di quella lingua che non ammette dubbi ·su se stessa? Cassandra giunge a quella lingua in presenza di fatti compiuti; ma Christa Wolfha inventato questa Cassandra per poter contrastare questa compiutezza, scrivendo senza disperazione. Ora, se da una parte la lettura dei testi di saggistica e pubblicistica può meglio chiarire questi e altri processi di superamento di crisi, se può più esattamente far comprendere in che modo Christa Wolf abbia continuato con estrema consapevolezza a rielaborare l'assunto della sua scrittura anche attraverso esperienze sconvolgenti, nondimeno questi testi rive-· lano quasi sempre la presenza di elementi incoraggianti, stimolanti, che hanno favorito una produttiva conoscenza di sé. Pur nella sua negatività l'affermazione (çhe nel 1976n7 dev'essere stata amara) secondo la quale ella, assieme ad altri, "non servivji più" come elemento di collaborazione sociale (E'rojektionsraum Romantik), comprova infatti qualcosa di molto "positivo", e cioè il fatto che fino ad allora (anche questo è implicito ip. quell'affermazione) non si era mai data una situazione in cui lei avesse seriamente avuto la sensazione di essere semplicemente "ricacciata nella letteratura". Christa Wolf non è mai stata costretta infatti a considerarsi un'isolata, una "outsider". Nonostante tutti i contrasti, nonos.tante le molte reazioni di rifiuto.D'altro clintQanche questa amara constatazione del 1977 assunse ben presto un valore relativo. Già nel 1979, nella conversazione con Wilfried Schoeller ("Io tendo comunque a·una certa esagerazione") riuscì a esprimersi con queste autorevoli parole:" ...anche da noi ci sono contraddizioni talvolta laceranti, che possono sembrare senza via d'uscita. Ma esiste la possibilità di prendere posizione nei loro confronti. Non ho quasi mai la sensazione di una situazione improduttiva": Più tardi, nel 1983, il chiarimento riassuntivo:" ...non ho·mai avuto da lamentarmi della mancanza di risonanza. Perciò non mi sono mai sentita isolata neppurè in periodi in cui il mio nome non veniva pronunciato in pubblico" (Da un dibattit~ alla Ohio State University). E sempre più chiaramente si è creato un effetto di risonanza anche su scala internazionale, unito a una crescita di autorità, manifestatasi anche per il fatto che Christa Wolf è stata sempre.più considerata un'istanza morale. Tuttavia, come si legge al proposito nell'intervista del 1983: ".J.,a consapevolezza di essere un• autorità' scompare totalmente davanti a ogni nuovo soggetto; ogni volta si ripresenta lo stesso dubbio: se ne sarò ali' altezza. Come se non avessi mai scritto". (Per la pubblicazione di Kassandra). Ma a parte questo, per Christa Wolf il problema della comunicazione; anche nei momenti di depressione, non è mai stato paragonabile a quello di Kleist o della Giinderodè. E il saggio sulla Giinderode (Der SchatteneinesTraums-L'ombradi un sogno )è stato scritto, naturalmente, anche conoscendo la qualità di questa differenza. Certo,·la tensione di fondo, dolorosa, è rimasta Ancora una volta questa antinomia:"! produttori di valori materiali e i produttori di valori intellettuali si fronteggiano, reciprocamente estranei, da sponde opposte, impediti a creare comuni conèii:iioni di vivibilità". Ma vivere un'esistenza capaèe di incidere, nel segno della volontà di umana completezza, questa possibilità (per Christa Wolf) è raggiungibile solo imponeI1dola alla situazione attuale: ralternativa menzionata in riferimento alla Giinderode,' non è quella davanti alla quale si trova la saggista. Ma il "mistero" di quella incisività che ha saputo non solo conservarsi, ma rafforzarsi di libro in libro, si fonda essenzialmente su quel concetto di una scrittura individualizzata, che da un lato ha conferito ai suoi · lavori una costante consolidata, ma dall'altro implica anche un grande senso di apertura. La costante è il cp.iaro carattere individuale che contrassegna tutta la sua produzione scritta: quell"'autenticità soggettiva" che ha l'effetto di creare fiducia (dove quest'effetto può essere così totale perché Christa Wolf, nel suo rifiuto di ogni standardizzazione, non è mai arrivata a esprimersi in maniera "ermetica"; a volte è stata definìSAGGI/LEISTNER ta