Linea d'ombra - anno VIII - n. 47 - marzo 1990

MARZO1990 - NUMERO47 LIRE8.000 mensile di storie, immagini, discussioni e spettacolo

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BOLOGNA .llh ~. INTERNATIONAL SCHOOL llr OFTHEATREANTHROPOLOGY ISTA DIRETTORE: EUGENIO BARBA COMUNE DI BOLOGNA ASSESSORATO ALLA CULTURA ISTA BOLOGNA 1990 6• SESSIONE INTERNAZIONALE UNIVERSITÀDELTEATROEURASIANO tecniche della rappresentazione e storiografia BOLOGNA - 28 GIUGNO/18 LUGLIO 1990 ORGANIZZAZIONE: CENTRO TEATRALE SAN GEMINIANO MODENA - TEATRO RIDOTTO BOLOGNA

.. ~11 l~ITI Già pubblicati: Helga 1ovak Volava un uccello senza piume GIUNTI A Storia di una fattoria africana • Box-car Bertha • Firdaus • Misteri del chiostro napoletano • Piccoli contrattempi del vivere • Latte d'autunno • Viaggio nel buio • Lady Oracolo • Onnazai<a • Il lungo viaggio di Poppie Nongena • Mi chiamo Rigoberta Menchu • Aloma • Cittadina di seconda classe • Donne d'Algeri nei loro appartamenti • Storie di bimbe, di donne, di streghe • Inganni e incanti di Sophie Silber • Autoritratto di gruppo • Cara spudorata morte • La svergognata • Memorie di ·una figlia del popolo • L'età pericolosa • Il nuovo regno • In dicembre tornavano le brezze • L'inventario di Henriette Vogel • Manicomio primavera.

NataliaGinzburg SerencCiruz olaveragiustizia « Scrivo questo libro per testimoniare solidarietà alle persone a cui .sono stati strappati i bambini che esse avevano fino a quel giorno amato e accudito». «Gli strùzzi», pp. vn-96, L. ro ooo GiulianoScabia Incapqalmondo · La storia del violoncellista Lorenzo, innamorato di Irene, che è andato a suonare per gli occhi e gli-orecchi non solo degli uomini, fino in capo al mondo ... «Nuovi Coralli», pp. 69, L. 8500 AliceCeresa Bambine L'infanzia e l'adolescenza normali e · terribili di due sorelle. «Nuovi Coralli», pp. 115, L. 12 ooo Lau~encSeterne Lavitae leopinioni diTristramShand-y gentiluomo . « Tris tram Shandy è il Don Chisciatte della borghesia inglese del '700» (Carlo Levi). · Prefazione di Carlo Levi. Traduzione di Antonio Meo. «Gli struzzi», pp. x1v-603, L. 25 ooo Einaudi MarcelloArgilli GianniRodari Una biografia ricca di documenti inediti e testimonianze private dello scrittore piu letto e piu amato dai ragazzi. «Gli struzzi», pp. vm-161, L. 14 ooo JorgeSemprun Ilgrandeviaggio Durante sèi notti in un vagone merci dalla Francia a Buchenwald si svolge un viaggio lungo l'infanzia, l' adolescenza, la prigionia, la libt;razione. Traduzione di Gioi~ Zannino Angiolillo. _«Nuovi Coralli», PI;'·220, L.' 18 ooo Diarididamedicorte nell'anticoGiappone Uno spiraglio nel cuore della civiltà giapponese dall'vni alxn secolod. C. A cura di Giorgia Valensin. «Gli struz1i», pp. xx1-213, L 16 ooo NorthropFrye Shakespeare Novelezioni La personale riflessione di un grande critico sui drammi shakespeariani. Traduzione di Andrea Carosso. «Paperbacks», pp. v-201, L. 28 ooo Vincen.zDoiBenedetto Los~rittoiodiUgoFoscolo Il laboratorio del Foscolo dai classici ai contemporanei. Una ricostruzione nuova dell'itinerairo poetico dai Sonetti ai Sepolcri e alle Grazie. «Paperbacks», pp. xv-468, L. 36 ooo LudovicZoorzi L'attorel,aCommedia, . ildrammaturgo · Ruzante, la Commedia dell'Arte, ·Goldòni, Vivaldi nelle pagine di un · grande storico del teatro. «Saggi», pp. XII-340con 35 illustrazioni fuori te- · sto, L. 45 ooo .Maurizi.Coalvesi LerealtàdelCaravaggio La vita e l'opera del Caravaggio attraverso una lettura penetrante e innovativa. · «Saggi», pp. xxxv1-442 con 245 illustrazioni fuori testo, L. 80 ooo HansBelting Lafinedellastoriadell'arte olalibertàdell'arte ~ Gli storiéi dell'arte oggi devono accettare un modello storico ideato da altri oppure sottrarsi al compito di stabilirne uno nuovo ,per incapacità di identificarlo. Traduzione di Francesca Pomarici. «Nuovo Politecnico», pp. xv-98, L. 15 ooo · ArthurMiller Unaspecie . distoriad'amore . ealtrecommedié Quattro viaggi appassionati attraverso la maschera dell'illusione. A cura di Masolino d'Amico. «Gli struzzi», pp. 139, L. 16 ooo Ruzante LaPiovana Tra favola e spazio quotidiano le interminabili peripezie di un giovane innamorato. A cura di Ludovico Zorzi. Introduzione di Mario Baratto. «Collezione di teatro», pp. XXXI-194, L. 14 ooo MassimoL.Salvadori EuropaAmericaMar·xismo L'Europa fra vecchi e nuovi equilibri: dalla perduta centralità aJalta, fino alla questione tedesca. «Pbe», pp. xxn-277, L. 22 ooo

1 Direi/ore: Goffredo Fofi Direzione editoriale: Lia Sacerdote Collaboratori: Adelina Aletti, Chiara Allegra, . Enrico AUeva, Isabella Camera d'Afflitto, Giancarlo Ascari, Fabrizio Bagatti, Laura Balbo, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano · Benni, Alfonso Berardinelli, Paolo Bertinetti, Gianfranco Bettin, Francesco Binni, Lanfranco Binni, Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Franco Brioschi, Marisa Bulgheroni, Gianni Canova, Marisa Caramella, Cesare Cases, Roberto Cazzola, Grazia Cherchi, Francesco Ciafaloni, Luca Oerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Co~elli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Del Conte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Riccardo Duranti, Bnino Falcetto, Maria Ferretti, Marcello Flores, Giancarlo Gaeta, Fabio Gambaro, Roberto Gatti, Filippo Gentiloni, Piergiorgio Giacchè, Paolo Giovannetti, Bianca Guidetti Serra, Giovanni Jervis, Filippo La Porta, Gad Lemer, Stefano Levi della Torre, Marcello Lorrai, Maria Madema, Luigi Manconi, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Roberta Mazzanti, Paolo · Mereghetti, Santina Mobiglia, Diego Mormorio, Maria Nadotti, Antonello Negri, Maria Teresa Orsi, Pia Pera, Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Sandro Portelli, Fabrizia Ramondino, Marco Revelli, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Joaquin Sokolowicz, Piero Spila, Paola Splendore, Antonella Tarpino, • Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta, Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala Vivan; Gianni Volpi. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche iconoGrafiche: Barbara Galla Pubblicità: Miriam Corradi Esteri: Regina Hayon Cohen Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina'Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: Franco Cavallone, Natalia Del Conte, Elisabetta D'Erme, Giorgio Ferrari, Luigi Garzone, Carla Giannetta, Carla Gobetti, Enrico Lombardi, Grazia Neri, Elettra Ronchi, MarlcusWaldi, le case editrici É/0 e Enaudi, la libreria Popolare di via Tadino 18 a Milano. Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Te!. 02/6691132-6690931. 