Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

SCIENZA/BIGNAMI gli scienziati e specialmente per i genetisti, al di là dei confini della sua Scuola e della sua Nazione". E allora, come e quanto pesa su noi tutti una tale eredità? Di fronte a questa domanda, la scienza e la cultura italiana, anc'he a parte il cattolicissimo e fanatico professor Gedda, animatore di Comitati Civici in tempi di guerra fredda, non fanno una bella figura. Sfatata la leggenda degli "Italiani brava gente", sempre e soltanto impegnata a strappare dalla grinfia nazista l'ebreo o lo slavo o lo zingaro di turno, molti silenzi si illuminano di una luce a dir poco sinistra. Infatti non è un caso isolato quello- stranoto - del manifesto della razza; né tutti i trascorsi possono interpretarsi come opportunistiche farse ("L'anatomia del saluto fascista" si dice che titolasse uno scritto di un importante accademico.) Sotto la prima superficie si nasconde una fitta rete di contributi della medicina e della scienza al rafforzamento del regime, alla raccolta del consenso, alla lotta contro i suoi avversari; e questa storia comincia assai presto, come testimonia la prontezza delle operazioni mandate in porto dai fedelissimi già negli anni venti, con la applicazione nelle facoltà mediche e scientifiche della riforma Gentile (16). Di molti aspetti di tale vicenda raramente si parla. Il silenzio - meglio sarebbe dire omertà - appare ancor più anomalo in quei casi in cui una analisi puntuale dei fatti e documenti consentirebbe di cogliere nessi importanti tra gli sviluppi italiani e quelli di altri Paesi, soprattutto ma non soltanto tedeschi. Nei primi anni Trenta, per esempio - cioè al momento in cui il potere fascista si è solidamente assestato, mentre quello nazista ancora deve nascere - un noto clinico endocrinologo e costituzionalista, il professor Nicola Pende, mette a punto uno speciale modello bioculturale di razza che consente di sostenere l'italico primato. L'opera (17) è ovviamente dedicata "A BENITO MUSSOLINI che con i principi sani della politica biologica tesse un abito fisico, morale e intellettuale nuovo per una nuova grande Patria". Ma non è questo strisciare ciò che ora più interessa, quanto piuttosto. la dura polemica coi teorici nazisti, e in particolare con Rosenberg: Pende li accusa di errare gravemente sostenendo un modello di razza geneticamente "pura" che non è rispondente alla realtà biologica delle popolazioni umane, a partire da quelle tedesche. Le ambizioni degli scienziati fascisti non erano quindi da meno di quelle dei loro colleghi nazisti; i loro sforzi per legittimare il regime (e le relative ricompense dal regime concesse), non meno intensi e coordinati col resto dell'industria culturale; il rifiuto nel quarantennio postbellico di discuterne più a fondo il ruolo, non meno gravido di conseguenze negative. Un altro esempio: sempre negli anni Trenta, i modelli psicologici di Sante de Sanctis - già trombato dalla riforma Gentile (18), poi riciclato dal regime per le massime cariche accademiche e per un robusto ruolo di sostegno al fascismo - si pubblicano persino in importanti sedi estere. Uno di questi lavori, in ottimo inglese (19), "dimostra" la perfetta rispondenza strutturale e funzionale del regime fascista ai canoni della più avanzata scienza psicologica; la straordinaria coincidenza del profilo psicologico del Duce con quello del leader ideale, sempre secondo i criteri · della scienza più moderna. E non vi è dubbio che simili interventi, cadendo in Inghilterra e negli Stati Uniti su un terreno non refrattario alla seduzione fascista, possano avere avuto un ruolo 66 non secondario di validazione del modello autoritario. E allora, dove sono le approfondite analisi che dissezionano queste e molte altre scientifiche imprese dell'Italia fascista? Vi sono state iniziative, di necessità limitate, prese da singoli, come quella del compianto Hrayr Terzian, il quale ha affrontato il problema dell'affermazione, in una Europa dai molti regimi totalitari, di proposte terapeutiche miranti all'annientamento del deviante, come l'elettroshock e la psicochirurgia. (E non è strano il fatto che l'inventore dell'elettroshock, Enrico Cerletti, fosse sostanzialmente antifascista; né quello che i massimi successi della psicochirurgia si siano avuti in America, sotto la spinta del fanatico e frenetico W. Freeman, piuttosto che in Italia o in Germania o nel Portogallo di Salazar, il paese di Antonio Moniz, il pioniere della lobotomia premiato col Nobel (20).) Alcuni fenomeni importanti sono stati tardivamente dissotterrati come fossero curiosità, e quindi trattati alla stregua di incivili pettegolezzi: è il caso delle lettere in cui Ettore Maiorana esprime ammirazione e simpatia per il nazismo. Altri lavori, più approfonditi, si sono arenati nel finale in una sorta di prudenza che vietava di trarre tutte le dovute implicazioni. È il caso dell'opera in cui Giorgio Cosmacini scopre gli altarini di padre Agostino Gemelli (21), un personaggio risultato assai più fascista di quanto molti · non pensassero; coinvolto anima e corpo in importanti operazioni di regime, sul piano delle scienze psicologiche di cui aveva ricevuto l'esclusiva; e anche brutalmente pratico e cinico nella corsa alla sua cospicua fetta di potere clerico-fascista (lo dimostra per esempio il suo ruolo di freddo esecutore nella vicenda di Ernesto Buonaiuti, l'equivalente in campo culturale degli assassini di Matteotti e dei Rosselli.) Implicazioni per il dibattito attuale sulla scienza La mancata ricognizione di questi nostri retroterra non è solo una soppressione indebita di un pezzo importante di storia, un venir meno a degli obblighi non derogabili di pulizia e di chiarezza, un grave inganno nei riguardi delle generazioni più giovani, che hanno il diritto di conoscenza e di giudizio. Assai più grave è il rischio di legittimare di fatto un modo d'uso di una medicina e di una scienza che le debolezze culturali rendono ancor oggi taillables et corvéables à merci. Le attività sul pianeta scientifico e medico-come ha mostrato un intensissimo dibattito che non si può tentare di riassumere - non sono mai né interamente autonome, né del tutto assoggettate alle determinanti esterne, ma segnate da una immensa complessità di interazioni tra il "dentro" e il "fuori". Gli abitanti. di detto pianeta ripetutamente dimenticano quanto sia arduo navigare senza infamia tra i rifiuti spesso fatti alle loro legittime richieste e proposte e le offerte avanzate da chi ha obiettivi di gestione e di controllo: offerte di mezzi, offerte di riconoscimento di un ruolo di guida, offerte di poter finalmente applicare modelli e pratiche lungamente studiati e pensati tra mille e mille frustrazioni. Lasciata a se stessa, per le sue stesse esigenze la scienza è dunque di necessità opportunista. E lo scienziato non sarebbe tale - ma sarebbe piuttosto un normale professionista o imprenditore con buone probabilità di successo - senza la giusta dose di narcisismo e paranoia, quella che lo illude di essere più forte di Mefistofele nel momento in cui con esso patteggia, quella che a

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==