rigorista, ma se si considera il suo modo di scrivere, non lo è affatto). L'apertura è costituita invece dalla riflessione sulla progressiva esperienza dell'io e del mondo, e con ciò dal processo di un mai concluso con- .fronto ali' interno dello spazio e del tempo, dal quale la sua produzione scritta ricéve il suo oggetto dinamico, che si "attualizza" incessantemente. InChrista Wolf l 'avviopertalescritturasiè elaborato certamente nel corso degli anÌli; e la sua relazione alla seconda B itterfelder Konferenz (1964) lascia intravvedere che a quell'epoca le era come minimo già chiara la necessità di liberarsi dalle convenzioni artistiche più di quando lavorava a Der geteiùe Himmel (Il cielo diviso). Certo allora fu lo sconvolgente contatto con la prosa di Ingeborg Bachmann a divenire per lei rivelatore e decisivo a un tempo; il saggio Die zumutbare Wahrheit, del f966, è a questo proposito molto eloquente, persino nel tono e nella formulazione:"Accingendosi a leggere questa prosa, non bisogna aspettarsi delle storie, oppure d~lle trame. Non ci si devono attendere informazioni su avvenimenti, figu;e come si intendono comunemente né affermazioni categoriche. Si sentirà una voce: audace e dolorosa. Una voce che si esprime secondo verità, cioè $ullabase della propria esperienza; che parla di cose certe e incerte. E che secondo verità tace, quando viene a mancare". Si evidenzia qui un coinvolgimento che.ha avuto al tempo stesso un effetto di liberazione da norme letterarie interiorizzate, a favore delle quali era schierata l'autorità di Lukacs; e ha impresso alla struttura e allo stile del saggio un andamento non categorico. E la saggista è stata condotta verso questa col)cezione anche da ciò che nei lavori di lngeborg Bachmann era in grado di provocare, in modo così catartico, questo suo atteggiamento: "Massima soggettività, ma nessuna traccia di arbitrio, nemmeno quello della pietà e dell' esaltazione, solo una carica di autenticità". L rapporto con l'opera di lngeborg Bachmann ha fatto sen.tire i suoi sensibili effetti anche nel lavoro a Nachdenken uber Christa T. E dopo la sua conclusione Christa Wolf scrisse ancora il saggio Lesen und Schreiben, un testo programmatico nel quale coniuga una prosa soggettivamente coinvolta ( e che, di consèguenza, respinge il modello strutturale tipico del romanzo) con le esigenze oggettive dello sviluppo della so~ cietà socialista. E questo testo che documenta teoricamente un processo di presa di coscienza su se stessi, ha rappresentato (come giàNachdenken uber Christa T.) una reàzione alla consapevolezza che la nuova situazione esistente nella RDT minacciava di passare sopra l'individuo e che la grande prospettivà storica sarebbe rimasta aperta sol~ se questo _individuo, in modo deciso e consapevole, fosse uscito dal proprio ruolo di oggetto. Lo scrivere in prosa è dunque concepito come un terreno ideale in cui il farsi soggetto può essere sperimentato in relazione alla società. Questo elemento che tanto aveva impressionato nelle opere di Ingeborg Bachmann, viene assunto e integrato con la sua concezione storica ed artistica. · Le brevi prose raccolte nel volume Unter den Linden (Sotto i tigli) (scritte tra il 1969 e il 1972) partivano da questi presupposti di scrittura. Certo, in esse si evidenzia anche la spinta di due questioni vitali, appena accennate nel sagg.io Lesen und Schreiben. La prima aveva nece·ssariarnente come oggetto una comunicazione che stava diventando sempre più difficile. Nel 1974 compare infatti un testo su Anna Seghers, Fortgesetzter Versuch, lavoro in cui Christa Wolf accennava per la prima volta a quell'elemento di divisione che non poteva più ignorare:'.'Il suo tempo scorre in modo diversa, le riferisct}esempi diversi, destini più conclusi. Ella non solo ha visto una realtà diversa: anche il modo in cui l'ha vista è diverso. In parecchi suoi libri è evidente un 'istanza pedagogica.( ...) Essere misurati: e chi non lo vorrebbe? Ella ha trovato la sua misura, in un modo che forse ha sorpreso lei stessa Non si potrà chiamare( ...) 'nobile semplicità e serena grandezza'. Ma ha come base indubitabili e indubitate certezze". 73
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