Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

SAGGI/BARTH · legame intrinseco tra Gesù e il socialismo e per cui, pur avendo la mia conferenza lo scopo di rendervi pienamente consapevoli di tale legame, ciò non ha nulla a che fare con la posizione che voi avete nei confronti della' chiesa. Può darsi che vi siate già resi conto del legame tra Gesù e il socialismo, di cui voglio parlare. Può darsi - e anzi ve lo auguro - che siate entrati in un rapporto personale, interiore, con quest'uomo, e che tuttavia continuiate a girare al largo dalla chiesa, anche da quella di Safenwil. La chiesa può assistervi, può aiutarvi nel vostro rapporto con Gesù, ma niente di più. Sono sempre esistiti uomini che se la sono cavata anche senza questo aiuto. Forse rientrate nel loro numero. Spesso la chiesa ha assolto male al proprio compito, e ciò vale senza dubbio anche per la nostra chiesa e per me. Per quel che concerne la chiesa, posso dunque dirvi soltanto questo: essa è qua, per porsi a vostro servizio; fate ciò che vi sembra giusto fare. La chiesa non è Gesù e Gesù non è la chiesa. Lo stesso vale JX<r la cosidetta ideologia cristiana. Se voi vi rendete conto del legame tra le vostre convinzioni socialiste e la persona df Gesù, e se volete impostare la vostra vita in armonia con questo legame, ciò non vuol dire affatto che dobbiate "credere", cioè accettare questa, quella e quest'altra cosa ancora. Quello che Gesù ha da offrirci non sono idee, ma un modo di vivere. Si può avere un'idea cristiana di Dio, del mondo, degli uomini e della loro redenzione, e con tutto ciò essere dei perfetti pagani. È possibile essere degli autentici seguaci e discepoli di Gesù essendo atei, materialisti, darwinisti. Gesù non è l'ideologia.cristiana, e l'ideologia cristiana nòn è Gesù. Posso dirvi tranquillamente che se io oggi cerco di suscitare il vostro interesse per Gesù, non penso con questo di accalappiarvi e di "convincervi" alle idee cristiane. Anzi, vi invito a lasciarle per una volta completamente da parte, e a concentrarvi sul solo argomento di cùi vogliamo parlare: cioè su quel ponte che unisce Gesù e il socialismo. L'obiettivo che vorrei raggiungere con la mia conferenza, stimati uditori, è semplicemente questo: che voi tutti possiate vedere questo ponte e, cerchiate di attraversarlo, chi verso l'una, chi verso l'altra sponda. Ma entriamo nel vivo della questione. Il socialismo è un movimento dal basso verso l'alto. Durante la discussione che è seguita alla mia ultima conferenza, qualcuno ha detto: "Noi siamo ìl partito dei poveri diavoli!". Se guardo a voi qui davanti a me, questa affermazione mi sembra un tantino esagerata; voi stessi non la prenderete troppo alla lettera. Ma sia io che voi ne comprendiamo il senso. Il socialismo è il movimento di coloro che non sono indipendenti sul piano economico, di coloro che in cambio di un salario lavorano per un altro, un estraneo; è il movimento del proletariato, come lo _sichiama sui libri. Il proletario non è necessariamente povero, ma nella sua es~tenza è necessariamente dipendente dalle possiblità economiche e dalla buona vo}ontà di · colui che gli dà il pane, il padrone della fabbrica. E qui che interviene il socialismo: esso è e vuole essere un movimento proletario. Esso vuole rendere indipendenti coloro che non Io sono, con tutte• le conseguenze che ciò può comportare per la loro esistenza materiale, morale e spiritwµe. Non possiamo sostenere che anche Gesù si sia impegnato precisamente su questo punto, già semplicemente per il fatto che 2000 42 anni fa non esisteva ancora un proletariato nel senso moderno del termine, non essendovi ancora le fabbriche. Tuttavia, chiunqué legga senza pregiudizi il Nuovo Testamento, dovrebbe restare colpito dal fatto che ciò che Gesù è stato, ha voluto, e ha ottenuto, considerato da un punto di vista umano, era esattamente un· movimento<iflbasso. Egli stesso proveniva da uno dei ceti più umili del popolo ebraico di quel tempo. Vi ricorderete certamente del racconto di Natale e della mangiatoia di Betlemme. Suo padre faceva il carpentiere in un angolo sperduto della Galilea, . e lo stesso mestiere ha fatto anche Gesù stesso, tranne che nei suoi ultimi anni di vita. Gesù non era un pastore, non era un parroco, era un operaio. Giunto al trentesimo anno di età, ha appeso al chiodo i suoi arnesi, e ha cominciato a girovagare da una località all'altra, perché aveva qualcosa da dire agli uomini. Ma anche allora la sua posizione è stata completamente diversa da quella di un pastore dei nostri giorni. Noi pastori dobbiamo essere a disposizione di tutti, d~chi sta in alto e di chi sta in basso, dei ricchi e dei poveri, e la nostra personalità spesso soffre di questa duplice faccia della nostra professione. Gesù si sentiva inviato ai poveri, agli umili: questo è uno dei dati più indiscutibili_ che ricaviamo dalla storia del vangelo. Il senso della sua attività si riassume in una frase, nella quale sentiamo ancora oggi ardere il fuoco di una autentica sensibilità sociale: Vedendo i,Ipopolo, si commosse, perché erano come pecore senza pastore (Mc 6,34). Talvolta leggiamo anche che gli si sono accompagnati dei· ricchi, ma se pure non si s6no tirati indietro, dopo un breve momento di entusiasmo, come il giovane ricco (Mt 19, 16-22) - e aveva le sue buone ragioni per farlo - costoro facevano parte della sua cerchia come ospiti, piuttosto che essere veramen_te legati a lui. Un esempio tipico in questo senso è offerto da quel ·Nicodemo (Gv 3, 1-2), "un capo dei Giudei", che si recl) da lui nottetempo. Certo, nelle _ultimesettimane di vita egli si è rivolto con il suo messaggio anche ai ricchi, alle persone colte: si è spostato dalla Galilea a Gerusalemme - ma sapete bene che questo tentativo s'è concluso con la croce, sul Golgota. Quello di cni era portatore era un lieto annuncio ai poveri, al popolo dei dipendenti e degli incolti: Beati voi, poveri, perché vostro è il regno dei cieli (Le 6,21). Il più piccolo tra tutti voi diventerà il più grande (Le 9,48). Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi diço che i loro angeli nel cielo vedono semprè la faccia del Padre mio che è nei cieli (Mt 18,10). Queste affermazioni non possono essere interpretate come parole consolatorie pronunciate da un filantropo éon tono di condiscendenza. Gesù ha affermato: Vostro è il regno dei cieli, e con questo ha inteso dire: rallegratevi di rientrare nel novero della gente minuta: voi siete più vicini alla salvezza degli altolocati e dei ricchi. Ti ringrazio, padre del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli (Mt 11, 25). Gesù stesso si è comportato in questo modo: egli ha scelto i suoi amici tra1 pescatori del lago di Galilea, tra i pubblicani al servizio dei Romani, sospettati.da tutti, addirittura tra le prostitute delle città di mare. Nella scelta dei propri compagni non si può scenderé verso il fondo della scala sociale più di quanto abbia fatto Gesù. Per lui, nessuno si trovava troppo in basso o contava troppo poco. Lo ripeto: non si trattava di una sussiegosa compassione dall'alto al basso, ma dell'espio-

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