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Giovanni Jervis Santina Mobiglia Franco Sbarberi Robert Skidelsky Dopo la conta Perché solo il Pci dovrebbe cambiare nome? Con i Verdi, contro i Verdi ' Un racconto di Giulio Angioni; Il pesceéane Dal Salvador Gli studenti e le riforme Dentro l'università Un fax da Palermo Vitae opere a cura di Federico Varese Lanfranco Binrù Da Auschwitz a Tombouctou. Ritratto ·di Perec (a p.28) Giuseppe Anceschi Dossi (a p. 34); e AM. Costanza sull'ultimo Doctorow (a p. 22),. M. Flores su Fascismo, fascismi di Collotti (a p. 23), A. Negri in memoria di Eugenio Battisti (a p. 25), F. La Porta in memoria di Giorgio Caproni (à.p. 26), Promemoria (ap. 37), Gli autori di questo numero (ap. 95). . ,.,,,,.,IIIIIA..,.,., .,. , :, .,.,,,:.,,.,.,.,.,.,.,.,,,.,.,.,., ., .,.,.,.,.,.,., :.,.,.,.,.,.,.,.,,,.,.,.,.,. .,. . . . . . ... . ............ :: : :: : : : : : 49 55 55 57 63 66 69 71 75 51 .... José MariaArguedas Christoph Hein StefanHeym Helga Schubert Stephan Hermlin Christa Wolf Denton Welch Fang Lizhi Due poesie a cura di Natalia Giannoni Il muro. Scrittori d~lla DDR Viaggio notturno e matùno presto Il mio Richard Punto di vista. Due racconù Pon~e Comelius Realtà seguito da: La scrittura come autoesperimento di B. Leistner La pafola odiosa Tre scritù a cura di Emanuele Vinassa de Regny ::·::·:P.:GGI ..,..,.:..•:: .... ,.::•:•:•::•:,:❖::,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,.,,,.,:,:,:,:,.,.,.,.,.,,.,.,.,,.,,:,.,:,,,,,,:,.,:,:,:,:,:,,:,:,.,,,,:,:,,:,,.::-::•:•:::•:•-:•:• ..::.:::-::.::•::::•:•• ..·......:..:.:.:.,.,.,.:::.:::.:.:.::::.:,:.:.::::: 38 Karl Barth Crisùanesimo e socialismo a cura di Alberto Gallas :·:::~-~~••'~":.:,:,:,:,:,:,:,:,:.:,:,:,:,:,:,:::,:::,:,'.:::,:::,:•:,:,:::,:,r::::::,:::::::,::::::: ,,:, , ,.,,,. .,.,.,,:, , ; : :,,:,:,:,:,:,:,:,:,·,:,:,:,:,< CINEMA: ·Cinema italiano (II). Gli sceneggiatori ·80 Lorenzo Pellizzari Dell'esistenza degli.sceneggiatori 83 Furio Scarpelli Cosa imparare dal passato · 84 Stefano Rulli Quando muore la madre 86 R. Colombo, R. Mazzoni Giovani/ sceneggiatori/ oggi/ in Italia 87 Franco Bernini Verso le Indie Occidentali e Una nota di P. Mereghetti sul film di Fellini (a p. 90) TEATRO: 91 91 MUSICA: 93 Stefano De Matteis Salvo Randone Nevillè Brothers Il "caso" Randone Primattore Il sound della Big Easy a cura di Claudio Ag9stoni La copertina di questo numero è di Andrea Rauch!Graphiti.

IL CONTESTO Dopo la conta GadLerner W: Non avrebbe avuto senso attendersi un dibattito di livello teorico e politico elevato, dopo che nel novembre scorso Achille Occhetto si è proposto di far confluire il PCI in urui nuova formazione di sinistra non più comunista. Figuriamoci. Ci sono in ballo un apparato, un sistema di interessi consolidati, oltre che i sentimenti di centinaia di migliaia di militanti. E dunque era ovvio che le mozioni congressuali del "si" e del "no" volassero basso (impietoso, ad esempio, appare il confronto con l'impegnativo . "programma fondamentale" che negli stessi giorni la Spd approvava al suo congresso di Berlino), protese a rastrellare voti fra gli iscritti ben più che a sistematizzare le opzioni politiche contrapposte. Ne è derivata una suddivisione degli schieramenti per certi versi paradossale, tale da non sfuggire alla spiacevole impressione che spesso le scelte siano state casuali, se non addirittura di comodo. Fra i "no" troviamo dei "difensori dell'identità comunista" che quell'identità l'hanno già da tempo svenduta a poco prezzo in disonorevoli patteggiamenti parlamentari con i democristiani; nonché estimatori della "centralità della classe operaia" che da vent'anni a questa parte si distinguono per l'accanimento con cui osteggiano qualsiasi manifestazione di democrazia di base nel sindacato. Mentre fra i rinnovatori del "si" non mancano personaggi che avremmo visto meglio nel Politburo del Pcus ai tempi• di Breznev. . Salutiamo dunque con sollievo cl;le, finalmente, la grande conta del "si" e del "no" si concluda I' 11 marzo a Bologna. Sperando che dopo il referendum sia possibile ragionare, approfondire, verificare in che percentuale innovazione e trasformismo conyivano nella cosiddetta Costituente post-comunista. Cosa accadrà? Tutto è possibile. Può darsi che la sortita occhettiana si riveli l'elemento di accelerazione di una rapida crisi del partito comunista e del suo apparato, che altrimenti ci avrebbe messo molto tempo a dissolversi. Oppure che di lì prenda davvero avvio una nuova formazione di sinistra. O ancora che si determini la solita situazione di compromesso. Una soluzione probabile, quest'ultima, ma certamente la peggiore fra le tre, almeno per chi come noi ha smesso da tempo di illudersi che l'insediamento istituzionale e il peso d'apparato del Pci rappresentino un argine efficace in difesa delle condizioni di vita della povera gente. Quando si saranno placate le acque, sarà pure interessante riflettere sulla spaccatura traumatica che la svolta del segretario del Pci ha determinato nel campo degli intellettuali di sinistra (peraltro significativamente anticipata dalla polemica estiva sul togliattismo). Oggi è ancora troppo presto per scavare sotto la superficie di polemiche furibonde come quella fra gli ex amici Asor Rosa e Cacciari (col primo che singolarmente riscopre la continuità della propria milizia comunista, e il secondo che denuncia le miserie del marxismo ali' italiana). O per rispondere pacatamente a uno scatenato Fortini che pare ammucchiar~ nella categoria dei pentiti da disprezzarsi indistintamente tutti coloro che rifuggono il suo "orizzonte comunista" (dal che sarebbe lecito dedurre eh.e - per esempio - Fortini si senta più vicino ad Alessandro Natta che a quel "prete"-di don Ciotti ...). 4 Non è, questo, un atteggiamento che riguardi solo gli intellettuali, ma è fra di loro che più sistematicamente si trova. Di nuovo l'opzione ideologica comunista viene proposta come l'unica che di per sé preservi dall'omologazione al sistema. Sicché perfino la massiccia propensione delle sezioni del Pci delle grandi fabbriche . 'in favore del "si" al cambiamento, viene interpretata disinvoltamente come purO'e semplice prodotto della sconfitta operaia: perché non può darsi opzione anticapitalistica, opposizione ai padroni, ripresa di una solidarietà collettiva fra i salariati, se non nell'ambito dell'ideologia. · La sensazione è che come sempre lo scandalo per la profanazione dei sacri altari ·degli antenati abbia riguardato ben più la casta dei sacerdoti che non il popolo dei fedeli. Su quel che ne sarà del post-Pci oggi sarebbe stolto manifestare un ottimismo di maniera (così come sarebbe vile rifugiarsi nell'agnosticismo e nell'indifferenza). Ma la sensazione è che, comunque vada, si sia consumata una spaccatura salutare. Disegni di Daniele Meloni.

