BELLEZZA, PERICOLO E SGOMENTO e altre poesie James Fenton a cura di Maria Del Sapio Una storia (più o meno lunga) e un narratore ·riappaiono in molte poesie di James Fenton riassegnando alla poesia un'istanza narrativa che, stando alle certezze dei critici, l'affermarsi del romanzo da almeno due secoli le avrebbe invece definitivamente sottratto. Contro gli stess1 critici che tuttavia da tempo avvertono della morte del romanw, appare rivoluzionario proporre, J-iadetto Fenton nel suo Manifesto contro i Manifesti (in "Poetry Review" 3, 1983), una poesia "intrinsically interesting", una poesia oggettivamente interessante che al lettore si offra come materia avvincente di per sé, come trama in quanto tale, ma che proprio per questo rimanga chiusa su se stessa, e costringa a un'interrogazione interpretativa permanente. Senso e segreto, ci sembra di capire, dovrebbero essere contenuti insieme in ciò che ·è scritto, in quella parte di storia che scrivendone viene resa visibile e che è allo stesso tempo troppo e troppo poco. Fenton che ha voluto scrivere il suo Manifesto in polemica con le categorizzazioni semplificanti della critica dovrebbe scoraggiare ogni nostra individuazione di scuole e movimenti e tuttavia egli scrive per annunciare e promuovere quel ritorno alla narratività che è osservabile anche in altri giovani poeti inglesi come Tom Paulin, Andrew Motion e Bl:µceMorrison. Ma cosa raccontano le poesie di Fenton? Le storie che egli sa di poter raccontare sono storie inconcluse, storie fatte sì di materiali del reale, ma imbastiti secondo le modalità di un inquietante o insolubile giallo alla Robbe-Grillet. O meglio sono schegge di Storia, la nostra storia contemporanea, che egli raccoglie, come dopo una catastrofe, e immobilizza - nella forma estraneante ed evocativa della.fiction. C'è in tutto questo un accorto dosaggio di osservazione esatta del reale e reticenza, una nuova e sorprendente alleanza di virtù civili e gioco verbale, una produttiva contaminazione fra un modo colto di far poesia appreso alla scuola di Oxford (via Auden) e lo stile-reportage di un poeta curioso di storia e di genti, sempre in giro per il mondo: il Vietnam, la Cambogia, l'Italia, la Germania e più recentemente le Filippine (che danno il titolo alla saa ultima raccolta di versi, Manila Envelope). Sarà per questo bisogno di · vedere e di raccontare che egli spesso rivisita con rigore classico forme quasi-orali come la ballata, la filastrocca, la parabola (o l'esempio). Per trasformarle però in codici oscuri, in rompicapo. Nato a Linco!n (Inghilterra) nel 1949 e laureato a Oxford dove vive, Fenton ha finora pubblicato tre libri di poesie: Terminal Moraine del 1972, The Memory ofWarandChildren in Exiledel 1982 (che lo ha reso noto ad un vasto pubblico) e Manila Envelope del 1989. Oltre che critico teatrale per il "Sunday Times", Fenton è stato corrispondente politico dall'estero per il "New Statesman", il "Guardian" e la BBC, un'attività che lo ha sempre portato a contatto di "Coloro che la geografia condanna alla guerra" come dice un verso di Children in Exile, o comunque in contesti (anche familiari) in cui il senso sembra essersi eclissato e della storia non è dato di raccogliere che frammenti inconoscibili,, ricucibili solo in un racconto parziale, fatto di verità monche e inquietanti. È attraverso il sottile sconcerto di verità opache, che la poesia di ispirazione aneddottica o narrativa di Fenton sta tentando allo stesso tempo la via dell'impegno civile e di unanuovalibertà verbale. È il caso di TheMemory o/War and Children of Exile (da cui sono tratte quasi tutte le poesie che qui pubblichiamo), titolo che raccoglie poesie tematicamente molto varie scritte fra il 1968 e il 1982, ma che intende richiamare soprattutto in relazione alla guerra i contraddittori percorsi soggettivi e _parziali del racconto e della memoria. The Memory of War sposta appunto sul lavoro della memoria - una memoria impegnata a cancellare più che a ricordare - le nostre responsabilità rispetto alla guerra. Memoria è il trauma che si acquieta nella cerimonia commemorativa, il requiem