Linea d'ombra - anno VIII - n. 48 - aprile 1990

STORII/DOIÌGALA la terminologia del Partito nel giro di una settimana: tutti i giorni ascoltavo i giornalisti della radio e della televisione perché da noi, come lo ha spiegato così bene il compagno ministro dell'Informazione e Agitazione, il compito dei giornalisti non è quello di informare e di commentare gli eventi come vogliono loro, bensì di propagandare la giusta linea e essere cioè i pappagalli del Partito. Imparavo tutto a memoria, compresi gli slogan che tappezzano i nostri muri come "Vivere vuol dire produrre molto", "La censura di alcune idee è indispensabile alla sopravvivenza della nostra Rivoluzione". L'importante non era capire esattamente quello che questo significava veramente, ma riuscire a piazzare queste frasi al momento giusto, per farsi notare o per chiudere il becco a chi ti contraddice. Provi per esempio a dire a qualcuno "compagno, il suo è un atteggiamento da sabotatore della Rivoluzione", e potrà vedere il poveretto mettersi a tremare, già convinto di avere i servizi di sicurezza alle calcagne. Ho imparato anche tantissime espressioni nuove e le assicuro che non sempre è stato facile capirne il senso. Per esempio ci ho messo un po' di tempo prima di capire cos'era un membro della borghesia burocratica. Ali' inizio credevo che fosse una bella cosa e che bisognava farne parte per vivere bene, visto che alla radio si diceva che i borghesi burocratici sono individui che vanno ìn giro con macchine di lusso, che hanno tutti almeno una villa, un mare di soldi, ecc. ecc. A indurmi in errore è stato il fatto che, guardandomi intorno, vedevo che tutti .i nostri ministri, gli alti papaveri della politica, i membri del Comitato Centrale del nostro glorioso Partito, giravano tutti con macchine di lusso e aria condizionata, che le loro mogli e i figli per andare al mercato o a scuola non arrostivano al sole aspettando un autobus che arriva quando gli pare. Festeggiavano a champagne, preferendo le bevandç importate alle bibite locali, eccetera. Pensavo quindi che tutti i nostri dirigenti rivoluzionari erano dei membri della borghesia burocratica e aspiravo evidentemente anch'io a farne parte. Solo più tardi mi fu spiegato che far parte della borghesia burocratica è una brutta cosa. Alla fine, grazie alla mia intelligenza di cui ho già parlato prima, sono riuscito a risolvere facilmente codesto spinoso problema. Quando si è davanti a due persone, tutte due con macchine di lusso, ville di lusso e che entrambe bevono champagne ... il mio metodo infallibile è il seguente: colui che faparte del nostro Partito unico e storico d'avanguardia è un ''.alto responsabile" rivoluzionario e quella che possiede è solo la base materiale indispensabile allo svolgimento del suo compito; chi non è iscritto al Partito è invece un borghese burocratico e comprador, un sfruttatore del popolo che ha rubato al popolo tutto quello che possiede. ·A volte, certamente se ne sarà già accorto, tutte queste frasi, tutti questi slogan, tutte queste parole imparate a memoria, provocano un ingorgo tremendo nel mio cervello, ma tutto sommato è meglio un ingorgo seguito da un leggero mal di testa, che rinunciare a una promozione da 15.000 a 300.000 franchi al mese, non Le pare? Ma, sorpresa, fu nominato il nuovo direttore e non ero io! E neanche uno della ditta! Ci prendono veramente per imbecilli, glielo assicuro. Per mesi ci hanno raccontato che il nuovo direttore' sarebbe stato un operaio della fabbrica, esperto è rosso, ed 64 j ecco che ci rifilano-questo tizio perché, dicono, è un proletario visto che è figlio di contadini e membro del Partito. Cazzo, sono figlio di contadini anch'io! Siamo tutti figli e nipoti di contadini, in Africa! Ma badi, non deve pensare che ero geloso perché non ero stato nominato direttore, no, sono un uomo onesto, io, e dopo una breve delusione, ho analizzato la situazione e realizzato che il Partito aveva ragione e che quell'uomo era veramente esperto; non solo perché il nostro presidente lo conosceva benissimo ma anche perché proveniva dalla sua stessa etnia. E dunque non poteva che essere competente. Allora, per testimoniare la mia sincerità rivoluzionaria e dimostrare che non avevo rancore, eccomi lì alle sette e trenta, per assistere alla cerimonia della sua investitura che non sarebbe cominciata prima delle nove. Ma mi accorgo che se Le ho a lungo parlato di me, non Le ho ancora parlato della cerimonia. Un evento storico perché, per segnare l'ingresso del nuovo direttore nelle sue nuove funzioni, e significare l'importanza attribuita dalla Rivoluzione al buon funzionamento delle nostre fabbriche, il presidente della Repubblica, oltre che presidente del Comitato Centrale del Partito, presidente del consiglio dei Ministri, capo delle Forze Armate, ecc ... teneva a essere presente di persona, davanti a tutte le forze vive della nazione. Furono i professori ad arrivare per primi. Personalmente non ho capito se fanno o no parte della borghesia commodora, voglio dire èompradora, ma c'erano tutti, con la. toga blu e porpora e il tocco in testa. Sembravano uccelli imbalsamati. Sono persone che ho sempre ammirato ma che adesso ammiro un po' di meno da quando si sono lasciati insultare pubblicamente da un rappresentante degli studenti che, all'inaugurazione solenne dell'anno accademico, li ha trattati nel suo discorso ufficiale da membri di una classe propizia alle idee e attività reazionarie e borghesi. E nessuno di loro aveva osato reagire. Ormai i nostri professori sono diventati come tutti gli altri, caporalizzati, e ripetono gli slogan come noi operai e contadini, anche loro difendono la pagnotta. Ma attenzione, ora che sto per diventare rosso anch'io li giudico con .meno severità poiché ho capito che per scalare con successo l'arduo cammino del rossore, bisogna innanzitutto rendersi incolore. Dunque i professori, toccati e togati, stavano in piedi sotto il cocente sole tropicale; non erano previste sedie per loro, poiché le poche poltrone disposte all'ombra erano riservate alle alte personalità. Dopo fu la volta degli operai che arrivarono in pullman messi a disposizione dallo Stato in quanto erano loro le forze vive della nazione, i proletari, coloro che fanno le rivoluzioni - e, a scanso di equivoci, chiariamo subito che io stesso mi considero un operaio. Poi ecco le donne e il loro movimento rivoluzionario, le pompe funebri e l'associazione delle pompe funebri rivoluzionarie ... insomma tutto ciò che si suole chiamare le forze vive della nazione. Nel frattempo si erano fatte le dieci un quarto. La cerimonia avrebbe dovuto cominciare alle nove pr~cise, ma sapete com' è, in Africa, il tempo è sempre in anticipo, e anche se corriamo, ci sta sempre davanti lo stesso. Gli operai, stanchi, si erano sparpagliati sull'erba, all'ombra delle palme e delle ravenàli che ornavano la piazza; i pompisti funebri e rivoluzionari si erano rifugiati nei loro furgoncini neri. Ognuno in qualche modo era riuscito a

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