IL CONTESTO Perché solo il Pci dovrebbe cambiare nome? Luigi Robbio · Con la proposta di cambiare nome al proprio partito, Occhetto ha messo il dito su una piaga che non affligge soltanto né principalmente il Pci. Non c'è infatti nessun partito politico italiano che possa dirsi del tutto immune da quello scarto .tra il "nome" e la "cosa" dalla cui consapevolezza sta prendendo le mosse la contrastata rifondazione del partito comunista. Certamente il Pci ha qualche motivo in più d~li altri per cambiare e per farlo con grande urgenza. Un partito con dieci anni di declino elettorale alle spalle difficilmente può rimanere insensibile a una catastrofe, come quella del comunismo nell'est europeo, che lo riguarda così da vicino. Ma la svolta di Occhetto solleva anche, sia pure implicitamente, un problema di portata molto più generale; quello della legittimità delle attuali divisioni tra i partiti, o, in altri termini, quello del senso della attuale geografia politica italiana. Dopotutto il fatto che uno dei partiti storici italiani decida di cambiare il suo nom~ storico, abolendo una delle principali linee di frattura su cui si è fondato l'intero sistema politico italiano, non può non avere profonde ripercussioni sull'insieme. Ci si potrebbe allora chiedere se la mossa di Occhetto non dovrebbe essere interpretata solo come un'operazione interna, ma anche come un segnale rivolto all'esterno. Un potenziale suggerimento per tutti gli altri partiti italiani. In questo caso non dovremmo limitarci a domandarci se il Pci dovrebbe cambiar nome (come si sta effettivamente discutendo dentro quel partito), ma sarebbe piuttosto opportuno porre quest'altra domanda: "perché solo il Pci dovrebbe cambiarlo?". Nomi ormai senza cose Naturalmente non sono in discussione i nomi dei partiti in quanto tali. Su questo terreno l'ironia sarebbe fin troppo facile ed è stata già abbondantemente usata in questi mesi e non solo dai disegnatori satirici. Il gesuita Bartolomeo Sorge ha colto subjto la palla al balzo per invitare la Dc a rinunciare ali' aggettivo "cristiano". Sulla legittimità dell'uso del termine "socialista" di cui si fregia l'attuale Psi si sprecano da anni battute e contestazioni. Né si capisce perché insista a chiamarsi socialdemocratico un partito che non appare né particolarmente socialista né particolarmente democratico. E si potrebbe continuare. L'unico partito a cui non possono muoversi rimproveri di questo genere sembra essere quello repubblicano che, almeno, non ha mai manifestato particofari propensioni monarchiche. Ma non. è un gran merito, dal momento che è universalmente condiviso. Ma proprio qui sta il punto. Nessuno dei nomi storici dei partiti possiede ormai un valore connotativo preciso. Tutti gli attuali partiti hanno qualcosa di liberale, di socialista, di socialdemocratico e di cristiano. E forse anche qualcosa di comunista. Quarant'anni di convivenza nelle comuni istituzioni democratiche e di partecipazione a un gioco fortemente consociativo hanno finito per moltiplicare i prestiti, gli scambi e i trasformismi. C'è stato insomma un generale rimescolamento delle carte, da cui nessuno sembra essere sfuggito. Ma non sono solo le differenze ideologiche a essere diventate più sfuggenti. Anche i rispettivi insediamenti sociali, che per decenni hanno legittimato le distinzioni tra I~ forze politiche, appaiono ora meno differenziati. Certamente il Pci conta ancora un maggior seguito nelle fabbriche, la Dc nelle campagne, il Pii fra gli imprenditori. Ma i termini sono più sfumati. In una situazione sociale più complessa e più mobile è aumentata la contesa tra i partiti per assicurarsi il consenso degli elettori medi e centrali, di quelli che non hanno più o non hanno ancora un'appartenenza sociale precisa. La formazione politica che nell'ultimo decennio ha realizzato i maggiori successi ponendosi come ago della bilancia dell'intero sistema politico, è un partito (il Psi) che non ha alcun insediamento sociale definito. Anzi proprio questa circostanza lo ha reso più forte consentendogli una spregi udicatezzae una mobilità(la "modernità" del Psi) che ad altri partiti, più.radicati socialmente, era preclusa. Il problèma è che in Italia più che altrove, il sis~ema dei partiti ha conservato, in modo geloso, testardo e un po' avaro, tutte le fratture ideologiche e sociali che si sono via via determinate nel corso del tempo; anche quando esse avevano perso progressivamente te loro ragioni originarie. Una scheda elettorale italiana assomiglia più a un libro di storia, che a uno strumento per scegliere tra·politiche o valori diversi. Come in uno scavo archeologico, vi si possono osservare i sedimenti stratificati di fratture lontane di cui si è nel frattempo smarrito il senso. Si possono cogliere gli echi delle battaglie risorgimentali, della rivoluzione bolscevica, del ventennio fascista, della resistenza, della guerra fredda e perfino (sia pure in dosi minime) della contestazione del '68. Naturalmente non c'è niente di male in tutto questo: la storia ha i suoi diritti sul presente e nessuno desidererebbe vivere in un sistema politico senza radici. Ma queste radici; chiunque lo constata quotidianamente, hanno ormai un legame debolissimo con -le scelte che devono essere compiute nel presente. Non servono, se non in misura minima, per-orientare le forze politiche sui nodi effettivi che esse si trovano di fronte. La geografia dei partiti non corrisponde più alla geografia1 dei problemi e dei valori. Nessuna delle grandi discriminanti del passato, accuratamente conservata nell'attuale schieramento partitico, possiede una grande virtù discriminante nella situazione attuale. Non quella tra liberalismo e socialismo, ormai irrimediabilmente confusi ed equamente distribuiti fra tutti i partiti: nemmeno la rinascita neo-liberista degli anni Ottanta è riuscita in Italia a risuscitarla. Non quella tra fascismo e antifascismo che pur avendo tenuto a battesimo la nostra repubblica appare oggi scarsamente capace di mordere nella realtà (gli stessi missini sembrano di non saper più cosa farsene). E neppure quella, più antica e duratura, tra laici e cattolici: malgrado la forza crescente della chiesa in Italia e nel mondo, tale linea di frattura sembra riguardare soltanto alcune appartenenze forti, ma minoritarie e funziona da linea di discrimine solo per alcune battaglie (I 'aborto, l'ora di religione, le questioni legate alla morale sessuale). S,ututte le altre i laici e i cattolici si dividono al loro interno esattamente allo stesso modo. Il processo di omologazione tra i partiti non ha però comportato alcuna variazione nella loro geografia. Si sono rimescolate le carte sul piano ideologico e sociale, ma non su quello organizzativo. Sono rimasti i vecchi nomi e i vecchi simboli. Anzi paradossalmente le distinzioni tradizionali si sono rafforzate in una competizione sempre più aspra, perché condotta tra entità sempre 5

