Linea d'ombra - anno VIII - n. 48 - aprile 1990

vantaianch'iodellemiegemelle)- "Ah, cosaleattende!Cosale ho generatea fare?Quel tanghero!Quel burocrate!Quel topoda ufficio!,Divorziare?Ah ah! - risataamara- E di chevivo?Sul marciapi~e? La prostituzione?Ilpoteredeldenaro,lapauperizzazionedelproletariato...". Schioccaiafflitto la lingua.Leimi scrutavaintenta,colvoltoaddolorato: "Hai, occhipieni di talento!". Mi confusi e feci una spaventosissimaghigna, storcendogli occhi versolaradicedel naso.Lei nemmenosorrise. "Lo so,caro,lo so: anchepeqe è dura...". ''Zap zarap,hopzaza!", gridaiio,battendomi sullecosce,e proposi:"Megliofottersi,Julecka!". Julijapensò chepermedovevaessereveramentemoltodura,seminascondevo dietroquesteparolevolgarieblasfeme,emisussurròteneramente:. "Nonbisognafarecosì...".Lechiesiperdono."Nonècolpatua...", scuotevala testa."Sì?Edichièlacolpa?". "Delsistema"."Ah, sì", misovvenni o."Tuperòseiunarivoluzionaria!"."Maanchetu sei un rivoluzionario!". "lo non sonoun rivoluzionarioper niente!", dissi io cupo."Rivoluzionario!Rivoluzionario!Sei un rivoluzionario ancorapiù di tutti gli altri! Hai sfidato la tua classe!". Mi accarezzavasulla guancia: "Immagino il loro odio per te!". Mi strinsinellenude spallee involontariamenteborbottaifra i denti: "Reciproco". Conchegioiabattélemani!Com'eragenuinalasuaesultanza! Mi strappòil lenzuolo di dosso e prese a cospargermidi baci. "Reciproco!",gridavaJulija, baciandomi,"Reciproco!Reciproco! Reciproco". Julijagridavasemprepiù forte.Le chiesi se non componesse STORII/IROFEEV per casoversi.Lei gridò:"Sì! Sì!". Mi rallegrai della mia sagacia e gridaianch'iò. Tu gridavi,e anch'io gridavo.Gridammofortee a lungo.Nonpotevo assolutamentesmetteredi gridare,anchese Julijasi sforzavamolto.Lei ci provavasul serio,maquantopiù ci provava,tantopiùsivedevalasuainesperienza. lo gridavopensan- _doa Fedorcon stupore.L'avevoconsideratounuomocompetente, e eccoche cosa venivafuori, invece:mancoun po'! Pensavo: eccoveloqui,Fedor!E sivantavapergiunta,quell'alcolizzato! Ma a quelpuntolei gridòcosì fortechemi dimenticaidi Fedore non potevopensarepiù a nulla, salvocome far smetterequestegrida indecenti.Ci eravamoperfinoarrochiti;non era più un grido;un · latratoarrochitobensì, eppurecontinuavamolo stessoa gridare conquantaforzaavevamoincorpo,discutendoeargomentandoinsieme. lo gridavoche ero stancodi gridare,ma che non riuscivo assolutamentea smettere,comelalocomotivaa vaporedellastrada ferratadella mia infanzia,mentre lei gridava che era ora che la smettessidi gridare, che mandassi tutto al diavolo,maledicessi tuttoquelvanoaffaccendarsie me ne andassilontanoincontroai pianetidel miooroscopo,mentreio gridavoin rispostad'accordo con lei, e così finimmoa gridareche saremmostati fedeli 1uno ali' altrofinoalla tomba,nelperiododellavergognosaputre(aziqne, e oltre,fino al GiudizioUniversale,e anchedopo, se ci'fosse statopermesso,saremostati inseparabili.Dal sentimentoselvaggiodell'eternitàmi vennetuttofuoricome in unafuga,e io urlai il Teatro di saltimbanchi o Mosca negli anni Dieci (arch. Diaframma/Sytco). 53

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