Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

LA SCRlffURA COME AUTOESPERIMENTO Bernd Leistner traduzione di Palma Severi Esistono autori poco inclini a una riflessione pubblica sulla loro attività artistica. E quando vi sono costretti, le loro osservazioni restano spesso piuttosto casuali e si rivelano stranamente inadeguate alla loro "opera". Questo non è il caso di Christa Wolf. Anzi, per lei si può addirittura parlare di una tendenza a eliminare ogni demarcazione; ed è significativo che, insieme alla prima pubblicazione del racconto Cassandra, l'autrice abbia presentato anche le Lezioni di Francoforte. Ella sentiva i due testi fortemente connessi tra loro: le Lezioni le p~evano un correlativo necessario a ciò che veniva espresso nel racconto. Secondo la stessa Christa Wolf esso è caratterizzato da una "compattezza" che la struttura delle Lezioni aiuta a rompere. Ed è giunta ad affermare "che le Lezioni e il racconto, insieme, costituiscono un unico prodotto estetico" (Urspriinge des Erziihlens - Le origini della narrazione. Conversazione con Jaqueline Grenz). Ma nella Quarta Lezione di Francoforte si legge:"Un poeta colto e intelligente ha detto di non capirmi; perché non voglio più riconoscere l' autorità dei generi letterari? Essi sono in effetti l'espressione oggettiva di leggi filtrate attraverso un lavoro di secoli, valide per l'arte e sulla base delle quali possiamo riconoscere e valutare l'arte stessa ..." Autorità dei generi tradizionali? Pro.r.io di quei generi chiaramente legati a una concezione che inequivocabilmente ha condotto agli attuali dilemmi? Perché proprio di questo si tratta: il pensiero estetico, non diversamente da tutto il pensiero occidentale, ha battuto la "via della separazione" e dell '"analisi", e quindi la via della "rinuncia alla molteplicità dei fenomeni in favore del dualismo, del monismo, in favore di concezioni del mondo e di sistemi chiusi, la via della rinuncia alla soggettività in favore di una oggéttività consolidata." Mentre ciò che importa è proprio che le esperienze reali, i riflessi autentici di una vita consapevolmente vissuta non vengano più soffocati nell "'arte"; anzi, ogni scrittura deve essere immediata rivelazione dell'io, non estraniata dalle regole di un'estetica strumentale. È in questo modo che, come già a suo tempo per i teorici pre-roman- · lici, si relativizzano per Christa Wolf anche i confini fra narrativa, saggistica e pubblicistica. Naturalmente le è chiaro che si tratta di differenti forme di comunicazione; che ciascuna di esse apre specifiche possibilità di organizzazione dèl discorso. Ma l'uso che fa di tali forme indica cluaramente il suo desiderio di comunicare di sé, "fino in fondo". E ciò che si legge negli Essays und Aufsiitze, Reden und Gespriiche (Saggi e Studi, Discorsi e Conversazioni) è tutt'altro che "accessorio". Fa parte di quella "sperimentazione di se stessi" (Warum schreiben Sie? -Perché scrive?) che costituisce la biografia di Christa Wolfcome scrittrice. Ovviamente non tutte le dichiarazioni pubbliche dell'Autrice hanno pari importanza; anche lei ha fatto e fa occasionalmente dichiarazioni senza pretese. E la raccolta di testi presentata nei due volumi del1'Aufbau- Verlag contiene alcunepaginedasfogliaremolto rapidamente. Ma è proprio questa ra~olta, curata da Angela Drescher, a far sorgere un problema. Il suo difetto è infatti quello di non avere carattere di documento, nè di offrire una scelta operata secondo criteri ben individuabili. Il primo aspetto può essere rispettabile, può essere anzi considerato sensato. Ma se non vi è stata alcuna ricerca di completezza, suscita meraviglia il fatto che siano stati presi in considerazione testi di così scarso rilievo come ad esempio il Discorso per il XV Anniversario della RDT o la miscellanea Abgebrochene Romane del 1965, o anche il Discorso di Ringraziamento per il conferimento del Premio Fontane (1972). In SAGGI/LEISTNER compenso però mancano le importanti Lezioni di Francoforte (la Prima, la Seconda e la Terza)! Né d'altronde sono comprensibili, in quanto privi di commento, i criteri