lo aiutare lo scrittore. Gli editori li assumono. Li pagano, bene, spero, e si aspettano dei risultati. E giustamente vogliono solo romanzi che abbiano la possibilità di vendere. Se un autore decide di scrivere da solo non può aspettarsi vita facile. Accettare un romanzo, e pubblicarlo senza che un redattore lo abbia lisciato per renderlo, a suo parere, gradevole al pubblico, richiede da parte dell'editore un atto di fede, spesso lealtà. I rapporti costruiti con questo procedimento non possono essere sempre facili. Con il redattore che agisce da cane da guardia dell'editore, quali possibilità ci sono di deviare dalla norma, di concedersi stravaganze interessanti, di sperimentare, di commettere quelle imperfezioni e quegli errori che, anche se non necessariamente notati dal cosiddetto grosso pubblico, costituiscono un 'indicazione del futuro lavoro dello scrittore? Quello che piace a un redattore non piace a un altro, e così l'unica opinione che conta sul contenuto o il valore di un'opera è quella dell'autore. Mi chiedo quanto si divertirebbe oggigiorno un redattore alle prese con, diciamo, Giuda l' oscuro,oL' amante diLadyChatterley,oPunto contropunto - _ o praticamente qualunque altro romanzò famoso? L 'approvazione di una persona è l'anatema di un'altra. Che un editore accetti o meno uno scritto non è questione di giudizio - per quanto riguarda lo scrittore - ma di destino. Un autore dovrebbe o continuare a inviare il manoscritto ad altri editori, o scrivere qualcos'altro - o tutt'e due le cose·. Fortunatamente, ci sono molti editori, un'illusione di libertà che diventa realtà; dato che, purché un libro venga stampato, non fa poi molta differenza che a pubblicarlo sia un editore piuttosto che un al- . tro. Fino al 1956 il mio editore americano era l'eccellente Alfred Knopf. Un giorno andai a colazione con il capo redattore della casa, che mi chiese cosa pensavo di certe modifiche che sarebbe stato opportuno apportare a A Tree on Fire, un mio romanzo di prossima pubblicazione, Nel modo più gentile possibile, dato che ero suo ospite, gli dissi che questa era una cosa che non permettevo si facesse al mio lavoro. Ciascun libro da me scritto era passato attraverso parecchie stesure, quindi, a parte gli inevitabili errori di battitura, non c'era niente da aggiustare, correggere o modificare in alcun modo. Qualche settimana dopo venni a sapere che il redattore capo aveva rifiutato il romanzo, una mossa tutt'altro che inaspettata. Il libro venne pubblicato altrove. Decisioni di questo genere non sono facili, per uno scrittore. Né vengono prese alla leggera. Nessuno è così ostinato e limitato da perdere di vista i soldi e la pubblicazione. Ma lo scrittore dovrebbe tenersi alla larga dalle mode, liberarsi dalle influenze, e non avere niente a che fare con quegli scribacchini che credono di esser dotati dalla Provvidenza della conoscenza di quello che piace o meno al pubblico. Lo scrittore deve anche ignorare le recensioni, quando arrivano, e rendersi conto che è solo. Una cosa istruttiva da fare è andare a curiosare tra gli elenchi di recensioni che venivano messi in appendice ai libri alla fine del secolo scorso e agli inizi di questo. Cito il recensore: "Un libro davvero importante", "Una delle opere più notevoli di questa generazione", "Un libro forte e saggio, di grande introspezione e innegabile verità", "Un'opera abile e piacevole". Le prime due citazioni si riferiscono a un romanzo, forse un best-seller, di Emily Lawless, La terza descrive un libro di J. H. Findlater, mentre la quarta è presa da una recensione dill, SAGGI/SILLITOE lato debole di Henry James. La buona ~crittura è una cosa che si impara da soli. Credo anche, e se questo vi sembra antiquato pazienza, che sia lo scrittore il solo a poter stabilire il valore della propria opera. È sempre stato così. E se così non fosse, niente di interessante verrebbe mai pubblicato. Lo scrittore non dovrebbe arrendersi senza lottare al1'assalto dei media, o accondiscendere senza discutere agli interventi di editori che vogliono best0 seller alla moda, per il grande pubblico, o alle fantasie egotistiche di redattori che credono che il pubblico e i recensori vogliano quello che vogliono loro. Se la letteratura continuerà a essere evirata in questo modo - e uso la parola "letteratura" nel suo senso pieno - chi bisognerà ringraziare, quando la letteratura medesima sparirà dalla circolazione? Di certo non ci sarà nessuno da condannare. Scrivere è la sola attività in cui l'individuo è sommo - o non lo è -.ma non ha la possibilità di concludere niente se, a un certo punto, permette che la sua individualità venga violata. Qualunque talento possieda può essere protetto solo dalla sua integrità, e l'integrità può essere mantenuta soltanto dalla solitaria protezione della sua individualità. L'arte esce sempre da un'unica mente creativa. È facile capite, fin dall'inizio, che non esiste attività più solitaria di quella dello scrittore- e secondo me questa è una delle più grandi consolazioni dell'attività medesima. Copyright Alan Sillitoe 1982. Da "London Review ofBooks", 1-4 aprile 1982. ia 12,nuin•r\ L'abbonainento per ll \aef\ttl 000 \ire. Per !I costa 57. i•an,blente, a \talla alla Lega per WWF costa solo nostra o al 52.000 \Ire. o lndlrluatl a: Gll abbonainentl ~odlcl culturall Edltrlc• pe 3 7 00198 Vla 5a,r0la, • l corrente pesta • Roina sul conto nun>•ro 60249000 83
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