IL CONTESTO più simili. Privi di forti riferimenti ai valori, ai contenuti e alle "cose", i partiti si sono rivelati soprattutto come gruppidi potere, macchine per produrre consenso, reticoli votati all'autoriproduzione. Quando nel linguaggio comune si attribuisce a una persona la qualifica'di socialista, democristiano,comunistao repubblicano non ci si riferisce di solitoalla sua visione delmondoo al suo impegnosociale, ma più semplicementealle reti di rapporti in cui è inserito,alle stie amicizie, alla sua distanza da altrepersone che occupanoposizioni simili, alle sue probabilità di carriera. Questi . termini non evocano più i drammi e le passioni del passato, ma punti astrattidi un campodi forze.Certamentenon sonoscomparse le antiche appartenenze, né le differenze tra culture politiche. · Ma siha l'impressione cheesse rimangano, per cosi dire,a latodel gioco politicoprincipale; più che orientare le scelte, esse sembrano intervenire a posteriori per legittimarle. Sono un cemento tranquillizzanteper gruppi fondati su beri altre convenienze. Né bisognadimenticare le profondedifferenze che ci sono, su questo terreno,indiverseparti d'Italia. Se lesubculturepolitichesembrano reggere decentemente nelle zone bianche e nelle zone rosse, esse danno forti segni di cedimento nelle regioni industriali del nord. Il meridione, se non fosseper la Palermo di Orlando,appare da questopunto di vista·come un completo deserto. Il processo di svuotamento dei partiti non li ha coinvolti tutti allo stessomodo. È giunto al massimo grado nei maggioripartiti di governo. È rimasto paradossalmente più indietro.nell'unico partito che si propone oggi una rifondazione. E tuttavia,per tutti indistintamente,ha compiutopassi da gigante nel decennioappena concluso. Si dicespesso che i partiti ìn Italia sono troppi.Ma il problema è imaltro: è che le loro lineedi demarcazione sono ormaiprive di senso.Nonrispondono adalcunanecessità sociale.Sonosedimen- . Foto di Uliano Lucas. 6 tazionistorichechenonhannosaputoo potutorigenerarsialla luce dei problemi attuali, ma soltanto riprodursi come reti di potere. Coseancorasenzanomi . Se le considerazioni fin qui svoltè dovessero sembrare paradossalio eccessive, ecco una possibile controprova.Tutte le volte cheunaquestionedi uncertopeso compare sullascenapolitica,gli schieramenti che si formano attorno a essa tendono a rompere i confini dei partiti è le loro coalizioni. Così avviene a proposito della droga, dei referendumsulle leggi elettorali, dellaconcentrazionedei mediao dellequestioni ambientali.Per nonparlare delle scelte urbanistiche nelle grandi città. I partiti non sembrano in grado di dominare le nuove fratture, ma ne vengono piuttosto scomposti. La "sinistra" e la "destra" che si formano di volta in voltaattorno alle grandi questioni sul tappeto, non corrispondono quasi mai alla "sinistra" e alla "destra" così come sono state storicamenteistituzionalizzatenelgiocopartitico.Nell'arenapolitica siaggiraunnumero crescentedi istanze,problemi, lineedi frattura che non si lascianoassociarea specificheparti politiche;di "cose" ancora senza "nomi". La loro sorte finisce così per dipendere dal modo(spessocausale)concuiesse sì intersecanocon lasferadelle lotte tra fazioniche ipartitiperseguonodel tuttoindipendentemente. Forse ci troviamo di fronte a una nuova versionedella classica sfasatura tra paese legale e paese reale, dove il paese legale è rappresentato da un assettopartitico, preoccupatoessenzialmente deipropri equilibri interni,mentre il paese reale è rappresentatoda quellecorrentioquei movimenticheal di fuorideipartitimaanche al loro interno, si aggregano o si scontrano attorno a questioni di sostanza. La scissione tra i partiti e le politiche, tra i "nomi" e le "cose" è un formidabile ostacolo ali democrazia elettorale. Si ripe.te spesso ch6 l'attuale assetto pluripartitico espropria gli elettori delle loro prerogative perché impedisce loro di scegliere chi

mandareal governo. Ma esiste un'espropriazione più profonda e, per così dire, preliminare: se i partiti si presentano come gusci vuoti dotati di ferree strutture di potere in tutti gli ambiti della società, ma di programmi contraddittori, indistinti e mutevoli, decideredi votare per l'uno o per l'altro diventa quasi un azzardo. Anchequandogli elettori fosserochiamati a scegliere tra due sole coalizionfe potessero premiare una di esse mandandolaal governo, resterebbepur sempre il dubbio:per quale politica? Il problema, tutt'altro che immaginario, si porrà tra breve alle prossime elezioni amministrative dove i partiti, salvo qualche eccezione, si presenteranno agli elettori più o meno con gli stessi programmi, senza dare però alcuna garanzia di condividerli davvero. La questionesi complica ancora di più quando'i partiti sonodivisi in correnti (è il caso dell'attuale Dc) che perseguono politiche del tutto opposte. . In tale situazione l'unico tipo di comportamento elettorale veramenterazionale è quello basato su calcoli di tipo clientelare. Gli elettori che praticano il cosiddettovoto di scambio-sonoi soti amuoversia loroagio: sono ingradodi prevedereragionevolmente quali benefici possono aspettarsi votando per ru:i datopartito o, meglio,perun dato candidato.L'ambiguità deipartiti non li tocca, anzi è il terreno su cui fondano le loro certezze. In maggiori difficoltàsi trovano coloro che esprimono un votodi appartenenza. Essipossonoancora contaresui,simboliconsueti (generalmentecollocatinellaposizione consuetasulla schedaelettorale),mà si rendono confusamente conto che lo scudo-crociato o la falce-emartellonon sono più quelli di prima, non li garantisconopiù del tutto. Il, disagio è massimo per coloro che esprimono un voto d'opinione (che sono una minoranza, ma che proprio per questo andrebbetutelata).Essi sannochequalunquepartito essi scelgano di votare, esso finirà per assumere posizioni che sono per loro assolutamente inaccettabili. Temono che dietro la facciata dei programmi si nascondano interessi non dichiarati e che le future sceltesulpiano degli equilibripossanodistorcereinesorabilmente le opzioni sui contenuti. Negli ultimi anni molti di loro, approfittando del fatto che per ogni elezioni si devono compilare più schede (addirittura quattro alle amministrative nei grandi comuni), hannoscelto di distribuire i loro voti su liste diverse,ubbidendo ad una sorta di imperativoautarchicodel tipo: "fatevi da voi il vostro partito preferito". Non so quanto siano diffusi questi comportamenti.Essi esprimono comunque, sia pure con i mezzi rudimentali che i meccanismi elettorali consentono, un'evidente critica pratica dell'attuai~ geografiapartitica. . Si diràche un ragionamentodi questo genere è troppoelitario. Che le distinzioni tradizionali tra i partiti sono ancora fonte di identità per larghi strati della popolazione. Che le appartenenz~ ideologicheresistono. Che, insomma, fa sfasatura tra i "nomi" e le "cose" non è cos1generalmenteavvertita.Mi sembradel resto che preoccupazionidi questo generenon siano estranee a coloro che, nel Pci, militano