Linea d'ombra - anno VIII - n. 48 - aprile 1990

OORII/IROFIIY Arrivammoa casa. Inzacéherata dal fangodcli' ult:iniodisgelo, d'un rosso provocante, la mia automobile congelava nel vento. . "Ah! Ah!'.',presi adesclamareio, frugandonelletasche.Le spiegai che avevo lasciato di sopra le chiavi della macchina."Vi aspetto qui", rispose Julija. "Come volete! Tanto ormai vi siete tutta intirizzitanel vento...". "Non è nelle mie regole turbare la pace dellefamigliealtrui alle duedi notte", dichiaròJulijaconalterigia. Ilmomentoera delicato.MiamoglieDoroteja,conambeduelemie bionde bambine, pernottava ospite di mia suocera.Dire che loro . eranoa casa, o dire che nonc'erano, era comunqueuna stonatura. Nel trattodi strada dal fanalefinoa Berdjaevilproblemami aveva preoccupato,bastò la reazionedi Julija per distogliermene."Del resto,ecco...", si confuse,continuòtuttaviasenzatimidezza:"Non mi permettereste di usare il vostro cesso?". "Che domanda!", esclamiio, dentrodi me esultandoe glorificandoil nichilismoche le avevaoffertolapossibilitàunicadi dichiararecosìspavaldafnente il suobisogno. "Ma certo, nel nome di Dio!". L'ascènsore a specchi ci sollevò senza scosse finoal piano. · Accesala luce nell'ingresso portai il dito alle labbrae, accennandoallafamiglia,feci: "Tssssss!". Julijami gettòlapellicciasul braccioe, osservandomi con una certa perplessità (quasi sapesse che, oltrea noi, non c'era nessuno!),in punta di piedi,cercandodi non batterecoi tacchi sul parquet, si diresse verso il bagno, da lei chiamatoalla manierarivoluzionariacesso. Sapete,Conte,in quel momentonon era brutta, eh eh, non era bruttaper niente,anche se non dovete pensare che a quel punto io fossi particolarmente affascinato.Devoriconoscereche,mentresiaggiravafurtivaper il corridoio, io nemmeno lo sapevo bene, cosa ne avrei fatto di lei. Voi, probabilmente, mi chiederete per quale mai capriccio io l'abbia costretta a passeggiare in punta di piedi. Adesso ve lo spiego.Mi preoccupavodi non farla sentire a disagio,non volevo che si innervosissefindallasogliae, soddisfattoil bisogno,formulassefebbrilipianidi fuga.Diocene salvi,magarile saltavain testa di barricarsi!A mio modo io sono un umanista, Conte, sì, a mio modo!... Non appena la serratura le schioccò dietro io più non c'ero, nell'ingresso, al mio posto, c'era un'enorme trepido Orecchio, grande come una foglia di banano, e non si lasciava sfuggire il menomo suono che di là giungesse.Ascoltavo il frusciodel suo vestito,da lei gettatoper ariaconincantevolemovimentoistintivo, come sbatteredi ciglia, ascoltavoi tacchi scricchiolaresullemattonelleallaricerca di un equilibrioper il corpo inclinatoin avanti, e sentii, fino a formicolarne, il freddo del sedile cui aderiva · l'impasto della carne, e la vidi con gli zigomi poggiati sui 'palmi premerele dita contro le tempie (lo scintilliodello zaffirodi poco prezzo),con sguardodirettonon, come vorrebbeil clichéconsueto, ·a vagare con insensata concentrazione lungo le mattonelle picchiettatedi rossociliegiaper tracciarvidecorazioniinesistenti... il suo sguardovola bensì dalla frangetta fino alla lampadinasulla parete-quella imbrattatadi verniceall'ultima imbiancatura,che non riescoa pulire perché il braccio non mi ci arriva,e allora così resterà, a bruciare fino in fondo senza venire pulita... - quando ecco uno zampillo teso, impaziente, colpisce la vile ceramica, e picchiamolto,molto a lungo sempre nello stessopunto... Ma basta! basta! bastacosì!Come spiegarlea vQi,Conte, a voi tutoredell'ordineerappresentantedell'ideastatale,tuttelesfumaS2 ture romantichedellascuolanaturale?Ah,nelmiglioredei casi voi aggrottereste disgustato la fronte!... Tuttalpiù, per un colpo di fortuna,toccheràaunoscaltrotedescoscorrereconocchiosaponaceo le carte di cancelleria da voi affidategli, incappare nei miei reconditientusiasmie altrettantoreconditamentecondividerli,per scuotere con accoramento la testa sulle vostre note a margine: "Maniaco!Psicopatico!Pervertito!"