con cui si sono scelte le edizioni dei testi: una volta il testo segue la prima edizione; una volta il "manoscritto" (anche in casi in cui esso è stato pubblicato); un'altra volta si fa nuovamente riferimento a raccolte già uscite (Lesen und Schreiben; Fortgesetzter Versuch, Ins Ungebundene gehet eine Sehnsucht ). Infine, una nota come quella che indica il testo Krankheit und Liebesentzug come non ancora pubblicato, fornisce un 'informazione semplicemente errata: esso è stato infatti pubblicato per la prima volta in NDL, 10/1986. Dai problemi di edizione (e ne abbiamo menzionati solo alcuni) sorge, non meno importante, la questione del ruolo avuto dall'Autrice nell'impostazione dei due volumì. Nel senso ehe quést'edizione non ci permette di appurare con certezza, sulla base di una sua scelta, in quali testi l'Autrice al momento si "riconosca" esplicitamente, a quali ella attribuisca valore contingente, quali siano per lei rimasti fondamentali. D'altra parte le opere di saggistica e di pubblicistica testimoniano che Christa Wolf è sempre stata estranea a pause di riflessione sulla sua opera (nel senso di una selezione retrospettiva). Anzi, i testi in questione rivelano una consapevolezza sempre tormentosa e incalzante, come di qualcosa rimasto in sospeso, un continuo sforzo di riflessione "in progress"; e ciò che è stato prodotto ha importanza solo in quanto mette in moto qualcosa, spinge verso cose nuove. Nel 1983, nel corso di una discussione all'Ohio State University, Christa Wolf disse: "Ho l'impressione di essere appena all'inizio. Non è una civetteria: penso veramente di non aver realizzato ancora la mia opera più importante." Affermazione molto tipica del suo atteggiamento intellettuale e artistico. Ed è certo in stretta relazione con questo atteggiamento se Christa Wolfè sempre rimasta un'autrice "scomoda", se con ogni nuovo libro ha c0mpiuto un 'uscita stimolante, se ha continuato, attraverso i decenni, a rimanere letterariamente innovativa. È da questa sua disposizione che trae fondamento la grande vitalità intellettuale di Christa Wolf, che si evidenzia in tutte le forme di comunicazione. Sembra opportuno sottolinearlo con chiarezza, proprio perché troppo spesso si parla del fondo elegiaco dei testi di Christa Wolf, della sua vulnerabile sensibilità, del suo malinconico fantasticare. Certo, nulla da eccepire: chi rileva questi tratti non fa un'osservazione errata. Solo che non dovrebbero essere estrapolati dal loro contesto. E se lo stile di Christa Wolf è realmente caratterizzato da una riflessività intensamente consapevole e problematica, essa è chiaramènte al servizio di quel grande impegno umano decisamente orientato a contrastare l' alienazione, a prevenire di essere alienati: in lei è sempre rimasta viva lavolontà di lavorare all'ideale di farsi soggetto. Un impulso straordinariamente vitale ha prodotto infatti personaggi come Christa T., come la Gilnderode in Nessun luogo, da nessuna parte, come Cassandra; personaggi che, riflettendo, travalicano la loro esistenza contingente; essi non sono affatto concepiti come "falliti", e in diverse interviste l'Autrice stessa si è opposta più volte a una simile interpretazione. Ma questo impulso si rivela appieno, perché in modo più diretto, solo nei testi di saggistica e pubblicistica. Impulso perseguito peraltro con una incredibile costanza: nel 1965 Christa Wolf propugnò un genere di letteratura capace di "risvegliare alla vita le anime morte, di dar loro coraggiosa fiducia in se stesse, nei loro sogni spesso inconsci, nei loro inconsci desideri e capacità." (Einiges ii.bermeine Arbeit als Schriftsteller - A proposito della mia attività di scrittrice). Nel 1978 disse che la letteratura deve esprimere una sensibilità rispetto alla vita e al mondo, tale che aiuti il lettore a farsi soggetto, a trovare se stesso, ne rafforzi le aspirazioni creative e lo sostenga nello sviluppo di quella che, con parola fuori moda, chiamiamo "persona- · lità:'. (Arbeitsbedingungen • Condizioni di lavoro. Intervista di Richard 71

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