nel "fronte del no". Se queste obiezioni sono fondate, e credo che lo siano, esse rivelano come in Italia si sia consumata una lacerazione dràmmatica tra le élites politiche annidate nelle istituzioni, ormai accomunate dalla logica degli equilibri e degli scambi, e rilevanti settori della popolazione ancora catturati entro antiche lealtà. Ma molte cose stanno cambiando anche su quest'ultimo versante. Se si mantengono le appartenenze, crescono anche gli sradicamenti, le estraneità, le apatie.E ancora:perché nel Pci non si è verificataun'insurrezione generalecontro la proposta di Occhetto di abolire anchegli ultimi legami simbolici con la tradizione? In realtà la logica delle appartenenze è ormai strettamente imparentatacon la logica degli schieramentidi potere.Non è sulle appartenenzeche si fonda la lottizzazione?E come distinguere le IL CONTESTO appartenenze buone (le fedi) dalle appartenenze cattive (le cosche)? Il c.,_onfineche le separa è molto meno netto di quello che spessosicrede.Le une si trasmutanoimpercettibihnentenellealtre con grande scioltezza. Forse è sempre stato così. Ma oggi si ha l'impressione che le secondeabbiano finitoperprendereil sopravvento sulle prime deviandole e strumentalizzandole,senza che si riesca sempre a capire quando il passaggio è stato compiuto. La logicadelle appartenenzerischia così di assecondarela conservazione, la pura conferma dell'attuale geografia dei partiti. Di ·privilegiare la sfera degli equilibri contro quella delle scel.te,la . sfera dei "nomi" contro quella delle "cose". Finora la sinistra istituzionale è stata ampiamente attratta da questa logica. L'ha vissutacomeuna garanziae come una fonte di certezza.Tanto nei sindacati, quanto nelle giunte, nei giornali o nelle reti televisive. Ma è ormai difficile pensare di fare qualche passo avanti senza romperla in qualche punto. Il problema non può più essere quello di realizzare nuove alleanze dentro l'assetto partitico esistente, accettandone il vuoto di contenuti e il pieno,di potere. Bisogna insinuare dei cunei, in nome di qualcosa. E significativo che l'unico processodi questogenereche si è realizzatofinorain Italia sia avvenuto in una città come Palermo, in cui i problemi (le "cose") si manifestavano nel modo più drammatico e atroce. Il fatto che alla guida di questa esperienza si sia posto un esponente democristianoconferma ancora una volta la fragilitàdelle distinzioni basate sui "nomi". La proposta di Occhetto è stata letta dagli oppositori interni -come una pericolosa spinta all'omologazione del Pci. Questa preoccupazionenon è infondataanche se gli esponentidel "fronte del no" sembrano non rendersi conto che il patrimonio storicodel Pci da molti anni non è più in grado di garantire nulla di preciso circa le scelte effettive del partito, mentre tende piuttosto a funzionare da copertura o da alibi per le opzioni più disparate e compromissorie. Qui vorremmo semplicemente segnalare, alla luce dell'analisi svolta, una valenza di segno opposto. Riconoscendo l'improponibilità di una delle fondamentali discriminanti storichesu cui si è costituita la geografia·partitica italiana, dichiarando estinta una (finora potentissima) sfera di appartenenza, la svolta di Occhetto si muove contro corrente rispetto all'assetto stabilizzatodeipartiti italiani.Mostrache, comelaYaltadegli stati europei, anche la Yalta dei partiti italiani fiorrregge più. Non sappiamose la breccia apertadaOcchetto siadestinataadallargarsi; né se la caduta delle gabbie simboliche permetterà di spostare l'attenzione sul merito dellequestioni su cui oggi è necessarioche una "sinistra" (qualunque essa sia) si separi da una "destra" (da chiunque sia formata). Ma il problema è stato posto. È già qualcosa. · Disegno di Daniele Meloni. 7

IL CONTESTO ''Questa terra non è mica roba vostra'' Con I Verdi~ contro I Verdi Gianfranco Bettin Ancora, ancora a lungo, sarà bene augurarsi che ai Verdi arridano corisepsi e fortune politiche e d'opinione. So bene, conoscendo dall'interno l'arcipelago ambientalista, che in molti casi verrebbe piuttosto da augurarsi il contrario. E tuttavia, mi pare, non c'è ancora alternativa all'effetto d'urto che la presenza autonoma degli ambientalisti provoca sul sistema politico. Prima di questa presenza la denuncia della crisi ecologica in atto, della sua gravità ed estensione, non era mai uscita dai rispettabili ghetti delle denunce isolate, senza seguito. Belle severe parole cadute nel vuoto. La coincidenza tra gli effetti di choc provocati sull'opinione pubblica e fin nell'immaginario collettivo da alcune catastrofi (da Cernobyl all'Amazzonia ai controversi spessori della fascià d'ozono lassù in cielo) e il costituirsi in formazioni politiche ed elettorali dei gruppi ecologisti già attivi in Europa e in Italia fin dagli anni Settanta, ha prodotto, soprattutto attorno alla metà degli anni Ottanta, un salto di qualità drastico nella coscienza collettiva. Si è insomma realizzato quanto nel 1973 ipotizzava Hans Magnus Enzensberger quando scriveva iri Per la critica dell'ecologia politica (raccolto in Palaver, Einaudi): "Se le ipotesi degli ecologi dovessero avverarsi anche soltanto in parte, i gruppi d'azione ecologici diventerebbero un. fattore di politica interna di prim'ordine, che non sarebbe più possibile ignorare". Questo è avvenuto, e in molti paesi, anche se siamo ancora lontani dal vederne concreti esiti'positivi. Non c'è ormai programma.di a Il Pescecane Giulio Angioni Nel mare di terraferma una volta è arrivato da mari assai lontaniun pescecane. Unpescecane che presto s'è fatto famoso comegrande affarista.Tanto che si credeva il più grande di tutti, il campione mondiale. "Ma tu lo sai che cosa bisogna saper fare per essere veramente il campione mondiale?", gli ha chiesto un giorno una murena, così per fargli abbassare un po' le pinne. "Che cosa?" "Bisogna riuscire avendere la cosa più inutile a chi meno ne ha bisogno". Il pescecane riflette, s' invoglia, e alla fine decide di vendere una maschera antigas, residuato di guerra, ma dell'altra guerra, e di venderla a un muggine di stagno. E siccome anche da quelle parti sanno tutti che i muggini più sprovveduti si trovano qui . nello stagno ch'è stato sempre nostro anche se il re di Spagna l'ha dato ai suoi baroni, il pescecane se n'è venuto dalle nostre parti, ha imboccato lo stagno nel canale dragato di fresco, e al primo muggine che s'è mostrato tanto scemo da non prendere paura del- !' enorme pescecane, ha offerto . questa maschera antigas dell'altra guerra: "Oggigiorno tutti i muggini di stagno in continente stanno comprando maschere antigas", gli ha detto. "E che cos'è?" "Serve per respirare meglio". "Io già respiro bene". "E se l'acqua si sporca?" "Qui però l'acqua è pulita", e schizza via. Insomma, non se n'è fatto nulla. Allora il pescecane è andato giù allo stagno di Marceddì, ma - neanche lì ha trovato compratore. È sceso giù fino allo stagno qui di Santa Gilla, ma nemmeno stavolta ci è riuscito. S'è