoccuparsi .di quanto questo controllo sia limitato" (R. Kolker) e che nlcessariamente finiranno per scontrarsi tragicamente con una disincantata lettura della realtà che non concede spazi ali' utopia e che considera praticamente impossibile qualsiasi tipo di soluzione sociale dei conflitti, condannati a concludersi con la vittoria del/' ordine repressivo. Dall'altra parte c'è il regista che si scontra con la macchina produttiva e che cerca di trovare spazi personali nel tentativo di adattare i propri soggetti al cinema di genere. 1suoi western senza eroismo, isuoi noir senza vie d'uscita, isuoi film senzafinale consolatorio sono il risultato di queste tensioni, chePennha saputofondere come pochi altri registi e che lo spingono a un grande uso del/' ironia e del repentino cambio di registro narrativo, anche a detrimento del/' omogeneità e della compattezza del racconto. Naturalmente questa struttura si è modificata durante gli anni, anche in rapporto a quei mutamenti sociali a cui accennavo sopra. La rabbia e il ribellismo anarcoide dei primi film sono maturati fino· a diventare da una parte cosciente lettura dei limiti della propria storia e' della propria cultura (rivisto oggi, il sempre bellissimo Piccolo grande uorrio accentua la sensazione, che è del protagonista, di non sentirsi mai al proprio posto, il fastidio di non riuscire a essere mai in sintonia con la società in cui si v!ve, straniero quasi allo stesso modo presso le due facce della cultura nordamericana, quella bianca e quella pellerossa), 81

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==