SAGGI/SILLITOE Ci sono diversi tipi di censura, e ne avrei conosciuto uno dopo la pubblicazione del mio terzo romanzo, Le chiavi di casa, nel 1961. Avevo lavorato al manoscritto per dieci anni, anche se intensamente solo per gli ultimi due. Ebbe parecchie edizioni, viene ancora stampato, ed è stato tradotto in dodici lingue. Nell'Unione Sovietica ne sono stati stampati due milioni di copie in copertina rigida. Non che io ci abbia guadagnato molto. Mi vennero date alcune centi.naia di rubli durante un paio di viaggi in Russia, ma c'era un limite alle cose che si potevano comperare eriportare in Inghilterra con quei soldi da Monopoli nuovi di zecca. Tutte le merci appetibili, caviale, pellicce, o gioielli d'oro, dovevano essere acquistati con biglietti da dieci sterline in negozi interdetti ai russi. Carico di potenti rubli, avevo accesso solo alle merci di seconda scelta prodotte per il mercato locale. A un certo punto metà della mia numerosa famiglia di Nottingham possedeva berretti di pelo, e l'altra metà strimpellava sulla balalaika, mentre i bambini giocavano a tirarsi addosso una quantità di matriosche. La macchina fotografica contrabbandata in Inghilterra si ruppe subito, e l'orologio calendario morì soffocato sei mesi dopo il mio ritorno. Non riuscii mai a infilare nel registratore la cassetta di canzoni folk russe, e l'effetto della mia razione di vodka finì dopo un paio di giorni. L'unico oggetto di valore che riuscii a conservare fu un enorme atlante che portai in Inghilterra legato al portapacchi sul tetto della macchina. Era comunque molto difficile da decifrare. Ma il problema non era il pagamento, nonostante gli editori russi fossero a quei tempi pirati e sfruttatori. Mi era sempre sembrato che il numero delle pagine dell'edizione tradotta di Le chiavi di casa fosse eccessivamente ridotto, e un bel giorno capitò che uno studente tedesco scegliesse come argomento della sua tesi la versione russa del libro. Durante il processo che i russi avevano definito di "traduzione", il testo era stato così maltrattato che ne era sparito quasi un terzo. Il materiale omesso era quello che mostrava come il protagonista non fosse un semplice amante del socialismo. Né lui né i suoi compagni erano all'altezza dell'ideale che i russi avevano in mente. Alcune parti furono tagliate perché non indicavano con sufficiente chiarezza che l'Inghilterra era l' inumano mostro del capitalismo che il regime voleva dare in pasto ai lettori sovietici. Nella versione russa del romanzo il protagonista non beveva, non faceva ali' amore, non litigava con gli altri operai né con la sua ragazza, e viveva in perfetta armonia con la famiglia. L'introspezione non era gradita, e veniva sistematicamente stralciata dal testo. Ogni atteggiamento di approvazione nei confronti dell'ambiente veniva censurato. Le discussioni accese erano contro la linea del partito. La traduzione non presentava distorsioni intenzionali o veri e propri rifacimenti, ma diligenti mutilazioni, dimodoché il testo finale non assomigliava nemmeno lontanamente a quello che avevo scritto con tanta cura. Icensori, nel tentativo di eliminare tutto quello che avrebbe potuto disturbare il lettore sul piano emotivo o politico, avevano stravolto il testo al punto di renderlo irriconoscibile. Molte opere letterarie occidentali tradotte inUnione Sovietica subiscono un analogo trattamento, anche se probabilmente i loro autori non se ne rendono conto. Mi riesce difficile perdonare quei cosiddetti traduttori per aver inflitto al mio romanzo mille pugnalate mortali. 80 La mia sola grande consolazione è (e in definiti va questo può compensare tutto quello che è stato fatto per distruggere il libro) che se i russi avessero stampato il romanzo così com'era, di certo avrei dovuto preoccuparmi dello stato della mia anima. La sola buona letteratura che appare in quel paese proviene dai campi di concentramento. Penso a Evgenija Ginzburg, Solgenicyn, Grigorij Svirskij - e Anatolij Marcenko, che è ancora in prigione mentre scrivo - come a molti altri che, con le loro sofferenze, hanno mantenuto in vita lo spirito della letteratura russa. È un peccato quando è solo l'intervento della censura a sottolineare l'importanza di uno scrittore. Le acrobazie tra una produzione artistica vera e l'ambigua notorietà imposta dallo stato sono da evitare a tutti i costi. Nei paesi non comunisti caratterizzati da stabilità economica, dove esiste una borghesia sicura e prospera, ·generalmente non si finisce in.carcere per aver propagandato idee che potrebbero essere considerate pericolose. È stato il caso a decidere che alcuni di noi siano nati qua e non là. La società non è uno specchio fragile che può rompersi se colpito da un sassolino. Non ci sono idee pericolose in una società che possiede la sicurezza di stabili fondamenta. Questo sarebbe un bel quadretto, se fosse vero. E anche se è vero per metà, lo scrittore deve sempre stare in guardia. Chi ha detto che gli scrittori e i giornalisti inglesi non hanno bisogno di essere censurati, che fanno già un buon lavoro da soli, grazie? Se c'è una cosa più pericolosa della censura imposta dallo stato è la censura volontaria, dettata dalla convinzione che tutto sia perfetto, e che se non lo è, non si ha certo voglia di essere i primi a far dondolare la barca. Non molto tempo fa, drastiche misure di censura regolavano la produzione cinematografica. A giudicare dal tipo di cose che si vedono oggigiorno,.i,uesta censura non era necessaria. La sceneggiatura di Sabato sera, domenica mattina ha fatto parecchie volte la spola tra la casa di produzione e il British Board ofFilm Censors (che se non altro non è stato battezzato con britannica ipocrisia!) prima di avere finalmente il benestare necessario a entrare in produzione-e anche allora solo con la "X" che certifica la non consigliabilità morale al pubblico. Nel romanzo la protagonista abortisce. Nel film si poteva rappresentare il tentativo, ma non portarlo a buon fine. Bisognò accettare questo cambiamento, e sdrammatizzare alcune delle scene di lotta - due modifiche che alterarono il tenore del film. Il contratto era già stato steso e firmato, e le 90.000 sterline che rappresentavano il costo del film erano già state investite, e così fummo costretti ad accettare i tagli. Quando cominciai a scrivere, nel 1948, mandai i miei racconti e romanzi, per dieci anni, a tutte le riviste che reputavo interessate a pubblicarli, e a tutti gli editori presso i quali mi sembrava di avere una possibilità. Questa non è una storia insolita, e non intendo lamentarmi. Stavo imparand~ a scrivere, e se dico che per farlo impiegai cinque o sei anni, è altrettanto vero che sto ancora imparando adesso. Se il primo segno della follia di uno scrittore si ha quando comincia a fidarsi del suo editore, il secondo, e ancora più sicuro, si ha quando comincia a fidarsi di se stesso, a credere che quello che scrive abbia un qualunque valore per altri oltre che per sé. Per quanto mi riguarda, è solo per caso, o per mia fortuna, che il pubblico ha trovato interessante quello che ho
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