guardato per bene tutt' attorno e ci ha pensato su, Qualche giorno dopo ha fatto venire i suoi avvocati e tirapiedi e li ha mandati alla Regione per chiedere soldi e cçmtributi, parlando con accento un po' nordista, e dopo un mese o poco più ha cominciato a fabbricapartito, oé programma di governo o di giunta che non ponga al primo posto la questione ambientale. Ipocrita omaggio a una virtù, nei fatti, trascurata, si potrebbe dire. Antonio Cedema ha appena ricordato cosa sono stati gli anni Ottanta per quel che riguarda la gestione del territorio. "Sono stati gli anni dell'abusivismo condonato, delle leggi fatte per cementi- -ficare a casaccio col pretesto di terremoti e alluvioni o in nome di emergenze artificiose (i mondiali di calcio): gli anni dell' urbanistica contrattata a vantaggio della rendita fondiaria. E l'Italia continua ad essere l'unico tra i paesi avanzati a non avere la legge fondamentale per gli espropri, coi prezzi degli immobili che vanno alle stelle e i Comuni ridotti alla paralisi". Molto altro si potrebbe aggiungere, sugli stessi temi, per non dire del contesto, dell'ambiente di vita globalmente inteso, della biosfera -ciò che consente, e che anzi è, la vita stessa - oggi insidiata come mostrano i rapporti del Worldwatch Institute. Per una strada che è stata a lungo incompresa, ostacolata, perfino irrisa, anche e soprattutto da sinistra, gli ambientalisti sono infine riusciti a imporre una presenza e una centralità nuove. Di questo hanno merito, e tutto quello che di brutto stanno combinando oggi non dovrebbe comunque farlo passare in secondo piano. Hanno avuto la forza di dire, come i "ragazzini" di Elsa Morante: "Questa terra non è mica roba vostra". I successi elettorali dei Verdi nell'85 (elezioni amministrative), nell'87 (politiche ·reuno stabilimento che pareva una città, proprio in riva allo stagno. E dallo stabilimento appena fatto incominciano a uscir fuori liquami e acque marce. La luna non riuscivapiù a specchiarsi nello stagno, pareva un fuoco fatuo in cimitero. I muggini non sapevano che fare. Finché un giorno il muggine che aveva rifiutato la maschera antigas del pescecane si ricorda e va da lui a chiedergli di venderla, se ceTha ancora: "No, quella non ce l'ho, l'ho già venduta a una murena". "Peccato. Adesso qui mi servirebbe". "Però ce n 'ho giusto altre nuove fiammanti uscite adesso dalla fabbrica". "Per quanto me la dài?" "Facciamo tanto, giusto perché sei tu". -"Ma soldi non ne ho". "Ci possiamo arrangiare. Tu vieni a lavorare alla mia fabbrica, · tipagoepuoicomprarelemaschere che vuoi". Così ha fatto il muggine, e come luimolti altri dello stagno. E poi sempre di più. Lungo le strade d'acqua dello stagno il pescecane ha fatto ésporre belle mugginesse in maschera antigas. E un giorno, tempo dopo, è andato in visita da quelle partì un muggine di qui, del nostro stagno, da certi suoi parenti. E appena arriva si meraviglia molto di questa moda nuova. Tutti con maschere alle branchie. E i mugginetti discoli gli tenevano dietro a canzonarlo: "Che vergogna, è senza maschera!", cantilenavano. Eancheluialloranehacomprato una, già che c'era, per non far brutta figura, per fare spocchia nel suo stagno e poi perché ha cominciato a sentirne anche il bisogno. Il giorno ch'è partito, firùti i convenevoli, ha chiesto ai suoi parenti: "A proposito di certi rinnovamenti forestieri,che cosa producete in questo fabbricone che vi fa tanto superbi?" Nessuno lo sapevaveramente: "Nel mio reparto fibbie". "Cinghienelmio". "Nel mio reparto filtri e guarnizioni" ..Così hanno incominciato a domandarselo davvero. E un bel g'iorno il sindaco dei muggini di Santa Gilla è andato in delegazione dal grande pescecane: "Che cosa si produce qui, nello stabilimento di vostrasignoria?" "Maschere antigas", risponde il pescecane: "per la salute vostra".

e referendum sul nucleare), nell'89 (europee) si devono a questo, oltre che al diffondersi di una generale (e generica, a volte forse fugace come una moda) sensibilità ecologista. Certo, ancora Enzensberger ne ha indicato precocemente il legame con particolari preoccupazioni della nuova classe media culturalmente e politicamente egemone nei paesi capitalistici più ricchi. "Nella misura in cui la classe media può essere considerata produttrice di ideologia, l'ecologia è un suo prodotto "ha scritto, individuando lo spazio sociale di questa classe, e la natura delle sue preoccupazioni, nella zona intermedia tra la classe dei lavoratori salariati meno sensibile a questioni non direttamente legate al lavoro di fabbrica e al salario e-la classe dei capitalisti, della ricca borghesia in grado di comprarsi perfino le oasi di pianeta pulite. "Il movimento ecologico è incominciato solo dopo che anche i quartieri e le condizioni di vita 'della borghesia sono stati esposti ai danni ambientali che il processo d'industrialin:azione porta con sé. Ciò che riempie di terrore i suoi profeti non è tantp l'immiserimento ecol~gico, quanto la sua generalizzazione". E a questo punto che la coscienza della crisi ecologica si generalizza, e trova una voce, un movimento, una rappresentanza politica. Uno dei limiti principali in particolare dei Verdi italiani è la mancata comprens_ione di questa propria origine, di questo legame con l'affennaisi di una classe specifica e il generalizzarsi di alcune sue preoccupazioni. Non che queste ultime siano prive, per ciò, di un valore universale. Ma certo una sorta di viiio d'origine permane e appare più evidente in molte vicende interne dell'arcipelago verde, nella vita della Federazione delle Liste Verdi e dei gruppi locali, nel processo di unificazione in corso con i Verdi-Arcobaleno, nella disinvoltura spesso opportunistica nei rapporti con il sistema politico. Oltre che nella fragilità culturale, Fotodi Rick Smolan (Contact/G. Neri). IL CONTESTO che combina spesso orgogliose professioni di integralismo verde alle più pacchiane omologazioni a miti e riti dei mass-media (come l'incredibile entusiasmo dimostrato da molti verdi per i "sermoni ecologici_" di Adriano Celentano a "Fantastico" o certe attuali iniziative pro-Amazzonia). Ripeto: tutto ciò non sminuisce l'importanza delle tematiche verdi, la loro assoluta crucialità nel mondo attuale, né il ruolo politico stesso dei Verdi. Ne condiziona però le forme, i linguaggi, e certi percorsi. Ne favorisce, anche, il giocare con alcuni slogan che rischiano di trasformarsi in opportunistiche banalità, come il noto: "non siamo di destra né di sinistra, siamo avanti". Finché lo dice il dissidente russo Buckovsky, nella versione originale - "non veniamo né dal campo della destra né da quello di sinistra: veniamo dal campo di concentramento" - la cosa appare motivata. Ma già nella riformulazione di Petra Kelly -·quella ripresa anche dagli italiani - si alludeva a un confronto con questo "avanti" che invece nel dibattito nostrano è del tutto assente. Oggi questo ''avanti" in cui i Verdi si collocavano è stato raggiunto dalle cose. A lungo, per il solo fatto di esistere, i Verdi hanno sfidato la realtà delle cose, proponendone un rovesciamento verso un nuovo equilibrio. Oggi invece le cose sono tornate a sfidare tutti, Verdi compresi. La vastità della crisi ecologica è davanti a tutti, e i Verdi non sono più profeti marginali e inascoltati. Oggi hanno udienza, peso, responsabilità che hanno voluto assumersi. Il tempo che era "avanti" è oggi il nostro tempo e in rapporto ad esso anche gli ambientalisti si devono definire. Non basta più dire ciò che non si è e nemmeno indicare la generica - ancorché nuova- direzione in cui si vuol andare. Qui e ora, dove siamo? Dove sono destra e sinistra, oggi, rispetto all'urgenza ambientale? E dove sono i Verdi rispetto all'evoluzione della società italiana e della storìa contemporanea? 9

