ILCONTESTO Medicina e pazienti Storia di bidoni Giorgio Bert È un paziente come tanti. Un uomo di cinquant'anni, apparentemente in buone condizioni fisiche, robusto, colorito. Ha una cascina e parecchie giornate di terrenonell 'astigiano e ha lavorato dieci ore al giorno e più, con moglie e figli, fino a un paio di anni fa. Adesso non può più: pressione alta e turbe coronariche ben evidenti all'elettrocardiogramma sconsigliano attività pesanti e faticose;'per fortuna i figli sono rimasti in campagna, ma lui si sente infelice, poco utile, tanto più che si cura con attenzione e non ha grandi disturbi. Sospetto che lavori più di quanto non mi dica; comunque va e viene in bicicletta senza problemi. Quando l'ho visto la prima volta, appunto due anni fa, ho consigliato una serie di esami clinici approfonditi; il medico curante però non ha preso la cosa troppo sul serio,,epoi lui avrebbe dovuto andare avanti e indietro dalla città, mettersi in lista d'attesa, o peggio, ricoverarsi; insomma, non se n'è fatto niente, e dopo un po' anch'io ho finito per accettare la situazione, limitandomi al trattamento medico tradizionale. Adesso però mi chiedo: se lui fosse stato non dico un medico o un dirigente FIAT, ma semplicemente uno che abita in città, a due passi da cliniche e da ospedali attrezzati; se il medico curante fosse stato un assistente ospedaliero o un docente universitario; se lui stesso fosse un appassionato lettore di riviste mediche, uno che non perde le rubriche televisive sulla salute ... se fosse stato, insomma, direttamente o indirettamente infarmato, il trattamento sarebbe stato lo stesso? • Il mese scorso ho visto il dinamico dirigente di una grande industria tessile: un uomo sui 45, lanciato versol'apice della carriera (direttore generale per il nord Europa). Mi ha detto che non veniva mai alla "mutua", ma che qualcuno di cui si fidava lo aveva consigliato di consultarmi, che insomma ero attendibile (per quanto può esserlo un medico, appunto, della "mutua"). Anamnesi, visita, elettrocardiogramma; conclusione: turbe coronariche, non molto dissimili da quelle dell'agricoltore di cui sopra. Anche a lui consiglio; con cautela, ulteriori esami e nel frattempo, riposo. Esclude quest'ultimo in modo tassativo: deve partire per un viaggio di affari che lo porterà in mezza Europa; quanto agli esami, li farà, senza dubbio. Logicamente non l'ho più visto alla "mutua". Il suomedico mi ha detto proprio ieri che si è subito messo in mano al direttore della cattedra cardiologica dell'università, ha fatto tutti gli esami in pochi giorni in clinica privata, e il mese prossimo sarà operato a Montecarlo (due by-pass), dove deve comunque andare per motivi di lavoro. Stesso problema, due risposte diverse. Perché? Qualche anno fa era tutto più semplice: mettevamo ogni diseguaglianza in conto alla nequizia della classe dominante, alla medicina del capitale, alle diverse possibilità economiche; erava-. mo convinti, allora, che un servizio sanitariÒ nazionale, permettendo a tutti quanti l'accesso alle prestazioni, avrebbe ridotto, se non annullato, le differenze tra i cittadini. Forse sarei ancora fermo a questa analisi alquanto superficiale, se non avessi abbandonato l'università e la politica sanitaria per tornare a fare il medico normale per gente normale. Posso così constatare ogni giorno che le differenze tra i cittadini esistono ancora, e anzi si approfondiscono, ma non dividono più con tanta chiarezza le classi sociali e i ·livelli di reddito; almeno non qui, nel nord industriale. La scelta, se di scelta si può parlare, sembra oggi · essere tra l'impiego diagnostico e terapeutico delle alte tecnologie biomediche e una medicina "dolce", personalizzata, non eccessivamente scientifica, che può anche associarsi con pratiche terapeutiche parallele. Scelta più urbana la prima, più diffusa in provincia e nelle aree rurali la seconda. La differenza tra i due gruppi sembra essere legata non tanto al reddito quanto ali' abitudine e alla possibilità di ricercare e di ricevere informazioni, oltre che alla maggiore o minore vicinanza a centri altamente specializzati. Né è da trascurare una certa diffusa cultura di tipo ecologico o igienistico, spesso più immaginaria che approfondita. Ora, sarebbe bello e riposante pensare che non d\ diseguaglianze si tratti, ma di scelte differenti collegate a contrapposte visioni del mondo; si dà però il caso eh~ spesso le alte tecnologie possano rendere la vita più gradevole e talvolta più lunga, e che la definizione di una diagnosi, di una prognosi o di un trattamento richieda spesso indagini e analisi approfondite. La rinuncia a un intervento corretto e preciso in nome di una medicina meno -aggressiva e più "naturale" può portare non a una morte anticipata (che può anche essere una scelta accettabile) ma a una lunga e angosciosa invalidità. ·L'ignoranza non permette di operare scelte, né al paziente bé al medico. Nella pratica clinica non siamo chiamati a decidere tra principi astratti del tipo "alta o bassa tecnologia", "medicina dolce o aggressiva", e simili: il paziente infatti ha la curiosa abitudine di chiederci che cosa è meglio per lui, per la sua salute, non cosa è meglio in assoluto. Lasciarlo solo davanti a una scelta impossibile non significa riconoscerlo come soggetto libero e autonomo: significa semplicemente abbandonarlo, ingannarlo, Foto di Giovanni Giovannetti (G Nc,i). ,9
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