Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

CINEMA cinema che narri il nuovo in maniera nuova. Che rigeneri il modo, la forma, i toni del narrare. Soltanto allora sarà avviata una vera rinascita. Ma come fare? E soprattut~ ora, in un momento in cui tutti si affannano a dirci che il cinema è morto, eda un pezzo. Che, se pure esiste ancora, è in Africa, o magari in Portogallo, ma non in Italia, per carità. Oppure che è esistito fino a Rossellini, e non dopo. Che ormai comunque la televisione l'ha ucciso, prima di essere a sua volta uccisa dalla pubblicità. Sarà. Io non ci credo. Forse perché ancora conservo-lacapacità di entusiasmarmi e di commuovermi di fronte a un film. Perché non vedo altra maniera oltre al cinema per raccontare storie che in nessun altro modo sarebbe possibile narrare. Per tutto questo, penso non solo che il cinema viva, ma che esista addirittura un nuovo continente per il cinema, piuttosto lontano da quello che conosciamo. · Un continente ancora da scoprire, presumibilmente enorme, molto distante dalle coste delle vecchie terre che abitiamo. Già da tempo lo si può immaginare, ipotizzare, persino intravedere. Si sono potuti scorgere segni della sua esistenza in scene o sequenze di questo o quel film. (Arizona junior, Qualcosa di travolgente, Velluto blu, Brazil, e soprattutto il bellissimo Il marito e la figlia di Tamara Aleksandrovna, e tanti altri che sarebbe troppo lungo elencare.) Questi frammenti di cinema a venire, spinti dalle onde sulle nostre rive, ci indicano in che direzione andare. Esattamente là dove la vista si perde. Oltre l'oceano che abbiamo di fronte.- Traversare questo oceano non sarà né facile né indolore. Certo, sono sempre di più quelli che sanno manovrare le vele e muovere le navi. Ma, tranne rru:eeccezioni, si è finora navigato lungo la costa, per brevi e medi tragitti. Adesso si tratta di affròntare il mare aperto. Per. farlo c'è bisogno che si verifichino molti eventi concomitanti, e tutti fortunati. Ci vuole un vento favorevole, in primo luogo. E quello c'è. Soffia forte, e già da un pezzo. È la necessità. Necessità, come ho già detto, di narrare per rnezzo del cinema storie che in qualsiasi altro modo ci sarebbe impossibile anche solo immaginare. Non ·tutti lo avvertono, questo vento. Molti si sono convinti che tutto sia già stato raccontato e che non ci sia più nulla da dire. E in effetti forse non hanno da dire nulla. Ma il ·vento soffia. E porta sapori di insoddisfazione e di inquietudine che raccoglie passando sopra il vecchio continente del cinema prima di disperdersi in mare. Proprio là dove dobbiamo spingerci. Per affrontare l'oceano occorrono però buone navi (buone storie) e buoni equipaggi. È un'ovvietà tale che quasi-sarebbe inutile scriverla, se non fosse che invece per più di quindici anni molti si sono ostinati a staccarsi dalle rive non possedendo nemmeno le cognizioni tecniche elementari, in assenza di sceneggiatura e anche di senno, che a volte - molto raramente - può supplire alla mancanza di quella. Gli infiniti disastri che sono seguiti dovrebbero aver insegnato qualcosa. Invece non sembra, perché fa di nuovo capolino una tendenza a spingersi al largo con la prima imbarcazione che capita, mentre invece trovare una buona nave può richiedere anni di tempo, e di certo fatica. Servono poi armatori (produttori) che diano d~nari per approntare le caravelle. Sono drammaticamente pochi in Italia, ma qualcuno c'è. E altri arriveranno appena giungerà la notizia che un nuovo continente è stato avvistato. A maggior ragione è quindi importante salpare appena -possibile. Cosa manca ancora per partire? La rotta, e cioè_la forma del racconto. Abbiamo sì una direzione, abbiamo bussola, sestante e 88_ teodolite, ma non la rotta esatta. E senza di essa nell'oceano è molto facile perdersi. Nessuno, oggi, è in grado di tracciare questa rotta con precisione. Sicuramente, anzi, ne esisterà più di una possibile. Tutte però porteranno al nuovo continente. Verranno trovate, come è sempre accaduto, sperimentando e facendo. Perché per fortuna nel cinema non ci sono mai risposte certe. Ha vita breve ogi:iiideologia, ogni teoria. Mentre invece è il riflettere sulla pratica che conta, il trarre da essa le regole. Il che non vuol dire muoversi a casaccio. Anzi. Bisogna partire - da ipotesi (necessità narrative) precise. Bisogna lavorare con complici che le condividano totalmente. Con strumentazioni tanto più delicate in quanto devono afferrare un oggetto evanescente. Con modi di ricerca che vanno continuamente aggiornati perché questo oggetto in continuazione si modifica. Perché scrivere queste banalità? Perché non sono ancora diventate tali. E perché servono a tènere il mare, anche quando c'è burrasca. Se queste banalità sono chiare, allora si può finalmente salpare. In considerazione però del viaggio lungo e difficile che ci si aspetta consiglierei di fermarci un attimo, mentre siamo ancora in prossimità delle rive, e di sbarcare i malati. Già, perché tra l'equipaggio c'è qualcuno che è colpito da morbi insidiosi. Che si curi a terra. Ci sarebbe solo d'impaccio in alto mare. C'è ad esempio una nuova malattia che attacca soprattutto ipiù anziani (di mente, non di età) e che si manifesta con continue lamentele, mugugni, piagnistei. Chi ne è affetto, invece di dare una mano a governare la nave, perde tempo a rimpiangere la passata gloria del cinema, il suo sconfinato spazio narrativo invaso dalla televisione prima e dalla pubblicità poi. Spossato da simili malinconie, il malato si ficca in mente che non c'è futuro per il cinema. Si rintana in un angolo e in breve cade vittima dell'accidia più nera che, ·se non combattuta con efficacia, spesso gli è fatale. . È inutile ricordare al paziente che in realtà la televisione ha conquistato soltanto delle aree narrative in cui il cinema aveva dovuto spingersi per attirare un pubblico più facile. Zavorra quindi, che è stato un bene perdere. A _nullaserve dirgli che gli spot - uno solo dei quali può costare la metà d'un film a low budget - non hanno nulla da insegnarci se non la sintesi, la preziosità del tempo, cose cioè che il cinema ha scoperto da un pezzo. È fiato sprecato insomma tentare di fare capire al paziente che

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==