regolato dal calendario, i patti di sopravvivenza stipulati attra38 verso rituali di dimenticanza. Fenton non teme di profanare la pietas, di esporre gli stereotipi, la ripetizione dei gesti e le retoriche nella loro oscenità pur di allestire immagini efficaci contro il terrore e la morte che minacciano l'umanità. Lo fa cercando di far rivivere le parole anestetizzate della memoria, riscrivendole entro contesti marcatamente surreali. I cimiteri dello ster- ' minio, vecchi, recenti, quelli paventati dello sterminio totale (Dead Soldiers, A German Requiem, Cambodia, Wind), così come i privati e romantici indugi nichilistici (The Skip, Letter to fohn Fuller), sono chiamati a farsi cruda e surreale eloquenza nella poesia di Fenton attraverso un distanziamento ironico - a tratti volutamente blasfemo - che separala tragedia da quelle incrostazioni di luttuoso sentimentalis~o retorico che alla tragedia si attaccano come abitudine e ne attutiscono la gravità. Se viene in mente la drammatica energia della poesia di denuncia che Wilfred Owen scrisse durante la prima guerra mondiale è per stabilire una differenza di tono. Non è attraverso il pathos infatti che Fenton denuncia gli orrori della violenza ma attraverso una sorta di irriverente lucidità. Una lucidità che si accompagna a un sofisticato programma di scrittura e che chiama a cozzare e a stridere insieme entro un impianto narrativo estraneante, l'ovvia domesticità del quotidiano, gli echi della piccola cronaca e i bollettini della catastrofe. Fenton che in molte poesie dimostra di essersi esercitato con successo sul nonsen~e di Lewis Carroll, deve anche aver fatto propria la lezione dei surrealisti. Reminiscenze storiche epezzi di autobiografia, i fatti della piccola cronaca e della cronaca nera, annotazioni di viaggio e i bollettini della guerra, sono come sottoposti al destino dell'objet trouvé, oggetto isolato e di senso errante che tessuto inmicro-intrichi narrativi (intriganti quanto evanescenti) viene promosso a nuova e interrogante percezione del reale. Converrà sottolineare l'effetto scandaloso di questo procedimento in alcune poesie di Fenton contro la guerra, ricordando per esempio di A German Requiem le sinistre lapidi-trouvailles, lapidi improvvisate in tutta fretta con Je targhe di ottone di case in cui non sarebbe tornato più nessuno e in cui la morte, rimasta ancorata a sernidomestici brandelli di vita passata annienta con un perturbante scoppio di humor nero il gioco insensato di tutte le guerre. -E la stessa intelligenza insofferente che in Vucceria per esempio, attraverso l'improvvisa esplosione ludica e _surreale di una irnmagine-trouvaille, riesce ad affrancare la condanna della violenza dalle ovvietà accomodanti in cui rischia di cadere persino il linguaggio della denuncia. Found poetry Fenton ha anche chiamato la sua poesia a ricordare l'impegno citazionale di certe sue poesie come Chosun per esempio, ma anche ad affermare, a.me sembra, non tanto l'innocenza e la trasparenza dei propri materiali rispetto al reale quanto l'alienata distanza che c'è fra l'io narrante e la propria materia (sia essa la materia pseudo-autobiografica di Nesto/V ampires e Vacant Possession, oppure quella cronachistica di A Staffordshire Murderer, o quella storica di A German Requiem o Children in Exile). Un'impossibilità di controllarne il senso, di piegarla al concluso delle interpretazioni definitive, per cui il poeta è costitutivamente altrove, su una terra estranea e insidiosa. Non per questo però egli rinuncia a percorrere il mondo e l'intrico delle sue ambigue narrazioni. Non importa che il suo rapporto sulla Storia sarà un'altra verità mancata, una costruzione fmzionale.11 poeta ci riprova. Esiliato, straniero, spia, profeta inaffidabile, egli il mondo comunque l'attraversa, pericolosamente, da ipersensitivo osservatore alieno e con una scrittura vigile fatta di astuta obliquità, di improvvisi dinieghi, di ingannevoli ritrattazioni, a tratti didattica, sempre più sermonizzante (nelle ultime poesie), o oscuramente epigrammatica.
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