non deve esistere. Certamente, egli ha fatto ciò infondendo negli uomini lo spirito, che trasforma la materia. Al paralitico di Cafarnao ha detto per prima cosa: ti sono rimessi i tuoi peccati; e, dopo, alzati, prendi il tuo letto e cammina. Egli ha operato dall'interno verso l'esterno. Ha creato uomini nuovi, per creare un mondo nuovo. Da questo punto di vista, la sociadelmocrazia dei nostri giorni ha ancora moltissimo da imparare da Gesù. Deve arrivare a capire che abbiamo bisogno di uomini del futuro, per arrivare a uno stato del futuro, e non viceversa. Ma essa ha in comune con Gesù l'obiettivo. La socialdemocrazia ha fatto sua l'ideà che la miseria sociale non deve esistere con una energia che non si era più vista dai tempi di Gesù. Essa ci stimola ad abbandonare l'adorazione ipocrita e inerte dello spirito e quell 'inutile cristianesimo che si prefigge solo di "guadagnare il paradiso". Essa ci dice che dobbiamo credere sul serio in ciò che diciamo ogni giorno, quando preghiamo: venga il tuo regno! Con il suo "materialismo" essa ci annuncia una parola che non è stata detta direttamente da Gesù e che però deriva dal suo spirito, la parola che dice: le strade di Dio finiscono nella corporeità. All'àvvento del regno di Dio sulla terra si contrappone però un ostacolo, dice Gesù. E la socialdemocrazia risponde: certamente, e questo ostacolo è il capitalismo. Il capitalismo è infatti. quel sistema economico che rende il proletario proletario, cioè un salariato dipendente, mai sicuro della propria sorte. I mezzi necessari all'attività dell'impresa (capitale, fabbriche, macchine, materie prime) sono proprietà privata di un solo lavoratore, cioè del padrone o imprenditore. Gli altri lavoratori (gli "operai"), non possiedono altro che la propria forza lavoro, che essi cedono ali' imprenditore in cambio di un certo compenso, mentre la rendita netta del lavoro comune viene sommata al capitale, cioè alla proprietà privata dell'imprenditore. Il socialismo argomenta: è un'ingiustizia che un lavoratore venga compensato per le sue prestazioni in questo modo, mentre l'altro intasca l'intero vero guatagno del lavoro comune. È un'ingiustizia che uno possa diventare un distinto signore, aggiunga capitale al capitale, abiti in una bella casa e possa permettersi tutti i piaceri della vita, mentre l'altro deve vivere alla giornata, mettendo da parte, nel migliore di casi, qualche risparmio o restando, se ciò per qualche motivo non gli riesce, un "povero diavolo", che deve alla fine ricorrere alla beneficenza. Questa palese contraddizione, afferma il socialismo, costituisce il crimine perpretato quotidianamente del capitalismo. Pertanto, questo sistema economko deve essere rifiutato, deve essere rifiutata soprattutto la sua colonna portante, la proprietà privata, non la proprietà privata in generale, ma la proprietà privata dei mezzi di produzione. Il lavoro è collettivo, comune, e allo stesso modo deve diventare comune anche- la rendita che ne deriva. Inoltre, deve venir eliminata la concorrenza incontrollata tra i singoli produttori; lo stato, la collettività, devono diventare essi stessi produttori e perciò proprietari dei mezzi di produzione. Questo è, in poche parole, il contenuto della teoria anticapitalistica della socialdemocrazia. Dovremmo naturalmente cercare a lungo, prima di trovare una simile teoria, o anche semplicemente qualche cenno di essa, nei vangeli. Ma non è questo che vogliamo fare. Il sistema economico capitalista è un fenomeno moderno, e lo stesso vale per teoria SAGGI/BARTH / del socialismo che ad esso si contrappone. Ma questi fenomeni moderni ci pongono di fronte ad un problema che è antico quanto l'umanità, cioè quello della proprietà privata. Che posizione assume Gesù di fronte ad essa? Questa è una domanda che possiamo porci a.buon diritto, ed è da qui che possiamo dedurre anche la sua posizione nei confronti del capitalismo e del socialismo moderni. Anzitutto.chiediamoci di nuovo: che cosa dice la chiesa in proposito? E che cosa dice lo stato che, attraverso il sostegno offerto alle chiese-nazionali, si spaccia in certo senso per stato cristiano? In proposito possiamo notare che l'una e l'altro hanno posto a salvaguardia della proprietà privata ogni possibile difesa, presentandola come inviolabile e intangibile. A noi tutti è entrato più o meno nel sangue che ciò che è mio tale deve. restare. Il nostro diritto penale accorda alla proprietà privata una protezione di gran lunga superiore che non, ad esempio, al buon nome o alla moralità. Ciò che è mio è mio, e nessuno può contestarlo! I cristiani non si sono semplicemente assuefatti a questa tesi, nella convinzione che per ora le cose forse non possono ancora andare diversamente, ma si comportano come se si trattasse di una legge divina, e sono rimasti sconcertati davanti alla prospettiva avanzata della socialdemocrazia di eliminare in larga misura la proprietà e di trasformare il capitalìsmo privato in capitalismo sociale. Lo stupore potrebbe essere però di casa sull'altro fronte. Se lasciamo che le parole di Gesù dicano quello che veramente dicono, senza annacquarle o attenuarle,· vedremo che questo concetto: ciò che è mio è mio, esse lo condannano con una durezza che non ha l'eguale forse in tutta la letteratura socialista. Gesù è più socialista dei socialisti. Conoscete la frase: È più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli (Mt 19,24). Qualche acuto teologo ha scoperto che la "cruna d'ago" sarebbe in realtà non una cruna d'ago, ma il nome palestinese di una piccola porta delle mura di Gerusalemme. Attraverso questa porticina un cammello poteva passare a mala pena, e così un ricco potrebbe entrare a fatica nel regno dei cieli se, per il resto, si comporta bene. Ecco come si annacqua la Bibbia! No: 'la cruna d'ago resta cruna d'ago, e Gesù voleva dire veramente questa spiacevole cosa: Ufl ricco, un possidente, non entrano nel regno dei cieli. Conoscete la storia del ricco e del povero Lazzaro. Lì non si fa il minimo cenno al fatto che il ricco abbia compiuto qualche particolare malvagità e che per questo motivo sia stato destinato all'inferno e alla sofferénza. No, questa sua sorte è conseguenza del contrasto, della palese contraddizione che aveva segnato la sua vita, cioè del fatto che egli era ricco e fortunato, mentre Lazzaro era povero. E adesso lui viene consolato, mentre tu sei in mezzo ai tormenti (Le 16, 19-31). E non ci fa forse pensare al capitalismo moderno quello che ci viene raccontato del ricco (Le 12, 16-219) le cui tenute av~vano dato un tale raccolto che non aveva più posto dove riporlo, tanto che decise di demolire i propri magaz- · zini per costruirne di più grandi? D'altra parte, perché non avrebbe dovuto farlo? Ciò che aveva guadagnato era pur sempre sua proprietà, né ci viene detto nulla di negativo sul suo conto, se non che era soddisfatto di ciò che possedeva! Ciononostante la parabola prosegue così: stolto, questa notte stessa ti sarà richie45
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==