. ILCONTESTO La fine degli anni Ottanta ha portato dall'Est nuove sfide, grandiose e ineludibili. Anche Buchovskij dovrà dire, tra le macerie del socialismo reale, verso quale strada dirigersi. Su questo piano, la riflessione dei Verdi potrebbe positivamente intrecciarsi a quella della sinistra (drammatizzata ora dal processo di rifondazione avviato dal Partito comunista italiano). I Verdi porterebbero in questa riflessione i due temi che più hanno contribuito a porre al centro dell'attenzione generale: i limiti e le compatibilità ecologiche dello sviluppo; il rapporto tra Nord e Sud del mondo, forse la più importante fra le questionì sociali e politiche di oggi. In quel lontano saggio Enzensberger ben vedeva che "il pensiero sociale e politico degli ecologi ècaratterizzatodacecitàe ingenuità", cosa verificabile tutto~ (con l'aggiunta di una dose di opportunismo interessato). Ma sapeva anche che "e~i hanno un vantaggio sul pensiero utopistico delle sinistre occidentali - quello di vedere che ogni futuro prevedibile non appartiene al regno della libertà, ma a quello della necessità,. e che ogni teoria e prassi politica futura, anche quella dei socialisti, non dovrà affrontare il problema della sovrabbondanza, ma quello della sopravvivenza". Superare cecità, ingenuità (e opportunismi), nella riflessione sociale e politica è possibile, da parte dei Verdi, stringendo di più il nesso tra limiti dello sviluppo e rapporto Nord-Sud del mòndo, che già appartiene alla tradizione, pur breve, del "pensiero verde". Ma fondamentale.appare anche non rinunciare a collocarsi in un punto meno ondivago della società e della politica italiana, Non per schierarsi dentro il sistema dei partiti, ma per scegliere, consapevolmente, uno spazio e una radice. Se non indicano solo una posizione in Parlamento i termini "destra" e "sinistra" alludono a un auto-definirsi in rapporto all'universo sociale, a un punto di vista dal quale si giudica la storia. Ebbene, in ultima analisi, la radice di "sinistra" risiede nella solidarietà verso i deboli, gli esclusi, gli sconfitti. Sta nella s~elta di chi valuta e misura la dinamica socialé e storica in rapporto al.destino dei vinti e si sente a costoro vicino, fraternamente, distinguendosi da altri tipi di . solidarietà per il fatto di pretendere che la società e la storia camminino col loro passo, anche col loro passo, e non solo si fermino un attimo ad assisterli pietisticamente per poi riprendere una marcia selettiva e spietata. · . Ripensare la sinistra significa forse ripartire di qui. Ed è un discorso che riguarda anche i Verdi e c~e per essi sta anzi diventando sempre più cruci~le, pena lo smarrimento definitivo nel labirinto politico italiano. E una frontiera ineludibile, anche se difficile. Difficile perché lungo le sue piste già la sinistra si è e: .· 11111 Veronique Soulé 'V Avere vent'anni all'Est O Un saggio-inchiesta sui giovani europei dell'Est. Dalla religione al lavoro, dal consumismo · e: all' amorè, dal rock all~ droga: una realtà più intima e meno ufficiale che permette · r-::::,.. ~ di ~~pi~e il crollo dei regimi socialisti. ~ Gunt~r de Bruyn Un eroe del Brandeburgo Storia per amanti della letteratura ns Un intreccio, scandito sul classico s~hema · . I • della suspense, c~e mette al centro il drammatico scontro tra un piccolo e un grande uomo. ,.. - ft. Uno scrittore dissidente della RDT che usa Vo - satira e ironia per smascherare gli inganni di un potere spietato e ottuso. . ,• smarrita, perdendo il senso delle proprie radici - di quella radice solidale che era la sua forza e che le dava legittimazione, che faceva la differenza. E· anche per questo, la destra ha potuto invece ritrovarsi e riproporsi come vera interprete dei sentimenti e delle volontà del paese. La fortuna di Giulio Andreotti viene da lì. I suoi traffici con la solidarietà italiana, il consenso che ne fa un campione sempre in gioco e sempre al vertice sono l'altra faccia del vuoto lasciato dalla sinistra. Il maneggio andreottiano prevale nell' assenza di veri progetti cresciuti su una radice solidale capaci di raccogliery forze, intelligenze, risorse, consensi, Forse, per cominciare daccapo ad esistere la sinistra dovrebbe ripensare alle occa- , sioni perdute, alle sconfitte, agli errori. E anche i Verdi dovrebbero sentirsi coinvolti. Non credo di sbagliare pensando, ad esempio, che un libro come il recente Lavorarealla Fiat, Garzanti, di Mare.o Revelli, rappresenti un contributo importante alla riformulazione di un pensiero e di un'identità di sinistra in grado anche di provocare felicemente i Verdi. "Le liste sono compilate con cura; sulla base di una capillare selezione- scrive Revelli rievocando i licenziamenti seguiti alla sconfitta operaia alla Fiat dell'autunno '80 -'--: comprendono la maggior parte dei quadri più attivi, la spina dorsale del sindacato in fabbrica, una grande quantità di donne, e l'intera massa degli inidonei e degli invalidi. Rispondonp a un'esigenza feroce di razionalizzazione non solo politica, ma fisiologica, della forza lavoro, che giunge a incidere sullo stesso corpo operaio; che lo seleziona e lo piega a un efficientismo tecnocratico assoluto, fatto di darwinismo produttivo e di esaltazione della macchina spinta fino alla subordinazione biologica a essa. Nella 'nuova fabbrica' dell'informatica e dell'elettronica, nel territorio asettico dell'innovazione; non v'è spazio per corpi resi inefficienti dalla scoliosi o dall'artrosi, per cuori deboli e schiene rigide. Il materiale umano danneggiato dalla fatica e dalla catena dovrà essere drenato ed eliminato. I segni lasciati dal lavoro morto sul lavoro vivo dovranno essere cancellati". C'è in questo brano, in questo libro, · molta storia della sinistra di ieri e qualche orizzonte per la sinistra di oggi e di domani. E anche per i Verdi. Mi pare inevitabile, oggi, essere con i Verdi. Altrettanto inevitabile esserlo criticamente, contro i ritardi, f settarismi, l'incapacità di confrontarsi davvero con le cose, di produrre al proprio interno un ambiente politico e umano non intossicato ·da fumi e· veleni. Di guardare fuori da sé. Tutte cose che potrebbero presto far ripetere a molti anche contro i Verdi: "Questa terra non è mica roba vostra". ia (J Edizioni Costa & Nolan -Via Peschiera 21 16122 Genova

