Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

CINEMA Non le sceneggiatrici, per carità ... Ma il "pubblico femminile" che, così come "l'elettorato femminile", 11"target femminile", .ecc. ecc., guarda un po', va di moda. Il vecchio slogan "Siamo più della metà" è diventato: "Sono più della metà"! ... E, quindi, tutti a caccia dì questo pubblico, quello çhe finisèe per -a, o per -ice. Ecco il boom delle scrittrici, delle donne candidate nelle liste elettorali, delle immagini pubblicitarie con manager efficienti femmi\iili e consumiste. E nel calderone ci siamo finite anche noi. In televisione le protagoniste degli sceneggiati sono loro, le donne. Storie d'amore, di emancipazione, di successo personale e pubbliço. A scriver~ queste storie, è evidente, vengono chian)ate esclusivamente sceneggiatrici. E a girarle delle registe donne. Il . "pacchetto" è già fatto: sei storie di donne scritte realizzate e (ovviamente) interpretate da donne ... Polemica? ... Un-po'. Soprattutto quando ci rendiamo conto che questo pacchetto è precostituito: devi scrivere quello, e non altro. Perché se tu, in quanto -ice, vai bene per la serie sulle donne, non puoi certo pretendere di essere anche considerata per quel tuo strano soggetto che parla, pensa un po', di mafia, o di ingegn~ria genetica, o di un uomo chè vive e pensa come un uomo... · Com~nque, polemica a parte, le sceneggiatrici ci sono, e neanche così poche come si dice. Non sarebbe male, forse, provare· a contare quante siamo, oggi, in Italia. Magari per . incontrarci tutte insieme a parlare di immagine, di comunicazione, di idee. E vedere se è vero, poi, che il "pubblico femminile" si identifica solo in storie d'amore a liieto fine. Cpntinuiamo l'analisi del titolo. "Oggi". Fine degli anni '80 e inizio dei '90. Dieci anni al 2000. Be', non male come periodo da raccontare. Volendo collocare nel tempo una storia non c'è che l'imbarazzo della scelta: tutto il passato, per esempio, il XX0 secolo ... Sì, ma poi sarebbe un film in costume ... Già gli anni '60, lo sanno bene gli scenografi e i costumisti, creano non poehi problemi di ricostruzione. Allora il futuro, quello di dopodomani. Come sarà il mondo nel 2000? ... Forse poco diverso da questo, forse non ci sarà più ... Ma per raccontarlo in un film ci vuole fantasia. E il 2000, per definizione, è fantascienza. Sì, certo: anche la storia di una città annientata dall'inquinamento e ançhe quella di quei signori ctie passano la giornata sul lettino dello psicanalista: fantascienza. Lasciatela fare agli' americani, che queste cose le fanno meglio! Non resta che raccontare il presente. Meno male! ... È il nostro campo: storie attuali, vere, realistiche. Storie di gente come noi, che vive come noi, che pensa come noi. Costa meno, e ci piace di più. Però, mi raccomando: niente tristezze, niente droga, basta con l 'Aids, per piacere non parlate di' politica e non voglio neanche sentire parlare di diversità, omosessualità, barboni e poveracci! Ma c'è l'emergenza ambientale ... -Sì, va bene. Un argomento che 'tira'. Certo, è già stato fatto quasi tutto dagli americani... Però, se magari dentro c'è anche una bella storia d'amore e poi qualche battuta che fa ridere, allora.,. Ecco: "Oggi". Di nuovo la polemica. Ma anche qualcosa che , si muove. Noi ci crediamo che è possibile, oggi, scrivere storie belle e vere. Ci crediamo e ci proviamo, e in tanti incominciano anche a riuscirci. In questo, per fortuna, ci aiuta il mercàto: pochi film e a basso costo. E quindi ambientati qui, oggi. 