CONFRONTI condizioni più degradanti. Infatti non di pietà o di commiserazione hanno bisogno le prostitute, come chiunque altro, ma di libertà. Ed ecco perché ogni tanto si può parlare dal posto giusto nel modo giusto, anche di prostituzione. In alcuni casi, infatti, quelli che toccano così a fondo la condizione umana, certe posizioni di etica evangelica (chi è senza peccato ecc.) e certe posizioni di etica letteraria sembrano stranamente coincidere. Duras ctie dice: "io", che dà la sua stessa voce alla piccola quindicenne di Saigon e al fantasma di prostituzione che l'accompagna senza dominarla completamente, diventa capace di parlarne in modo degno ed è· accolta (almeno perun poco) nell'invisibile comunità umana che, scrivendo e leggendo, libera ed è a sua volta liberai:a, che non è sconvolta dalla rappresentazione del male perché c'è dentro, non la guarda farisaicamente come l'altro e, nello stesso tempo, ha voce e forza sufficienti per non soccombere e non farci soccombere (almeno per un poco). CaseChiuse. L'autobiografiadella Merlin Giulio Angioni In una contingenza in cui c'è chi ripropone la pena di morte e la reistituzione delle case chiuse, l'invito alla rilettura del Beccaria s'impone quanto la lettura di un libriccino che è da qualche settimana in libreria. Per quelli della mia generazione, probabilmente anche per le donne, più o meno adolescenti alla fine degli anni Cinquanta, e forse un poco ancora per quelli di oggi, venire a sapere che cos'è la Legge Merlin è stato un momento notevole della propria iniziazione alla vita che diciamo sessuale: coincideva con la scoperta che esistevano cose come i lupanari, legalmente regolati e sorvegliati da uno Stato che oggi il senso comune medio bolla per questo come sfacciatamente maschilista, quando non come lenone e tenutario. Così quel nome, Merlin, si associa a una zona oscura della nostra vita privata di uomini e di donne prima ancora che della vita pubblica, e ha finito per non servire quasi più a indicare una persona viva e vera, che ha vissuto e si è data da fare con una tenacia non comune, tanto da restare legata forse indissolubilmente al problema della prostituzione come vergogna sociale, e dunque al serio e al faceto (e fu moltissimo anche il faceto, dall'avanspettacolo ai film di Totò) di questa più che decennale vicenda della vita civile del nostro dopoguerra. Ma ecco ora una sua breve autobiografia (Lina Merlin, La mia vita, Giunti Astrea) arriva per lo meno a farci curiosi di come e quanto invece Angelina Merlin (1887-1979) sia stata un personaggio, una donna tenace e di grande dignità, tutt'altro che "femminilmente" ligia e succube di leggi e ordinamenti vecchi e nuovi, bensì sovvertitrice, fin da giovanissima, fin da quando è una delle poche donne italiane militanti socialiste, e poi via via quàndo nel Partito socialista italiano militerà a lungo, attraverso il fascismo, la guerra e la lotta partigiana condotta a Milano, fino al momento in cui se ne disgusta, dopo la prima esperienza di governo di centro-sinistra, abbandona sdegnosamente la vita pubblica e il partito, che non giudicava più cosa degna della vita che aveva cercato di condurre da antifascista e poi da costituente e da parlamentare, eletta nella sua patria di elezione, il Polesine sfortunato, da cui proveniva il marito, Dante Gallani, fervente antifascista e perseguitato dalle squadracce. Non so se questo a me succede perché sono sardo, ma, insieme con la sua lunga e vittoriosa battaglia contro le case chiuse, io trovo che in questa autobiografia il momento più alto eumano, non solo nella parabola della sua vita, ma anche dal punto di vista del racconto, sia quello del confino come antifascista, confino che la Merlin definisce spesso come 20 LinaMerlin. esilio, perché Mussolini l'ha sbattuta in Sardegna, aDorgali, poi a Orune e infine a Nuoro, per cinque anni, che si è fatti quasi tutti senza accettare sconti e sottomissioni. E così anche la nostra futura paladina della dignità delle donne rafforza il suo carattere come tanti altri antifascisti, e come molti confinati scopre un'umanità prima insospettata, nei luoglù periferici di soggiorno coatto: le tranquille e fattive donne di Dorgali, gli· irruenti orunesi, la borghesia colta nuorese (tra cui l'antifascista "ingegner Giacobbe", del quale tiene "fra le braccial'ultirnanata, oggi celebre scrittrice", cioè la Maria Giacobbe del Diario di una maestrina), e i costumi del luogo: "In quel dialetto latineggiante sentii la forza di una civiltà che non era morta, ma doveva, chissà quando, vincere la barbarie di cui troppi italiani erano schiavi" (p. 42). Altro che "zona delinquente", di cui ancora ai suoi tempi si andava fovoleggiandoper laBarbagiasarda. Ma a proposito di confino, non vorrei sbagliarmi, ma non mi pare che siano state numerose le donne confinate dal fascismo. E dunque il caso della Merlin, almeno per la sua rarità, meriterebbe attenzione. Non è certo, questa, un'autobiografia con pregi letterari, se non quelli preliminari della rapidità e della semplicità. Più efficaci e curati, a tratti belli, sono invece i discorsi parlamentari per la famosa legge n. 75/1958, riportati in appendice. Nell'autobiografia poi la Merlin si pensa e si rappresenta quasi solo come persona pubblica. Il suo modo di pensarsi donna impegnata è per lo più quello dell'eroina indomita, secondo un cliché femminile forse un po' troppo prefemminista, anche se probabilmente era quello il modello di femminismo più avanzato da noi ai suoi tempi. L'autrice vi si dipinge e vi appare come donna volitiva, perfino caparbia, di un'onestà e di una coerenza a non pochi francamente antipatiche, se è vero che, come scrive Elena Marinucci nell 'introduzione, non si ritrova quasi mai, in chi-!'ha conosciuta, una "completa e serena solidarietà verso un personaggio che era certamente scomodo", e se nemmeno dopo tanto tempo, ormai quasi ottantenne, al momento in cui scrive la sua breve autobiografia, risparmia frecciate a destra e a manca, puntigliosa, soprattutto ai suoi còmpagni di partito. Breve, troppo breve è infatti questa storia della sua vita, sebbene chiara e precisa nelle cose che ricorda. Tanto breve che ogni pagina è un invito a cercare di saperne di più. Insomma, si nota specialmente l'assenza del "privato": un'assenza dovuta forse anche al fatto che una coscienza lucida e serena di tutto il positivo della differenza femminile non era ancora cosa dei suoi tempi, nemmeno in una donna come lei, così orgogliosa della sua femminilità, che ha contribuito, probabilmente più di qualunque altra donna italiana della seconda metà del secolo, a far maturare proprio questo tipo di -consapevolezze.
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