- stupiràcostuidell'ottusità d'animo dell'epoca dell'antico regime. In breve, fu vero godimentoquello che ottenni vedendomela tornare furtiva, in punta di pedi nel corridoio, con la stessa aria teppista,lasciandosialle spalle l'agitazione delleacque e i gemiti dei tubi-cosa cheaffliggesmisuraù!ffientequestaviolatricedella pace notturna (come se non sapesse che siamo soli!); in breve, l'attesi spaventosamenteagitato, in preda a un giramentodi testa, col sangue che mi batteva nelle tempie, fino a che non m'ebbe raggiuntofurtivanel corridoio,mentre io continuavoa reggerle la pellicciasul braccio, e lei mi fece con smorfiaaccattivante:"Son pronta". Ah,quellozampillo! È statolui a preservarmida temporeggiamvnti,bevutedi té, discorsisulle sorti dellapoesia.Lui mi ha dato risolutezza."Sei pronta a cosa?", chiesi beffardo. L'abito di moire si scosse. Lei cercò di alzarsi, ma io le schiacciavo le dita col pesante stivaletto. Le stavo sopra·con cappotto e cappello, la sciarpa mi pendeva fino alle ginocchia. "Come osate?", sibilò lei. "Creatura fetente! Cagna vogliosa!", dissi io. "Vi odio! Vi denuncio alla polizia!". "A te bisogna staffilarti,prenderti a legnatebisogna!", dicevo io. "Ma voi siete controlaviolenza...", balbettavaJulija.Sulvisoleemerseroi segni delle mie cinque dita. Come salsicciotti. Mi piegai su Julija e m'attaccai alla sua bocca scarlatta. Com'era? E cosa pensereste, generale?Che mi abbiamorso?Che abbia strettoi denti?Che sia piombatain una crisi epilettica?M'attaccò le bracciaal collo con straordinarioardore. C'era di che trionfaredella vittoria. Il seguito,sembrava,non sarebbestato interessante. Riprese fiato, si tolse gli stivali e il resto. Le portai un po' d'acqua e ci mettemmoa parlare.Aveva tuttocomesi deve,Julija: un'età balzachiana,unmaritonon amato e, naturalmente,privo di talento,che non condividevale sue idee, nonamavané la musica, né la rivoluzione,né la poesia. "Pensa, non sa neppure chi è Kruglickij".Si trovavaproprioall'inizio di quell'agonia che avrebbe infuriatoper altri vent'anni, facendole bruciare le guance per il freddo,l'isteria, la febbre,estenuandola sventuratadonna di sete per unpizzicodi luminal,spremendone,gocciadopogoccia, tutte leforzeepatetichedebolezzefemminili,finchénonsarebbeappas-• sita,non si sarebbeannerita,non avrebbe tiratoin quantodonna le cuoia, - e una vecchietta nera nera, secca secca, con passo sommessosarebbeentratanel tempiodi Dioper farsi perdonarea furia di preghiere i peccati di una bambola pneumatica con la freneticadomanda:comesipuòvivérecosì? come?come?"Sì, sì", dicevo io, "non so...". "Questo mondo borghese! questa sazietà! questaottusità!questapavidità!"."Sì, sì", dicevoio, "come vivere?"."Questoinselvatichimento!questaubriachezza!questasporcizia!questa cafonaggine!'\ "Sì, sì", dicevo io, "una maialaggine spaventosa...". "E una ragazza?Cosa l'attende? lo ne ho due!" - (Si mise a frugare nella borsetta per prendere le fotografie; mi

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