'tanta TV per un pubblico 'pigro'; che non è scemo e sa riconoscere un protagonista vero da un manichino costruito. Noi ci crediamo, e continuiamo, quando è possibile, a raccontare storie che parlano della gente e del mondo. Il che ci portaall 'analisi dell'ultima parte del titolo: "in Italia". Dove il cinema esiste da sempre, gli autori nascono da sempre, e le storie si sono sempre .raccontate. Dove, anche, il controllo dell'informazione è ormai totale, dove la TV ha occupato tutto lo spazio d~lla comunicazione e anche quello della fantasia, dove scrivere per immagini significa sempre di più scrivere per quella scatola magica. E dove solo una cosa sembra non cambiare mai: • il mito dell'America, non tanto di Hollywood quanto dei grandi Networks televisivi, dei 'serial' interminabili che il pubblico· adora, dei telefilm, dei TV-movies, delle tele-novelas, dèlle sitcom ... . Aiuto!. .. Ma questo è un altro mestiere!... Noi volevamo scrivere delle storie, non contare il minutaggio, valutare i costi di produzione, disegnare gli story-bo~ds... . ' Ecco. Polemica a parte. Dopo un:attenta analisi del titolo possiamo affermare che sì, noi lo siamo: "gi9vani sceneggiatrici, oggi, in Italia . Per chiudere, rapidamente; le proposte per poterlo essere davvero, con meno polemica e più serenità. Una sola, che forse raccoglie tutte le altre: la voglia e la possibilità di pensare. Se possibile collettivamente, parlando di tutto questo, con degli strumenti che lo permettano e che non si limitino al telefono, alle cene, alle feste: Forse una rivista, forse dei luoghi fisici d 'incontro. O forse più semplicemente un dialogo spontaneo che non abbia il terrore della competizione, della polemica, delle "correnti" di pensiero. Essere sceneggiatori; oggi, in Italia, giovani o no, donne o no, vuol dire soprattutto riuscire a fare dei film belli, coraggiosi, importanti per chi li scrive, per chi li realizza e per chi li va a vedere. VERSOLEINDIEOCCIDENTALI Franco Bernini Da qualche tempo il cinema italiano è tornato a raccontare storie. ·Per molti anni, troppo a lungo, si era dedicato quasi esclusivamente a balbettare in varia forma autobiografie (tra l'altro per nulla interessanti'), a tentare esangui esperimenti formali di sconcertante debolezza, a mettere in scena le chiacchierate fatte in famiglia e con lo psicanalista. Questo - naturalmente e per fortuna - con le dovute eccezioni. Da un po' si respira invece aria nuova. Si è riscoperta la necessità del racconto. Si è di nuovo capito che le nostre &torie debbon9 nascere dalla nostra realtà, da questo paese, dall'oggi. Dal fatto che esiste, come è noto, un "mondo grande e terribile" che bisognerà pure imparare a conoscere. Ma non solo. Si è compreso anche - ed era tempo - che saper narrare non è impresa che si improvvisi. Che ha bisogno di talento, perizia, costanza, fatica. · _ Si avverte di nuovo, addirittura, un'esigenza di ll)Oralità nel racconto, di un narrare civile, rispettoso della gente, non freddo, non indifferente, non accattivante, non facile. C'è stato, insomma, un accenno di ripresa. Ha prodotto qualche buon film, non ancora una tendenza irreversibile, robusta, vittoriosa. E già infatti ci sono segnali di un ritorno a film tli sola · regia (un errore che speravamo superato). E già, purtroppo, i ·mestieranti hanno fiutato il vento: oggi tutti dicono che bisogna raccontare bene, raccontare la realtà, anche gente per cui la realtà coincide con il perimetro della propria stanzetta o della propria villa, anche g~nte che non ha la benché minima idea di cinema. . Esiste una sola maniera per sbaragliare questi convergenti pencoli: fare bene, andare avanti. Ora che sappiamo che cosa raccontare, dobbiamo risolvere il problema del come: trovare un 87

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