Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

STORIE/MOROVICH D'improvviso dal balcone sottostante si sporse la testa della signora Gise~la, coperta da una cuffia orlata di merletto. Era proprio sotto al vaso tenuto dal fil di ferro. La intese ridere e capì che rideva per la disgrazia capitata ai fiori del suo balcone. Questo le dispiacque molto, aumentando il rancore che provava per la padrona di casa; e, quasi una mano invisibile la muovesse, staccò l'ultimo vaso, lasciandolo cadere. Intese un grido soffocato che la spaventò e· quasi la fece svenire; pure rientrò in casa in fretta e si rimise a letto. Fosse la tensione nervosa di quel gesto imprevisto o il timore delle conseguenze, fatto è che la signora Giorgina tornò ad addormentarsi profondamente. La svegliò sua figlia, con la notizia della morte della signora Gisella: disse che Carlo temeva dei guai essendo caduti dei vasi dal loro balcone. La signora Giorgina fingeva di non capire, e questo le riusciva straordinariamente facile; aveva lasciato cadere il vaso in modo così imprevisto da non risentirne rimorso alcuno. Per tutto quel giorno la casa fu sottosopra. Per fortuna si misero di mezzo gli eredi della signora Gisella, che era vedova senza figli, e, niente affatto scontenti di quel vaso provvidenziale, poterono mettere le cose a tacere. Carlo non firmò le cambiali, né pagò arretrati; anzi, coi nuovi padroni, che lo vedevano di buon occhio, trovò modo di farsi diminuire l'affitto. · La signora Giorgina invece non si alzò più dal letto e mostrava indifferenza per tutto; non le importavano più neppure le allegre · voci dei suoi nipoti. Sua figliala fece visitare dal medico che le confidò che il cuore della mamma valeva assai poco e che presto sarebbe morta. Infatti all'alba del giorno dopo, non assistita da nessuno, la signora Giorgina spirò. In ispirito uscì subito sul balcone, a vedere il tempo, che s'era rimesso al bello. Il mare era calmo e deserto. Le palme si riscaldavano al primo sole; nel giardino e sui balconi non c'era anima viva. La solitudine le fece piacere, incm;aggiandola a scendere in giardino. Ma subito fu investita dallo spettro della signora Gisella. "Voi!"urlòquella. "Viadiqui,andateveneall'inferno",efece l'atto d'afferrarla al collo. La signora Giorgina fece un salto indietro, ma la signora Gisella le si avventò nuovamente, e, come la vecchia si mise a fuggire nel giardino, la inseguì urlando. · La signora Giorgina capì che doveva andarsene da quel giardino e questo la addolorò assai; ma pure si rassegnò e uscì lungo il mare. · Ma subito fu raggiunta dal signor Rodolfo, il defunto marito della signora Gisella, che la pregò di fermarsi. "Mia moglie ha torto di prendersela con voi", disse Rodolfo con un sorriso. "È stata una disgrazia, non so neppure come sia avvenuto", ammise la signora Giorgina. . . "fo invece lo so", disse il signor Rodolfo. "Sono stato io a spingere la vostra mano". "Voi?"disse sorpresa la signora Giorgina. "Avete causato la morte di vostra moglie?". "Sì, signora", disse Rodolfo. "Era un pezzo che la sorvegliavo in quest'ultimo tempo, non mi piacque affatto il suo comportasa Disegno di Enrico Morovich. mento con vostro genero; e, prima che le cose prendessero un aspetto diverso, ho colto un'occasione propizia".(Data incerta) NELLA QUERCETA Vedevo passare sottocosta una barca a motore senza rendermi conto a cosa servisse, né m'importava di saperlo. Ne ascoltavo il suono del motore che aumentava fino a raggiungere un massimo come si trovava di fronte a me, per diminuire allontanandosi. Il mare era leggermente agitato, la costa un po' alta e rocciosa ed io avrei trascorso qualche ora nella querceta, a far nulla, se non a girare e a guardare, neanche disturbato dalla solitudine se un cartello appeso ad un tronco non mi avesse messo di malumore. V'era scritto "Vietato fischiare Valencia", e null'altro. Era una provocazione, una sfida ed anche l'avviso che nella querceta non ero solo, ma che, non visti, ma pronti a farsi vedere con urla e altre dimostrazioni poco affettuose, v'erano dei giovani che non sapevano trascorrere il tempo altrimenti che inscenando agguati, colpi di mano e inseguimenti. Che cosa mi restava da fare? Se fischiavo qualche nota della notissima canzone me li vedevo arrivare, quei giovani, urlanti e gesticolanti e dovevo almeno fingere di scappare. Ma se non fischiavo era·segno che, nonostante la provocazione, volevo fare i comodi miei, che me ne infischiavo di coloro che si celavano fra i cespugli bruciando dalla voglia di rivelarsi, insomma che volevo restare solo. l . Del resto quel bosco non era pubblico. Un bosco fra la strada e il mare, anche se non è circondato da mura o da filo spinato, può avere un proprietario. Questo nel quale stavo girando, ne aveva uno che conoscevo benissimo: ma il fatto di conoscerlo non mi avvantaggiava in alcun modo di fronte a coloro che, calcolavo, da un momento all'altro sarebbero sbucati da qualche parte. M'ero fermato come per sentirli respirare. Mi pareva di vederli, qualcu-

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