Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

CONFRONTI I molti fascismi. le ·messe a punto di EnzoCollotti" MarcelloFlores La discussione sul fascismo, a quasi mezzo secolo dalla sua sconfitta, continua a interessare gli storici, e si arricchisce anzi di capitoli sempre più nuovi e polemici. Le recenti dispute che, tanto in Italia che in Germania, hanno accompagnato le sortite di alcuni storici e una revisione (a volte vera, più spesso presunta) di alcune acquisizioni della storiografia dei decenni passati, hanno evidentemente un aspetto politico e attuale che sarebbe stolto ignorare. Non a caso sono stati i mass media i grandi divutgatori di posizioni che avrebbero ben potuto restare chiuse nell'ambito delle accademie. Di tutte queste polemiche basteràricordare l'obiettivo e il risultato parzialmente raggiunto: quello di ridimensionare, sotto specie di un discorso più neutrale e spassionato di quelli del passato, il fascismo come fenomeno storico, di ricondurne colpe e nefandezze all ',interno delle magnifiche sorti dell'intero evo contemporaneo, di relativizzarne le responsabilità con un confronto - allusivo e accennato più che dimostrato - con le parallele atrocità compiute dallo stalinismo in nome del socialismo. Non è senza ragione, evidentemente, se questo dibattito riprende fiato adesso, alimentandosi di casi politici, di infortuni giornalistici, di architettate orchestrazioni editoriali, di quel1'ansia di protagonismo massmediologico che sembra ormai caratterizzare tanti comportamenti dei nostri moderni chierici. In ogni momemo di ripresa e di riaffermazione delle forze della conservazione e della reazione (che oggigiorno sono quelle che assecondano la più sfrenata e coerente evoluzione di una società squilibrata e votata alla perdita di qualsiasi autocoscienza), il bisogno di ridefinire la propria identità politica e culturale passa per una rivisitazione della storia e della passata identità collettiva. La retorica antifascista, che ha costituito in passato una moderata o acritica interpretazione del ruolo del fascismo ·nella storia del Novecento, e che ha spesso eluso i problemi più che sollecitarli, tanto nella versione liberal-cattolicache in quella socialcomunista, è stata un facile bersaglio per chi, presentandosi come revisionista, ha finito poi per proporre una storiografia tutta appiattita sulle fonti ufficiali e sulla dinamica istituzionale. Unastoriografiachedinuovohaavuto, in realtà, soltanto il successo tanto nelle accademie che nelle gazzette, sintomo di unaritrovata alleanza tra cultura e potere che negli anni Sessanta e Settanta sembrava essere stata messa in discussione. È con estremo favore, quindi, nel momento in cui la vulgaJa e il senso comune storiografico che dominano ormai anche presso larghi strati acculturati è quello acritico e riduttivista del presunto revisionismo storiografico, che si accoglie la comparsa di testi come quello di Enzo Collotti, Fascismo.fascismi (Sansoni, Firenze, pp. 220, lire20.000). Si tratta non già di un contributo alla storia dei fascismi, ma di una messa a punto del dibattito storiografico fatta tenendo conto delle esigenze e delle conoscenze di un pubblico che si presume già sollecitato ma non necessariamente informato. Il confronto con la storio.grafia, infatti, avviene di pari passo al ripercorrere imomenti salienti e significativi della realtà storica·, e all'indicazione dei nodi problematici di maggiore interesse. L'asse centrale attorno a cui ruota il lavoro di Collotti è il carattere internazionale del fascismo, il suo essere un fenomeno non già circoscritto nello spazio e nel tempo ma uno dei fenomeni caratterizzanti il XX secolo. Già questo approccio, di per sé non nuovo ma volutamente abbandonato dallastoriografiarevisionista, costituisce una controtendenza che non si limita mai, tuttavia, alla riproposizione di antiche interpretazioni; pur valorizzando tutto quanto si è detto in passato e disvelando così l'apparenza e la fallacia di molte osservazioni che si sono autorappresentate come nuove e dirompenti. Compito della storiografia attuale, per Collotti, dovrebbe essere la ricomposizione in un quadro unitario, ma tutt'altro che omogeneo e ripetitivo, delle molteplici esperienze che si sono rifatte al fascismo e che a quel fenomeno sono riconducibili per i tratti essenziali. La polemica contro chi rifiuta il fascismo come categoria ampia, come definizione e concetto generale, come fenomeno unitario pur se differenziato, permette aCollottidi evidenziare tanto le debolezze della scuola revisionista quanto i limiti che hanno accompagnato l'interpretazione marxista. È tuttavia contro coloro che hanno esasperato la specificità delle esperienze nazionali per ricondurre il fascismo a variante autoritaria passeggera di tendenze già esistenti e per decolpevolizzare l'adesione al regime di buona parte dei suoi stessi dirigenti che la precisa disamina di Collotti si fa preziosa e insistente, anche se a volte il richiamo a una necessaria moralità politica indispensabile ad affrontare questo argomento sembra lasciare unpo' in ombra la critica a quello storicismo antifascista che non ha pochi punti in comune con il neo storicismo a fascista. La ricerca di una interpretazione unificante, che valorizzi i contesti nazionali ed evidenzi le fisionomie sociali e culturali particolari, riuscendone! contempo a tracciare delle coordinate utili alla comprensione generale di un intero periodo storico caratterizzato in modo massiccio e non episodico dal fascismo, è obiettivo oggi alla portata degli storici, se solo si riuscis·se ad abbandonare una tendenza a ideologizzare I~ ricerca (sia puresottovestedi un apparente neutralismo antideologico) e a proporre categorie che spesso impediscono di contestualizzare il fenomeno fascista nelle coordinate economiche e istituzionali, sociali e culturali che gli furono proprie. L'altro elemento forte dell'opera di Collotti, e che costituisce se non una novità assoluta certo un'ottica raramente utilizzata, è quello di privilegiare lo studio degli esiti e dei risultati del fenomeno fascista, invece di soffermarsi a una definizione fondamentalmente argomentata sugli anni di nascita e fonnazione del fenomeno stesso. La contemporanea e intrecciata tendenza ,alla fascistizzazione dell'Europa e ali' europeizzazione del fascismo è infatti qualcosa che sfugge alla scuola revisionista, impegnata a sottolineare distanze e differenze e a fare di ogni caso nazionale un unicum non confrontabile con le altre esperienze ma solo, eventualmente, col totalitarismo bolscevico (incongruenzaconcettuale prima ancora che storiograficache Collotti stigmatizza con valide argomentazioni). È invece sul terreno della guerra, dell'espansione nazista, del tentativo riuscito almeno in parte per qualche tempo di imporre all'Europa un nuovo ordine, che!' analisi del fascismoconfcr23

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