ILCONTESTO Tra Dc, militari _e guerriglia. La polltlca di Washington nel Salvador Joaquìn Sokolowicz Si va verso una ripresadel negoziato,anche se i guerriglierisi accingerebberoora-'- mentre scriviamo - a lanciare un'altra offensiva in grande stile sulla capitale e anche se nel governo e nellè Forze armate non tutti sono disposti a dialogare con il nemico. I negoziatori torneranno a sedersi gli uni di fronté agli altri_f,raqualche settimanao fra qualchemese.Ma per negoziare cosa? Il presidenteAlfredoCristianie quei militari checercanouna viad'uscita politica della lungaguerra che non si riescea vincere sul terrenopuntano semplicementea un abbandonodellearmi da parte dei guerriglieri, certo dietro un formale compromessonon gravoso per se stessi e che consenta alla controparte di non perdere la faccia. In questa direzione.premono sulle autorità salvadoregnegli StatiUniti, findagli ultimi tempidellapresidenza Re:agan:più di 3 miliardi di dollari fomiti da Washington al paesecentramericanoneglioltre dieci anni di combattimentinon hanno fruttato i due risultati perseguiti, non è stata cioè ottenuta una vittoriamilitare che mettessefine alla guerrané sonomigliorate lecondizionieconomichedellapopolazione,le cuipenurieal contrarioalimentano la guerra. A sua volta, il fronteFarabundo Marti di Liberazione Nazionale (FMLN), che raggruppa quelle che erano un tempo le quattroorganizzazioni di guerriglia (oggi di fatto unite, a quanto pare, sotto la guida del comandante JoaquinVillalobos), cerca un compromessopoliticoperché sebbene sia in grado di portare avanti le_ostilitànon è neanch'esso capacedi imporrecon learmiunasvoltadecisivaal conflitto;essa gioca dunque la carta che ha in mano: non più guerra in cambio della garanzia di sostanziali riforme economiche è istituzionali nella pace. · · La trattativa s'è interrottapocodopo l'inizio leduevolteincui era stata avviata, con la mediazionedella Chiesa salvadoregna e ancheper gli sforzi dell'Internazionale socialista, l'anno scorso, prima inMessicoe poi inCostaRica. I guerriglierinonpotevano accettare.dideporre le armi prima ancora di discutereogni altra cosa (sarebbeapparsa,o sarebbestata, una resa),mentreil blocco governo-militari non intendeva impegnarsi in concessioni che avrebberoassicurato·alnemico uno spazio d'azione politica nel futuro Salvador (o piuttosto, forse, in realtà i rappresentanti del poterevolevano soltanto strappareai guerriglieri la rinuncia alle armiperchésuquesto scopoavrebberoavutoil viaperpartecipare . al negoziato da coloro che nel proprio campo lo rjfiutano). La stessa contrapposizione si dovrebbe ripetere in un'eventuale prossima trattativa, eppure la trattativaprobabilmenteci sarà: la voglionoa Washington e, del resto,,di un compromessohanno bisognòentrambi i contendenti. · Il FMLN ha lanciato lo scorso novembre la più grande offensiva contro la capitale da quand'è cominciata la guerra, occupando interi quartieri, installazioni governative e l'Hotel Sheraton, tradizionalepuntod'incontro di militantidell'estrema destra salvadoregna (ricordiamo ùn nostro soggiorno per lavoro inquell'albergo decentratodellacapitale,nel 1983:ogninotte, tra l' 1e le2, si sentiva il parlottaredi alcuni uominiinqualchestanza al pianterrenoe poco dopo si poteva vedere dalla nostra finestra gli stessi uomini- verosimilmentequelli, poiché subito nell'edificio tornava sempre il silenzio - che sparivano in diverse direzioninelbuio dellastradaper gruppi di dueo tre).I guerriglieri hannocompiutoquell'operazionedopoeh' erafallitala seconda seduta negoziale per gli stessi motivi che avevano già fatto interromperela prima e mentre i mediatori si davano da fare per organizzarela terza, in programma a Caracas; secondoanalizzatoripolitici filoamericanie altri imparziali, le formazioniarmate clandestine del Salvador sarebbero state spinte all'attacco dal regimesandinistadelNicaragua,che avrebbecosìvolutopremere indirettamente sugli Stati Uniti, oppure da Cuba, dove Fidel CastroavrebbevolutomedÌanteundeterioramentodellasituazione centramericana non soltanto esercitare pressioni sulla sup.erpotenza occidentale ma anche forzare quella dell'est a venire a patti con lui. Ma, al di là delle interpretazioni sia pure basate su indiziè chiaroche lo stessofronteguerriglierovolevaoffrire una dimostrazionedi forza.L'ha offertae alcuni corrispondentia San Salvadorhanno scrittoche il FMLN ha oggi una capacitàbellica quale non ha mai avuto prima . · EvidentementeVillalobos,"René Cruz" (nomedi battaglia)o "Grandelupo" (per quelliche si ritengono i suoiamici),ha saputo organizzareeàddestrareuna forzaefficiente,dopoaverfattofµori nel corso degli anni diversi altri responsabili guerriglieri, uno dopo l'altro, per eliminareavversari sulla via al comando unico o per imporre la sua linea politico-strategica, oppure per tutte e due le cose.Entrato giovanissimonella lotta armata, dopo essere stato da adolescente un attivista di organizzazionicattoliche, ha fondato l'Erp (Esercito·Rivoluzionario3el Popolo) per portare avanti la "guerra popolare prolungata", una guerra cioè che sarebbe finita soltanto con la sconfitta militare del nemico e. l'avvento della "Revoluciòn Salvadorei'ia". È stato l'unico dei maggiori dirigenti della guerriglia a non avere accolto, nell'84, l'invito dell'allora presidente Duarte a un primo tentativo di negoziato. Ora Villalobos vuole il negoziato: forse s'é piegato alla"realpolitik" suggeritadall'impossibilità di vinceresul piano militare,forse si rendecontochenell'attuale atmosferadi distensioneinternazionalerischiadirimanere senzaappoggiimportanti dall'esterno, forse adesso è disposto a negoziare perché non ha rivali che possano escluderlo da un eventuale compromesso. Un compromesso dovrebbe anche essere voluto dai guerriglieri perché sanno che nel paese non avrebbero probabilmente l'influenza a cui aspiranoattraversoil sempliceinserimentonella normalevitapolitica; ilpartitocostituito l'anno scorsodal socialdemocraticoUngo e dal socialcristianoZamora, gli uominipolitici che rappresentavano sul piano diplomatico internazionaleil FMLN, ha raccolto meno ciel5 per cento dei voti alle ultime elezioni.Le file guerrigliere sono state ingrossateper anni dalle vittimedi tante ingiustizie,dalle reazioni ai crimini della destra, ma difficilmentesul terrenodella politica tradizionalegli attuali capi della guerriglia potrebbero competere quanto al numero di consensinei ceti umiliemedi còn i democristiani(che rappresentanonelSalvador-è propriocosì-la maggioreforzapopolare, trattandosidel resto di unaDc favorevole a una rifonna agrariae alla statalizzazionedel sistemabancàrio). Dovrebberovolereancheuncompromesso,osarannoconvinti dagliamericaniad accettarlo, il governo e i verticimilitari (con le Forze armate il Pentagono ha sempre avuto rapporti diretti, 111

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