IL CONTESTO del genere lo ha esposto Adam Michnick, parlando dell' esperienza di Solidarnosc: "Credo che Solidarnosc abbia introdotto nella cultura europea un èlemento completamente nuovo: la priorità della pr~si rispetto al pensiero utopico. In questo mi ritrovo. Solidarnosc si batteva per una società civile, che per sua natura è una società imperl tta. Noi lottiamo per una società conflittuale, nella quale però i conflitti possano essere definiti nell'ambito di determinate rcgo1e del gioco democratiche. Se oggi mi chiedo se sono rimastt>,fedele a me stesso come 'sessantottino' dentro Solidarnosc, o se invece ho rinnegato me stesso, allora penso che non ho rinnegato me stesso. Credo di _essererimasto fedele alla miaopzioneantiautoritariadel 1968". E, in fondo, l'idea che vera garante del pluralismo e della vitalità democratica è l'esistenza di una società civile libera, complessa, anche conflittuale appunto, in grado di resistere con forza e consapevolezza autonoma ali' invadenza dei tradizionali poteri politico ed economico e, oggi, all'influenza onnipervasiva, dunque al potere reale, dei "media" (il Grande Fratello a Est come a Ovest). "Anche il peggiore socialismo è meglio del migliore capitalismo" disse a lungo Lukàcs. "Corruptio optimi pessima" gli ribattè Ernst Bloch, citando Sallustio - la corruzione del meglio è, la peggiore di tutte. In entrambi, appunto, persisteva l'idea che il socialismo era "il meglio assoluto''. e che si stava, pur tra errori e deviazioni, provando a realizzarlo. Il '68 cecoslovacco rappresenta ancora un tentativo del genere, e l'invasione che lo stronca probabilmente estirpa anche quest'idea. Che infatti, oggi, non trova gran credito a Est- e nemmeno sembrava trovarlo,a Tien An Men, prima della repressione. , 4. Una città in mano alla rivoluzione sembra la più nitida illustrazione del pensiero di Michnick (che recupera in effetti lasostanza attualissima delle lontane, a lungo sottovalutate, idee di Tocqueville). Bucarest, nei giorni di fine anno, è una folla curiosa .chegira, si incontra, racconta di ieri e si interroga sul futuro. Che cerca gli stranieri e parla. Che forma partiti, crea movimenti, nuovi giornali, che cambia i nomi ai vecchi giornali, alle strade, ai palazzi, che abbatte monumenti e ne erige di nuovi, spesso con poveri materiali. Che esprime dolore e lutto per i cadpti. E rabbia, voglia di giustizia, di rivincita, grida di vendetta. E un magma rovente, che nemmeno l'inverno romeno più nevoso e gelido da molti anni in qua riesce a raffreddare. Tutto ciò che era stato abolito e rimosso torna alla luce e reclama il diritto a esistere. Qualsiasi inevitabile normalizzazione non potrà ignorarlo. Sta qui la vera sfida per la nuova Romania, -come per l'Unione Sovietica di Gorbaciov. 5. A un presidio ci viene affidata una scorta per recarci alla villa di Ceausescu. "Rambo" dice un ufficiale. Ci accompagna un giovane alto, atletico, con una fascia sulla fronte, un mitra in mano. È un civile, ora aggregato all'esercito. "Rambo" dice, indicando se stesso~Ci racconta che faceva il meccanico, prima della rivoluzione. Dice del suo odio per il regime, e che adesso farà il soldato "per impedire che tornino quelli che avevano cancellato una generazione intera". Per questo è diventato Rambo. Un'altra volta a scortarci è un soldatino giovanissimo. Ha l'aspetto mite, simpatico. Ha con sé un'armonica che ogni tanto suona. Di sicuro, fra poco, avrà i capelli lunghi e un orecchino. Ovunque, in città, su~carri armati che sono presenti in ogni angolo cruciale la gente i)a infilato fiori nelle bocche di cannone, ha costruito pupazzi cfu<evesui cingolati, ha scritto sulle fiancate "l'esercito è con noi". Attorno agli alberghi la piccola folla di intriganti, di cambisti in nero, di puttane, non sa cosa aspettarsi dai cambiamenti in corso. Qualcuno ammicca a noi dell'Ovest e sembra aspettarsi tempi di buoni affari. , "Quando andrò in America passerò da voi, in Italia, voglio vedere Venezia, e Firenze, Roma, Napoli ..." dice Razvan. "Così vedrai che non meritiamo i tuoi sogni" dice uno di noi, un giornalista. Ma noi, che diritto abbiamo di dirgli questo? Noi, che andiamo a prenderci i bambini messi in vendita da Ceausescu--:-- "orfani di Stato" - e ci sentiamo tanto buoni. Noi, che andiamo a Cuba e torniamo contenti del sole, del mare e di Fidel. I lager, laggiù, sono ancòra fuori mano, fuori vista. Cannonate da Washington · e bombe in -terza classe Come l'America ·Latina entra nel decennio Joaquìn Sokolowicz Nel momento in cui il presidente Gorbaciov si dedicava a esaltare "il maremoto della storia" avvenuto durante l'anno che sarebbe finito allo scoccare della mezzanotte, nel suo messaggio televisivo da Mosca al pubblico statunitense, e mentre dal Texas il presidente Bush a sua volta prospettava ai telespettatori sovietici un'era nuova grazie "agli investimenti e al libero movimento dei· beni e delle idee", in Bolivia e ad Haiti soltanto alcune poche famiglie avevano una vera cena per accogliere in allegria il nuovo decennio. La Radio Vaticana esprimeva in diverse lingue la soddisfazione del Papa perché "la storia haportato ha termine alcuni suoi conti" e, frattanto, altri conti, 'non trascendentali, venivano fatti a chiusura del 1989 lontano da Piazza San Pietro: 178 civili morti ammazzati nel Saivador (in maggioranza per mano degli squadroni _d'.~strema destra), 3198 vittime della violenza politica in Perù (c1v1h,guerriglieri e milir.ari),circa mezzo milione di nuovi disocc1;1pa_tii~Argentina (per la chiusura di altre fabbriche e per la fine d1ogm mtroito attraverso i lavoretti "sommersi"). · I paesi latinoamericani si sentono più che mai abbandonati alla 6 loro sorte. Non che prima delle svolte e degli sconvolgimenti · nell'Europa dell'est percepissero una solidarietà convinta nel di, chiaratointeressamentodellepotenzeailoroproblemi,maigoverni di quei paesi sapevano se non altro di contare su una carta: la possibilità di offrire lauti guadagni alle aziende straniere solo accettando le condizioni che queste ponevano, ovverosia il massimo sfruttamento della forza lavoro e delle potenzialità economiche locali. Il Cile sotto il dittatore Pinochet, per esempio, ha ricevuto investimenti ed è riuscito a contenere l'inflazione su livelli quasi "europei" ma lasciando in cambio alla fame 5milioni di persone (il 40 per cento dell'intera popolazione nazionale). Oggi s'è affievolito sensibilinenteil potere d'attrazione esercitato dai paesi latinoamericani sui padroni di capitali alla ricerca di affari vantaggiosi a breve termine, quel potere su cui fanno leva i campioni del liberalismo "per risanare la nostra economia''. (oltre che per arricchire ulteriormente infime minoranze locali). E verso altre latitudini che vanno adesso le maggiori attenzioni delle potenze e delle loro aziende. "Quest'evoluzione è molto grave per il nostro continen-
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