Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

mozambicano (proveniente da una famiglia di emigranti portoghesi, laureato in biologia, ma per diversi anni attivo nel giornalismo) nascono da una materia tematica fatta di storie tragicamente quotidiane di cui sono protagonisti personaggi comuni e popolari - contadini, piccoli commercianti, emarginati, immigrati provenienti da terre lontane quali l'India e la Cina, ecc. - le cui esistenze sono spesso segnate da un destino di sofferenza, di povertà e di frustrazioni che si conclude quasi sempre con una sconfitta o con la morte: il bambino che muore calpestando una bomba, la moglie uccisa dalle paranoie del marito che la crede una strega, la commerciante cinese avvelenata dalla follia ·d'amore di un serpentaio, il povero barbiere arrestato dalla polizia politica portoghese che prende troppo sul serio le sue chiacchiere coi clienti, il padre accecato dal desiderio di ricchezza che finisce per essere responsabile della morte della figlia ne sono altrettanti esempi emblematici. Queste vicende, che avrebbero potuto dar luogo a una sorta di inventario neorealista, diventano nelle pagine di Couto il pretesto per la costruzione di un mondo magico costantemente percorso da pulsioni irrazionali, che nascono dall'incrocio tra le follie umane, il potere dei sogni e le valenze mitiche dell'immaginario africano, quello delle leggende e delle fiabe in cui dominano avvenimenti straordinari e poteri sovrannaturali, e in cui lo scontro continuo tra forze benigne e maligne non è che un invito all'interpretazione simbolica dell'universo. La capacità di calarsi completamente nelle strutture percettive e culturali dei suoi personaggi (che spesso narrano in prima persona le vicende di cui sono protagonisti o testimoni) ha consentito allo scrittore di fondere la realtà attuale del Mozambico - col suo carico bruciante di contraddizioni: la guerra, le difficoltà economiche, la burocrap.zzazione del paese - con la cultura tradizionale di quelle terre, che non è un relitto del passato, ma una componente viva e presente' nella vita della gente, dando luogo a una singolare mescolanza di tonalità e di accenti. Determinante a questo fine è la lingua tutta particolare che l'autore ha saputo creare, recuperando la forza della tradizione lusitana e in particolar modo la lezione di certa letteratura brasiliana (più di una volta, leggendo queste pagine, viene in mente l'estro linguistico di Guimaraes Rosa). Si tratta di una lingua che rifiuta per principio la mimesi realistica in nome di una parola connotata poeticamente (non a caso l'esordio di Couto è costituito da una raccolta di liriche), che lo scrittore mozambicano non esita a forzare per mezzo delle continue metafore e intervenendo massicciamente sul piano della sintassi e dell'aggettivazione, sfruttando al contempo frammenti linguistici esatti e concreti, che però sono sempre montati in maniera inusitata e sorprendente. La sperimentazione linguistica che reinventa il linguaggio popolare attraverso l'apporto della lingua colta è così in grado di materializzare un universo che è insieme magico e concreto, tragicamente poetico ma a tratti comicamente grottesco, mobile come i sogni e contemporaneamente capace di ricreare la realtà cui si ispira senza tradirne il senso, mirando più alla ricostruzione di atmosfere che alla descrizione CONFRONTI Mia Coulo (arch. Edizioni lavoro). precisa del mondo (si veda, ad esempio, questa incipit: "Pomeriggio di legno e di zinco. Tetti spioventi, rigati di piovischio. Bagnate, le palpebre del meriggio liberano pipistrelli. Nel quartiere delle capanne il paesaggio è baciato solo dalla morte. Saide rientra a casa, borbottando imprecazioni. È abbrutito dalla birra, ha trascorso tutto il pomeriggio nella sua disperazione"). I racconti di Voci all'imbrunire nascono insomma da un universo culturale composito in cui coabitano riferimenti tra di loro assai diversi che sono' appunto il frutto dell'eterogenea formazione dell'autore, una formazione che ancora una volta - in Africa non è certamente un'eccezione - nasce nel nome del meticciato culturale, dell'~contro tra culture lontane che producono una sorta di molteplicità del soggetPrecarioWest to, insieme uno e tanti, voce individuale che riassume in sé esperienze collettive. Non è un caso quindi che così inizi un altro dei racconti: "Io siamo tristi. Non sto sbagliando, dicobene. O forse: noi sono triste? Poiché dentro di me non sono solo. Sono molti. E tutti questi si contendono la mia unica vita. Avremolenostre morti. Ma il parto fu solo uno. Eccolo, i)probl~- ma. Per questo quando racconto la mia stona mescolo, mulatto non di razze ma di esistenze." Questa mescolanza finisce per rifrangers_siulla realtà, che di conseguenza non è più uruvoca~ mente monolitica ma risultato di innumerevoli tessere che non sempre è possibile ricomporre in un unico mosaico; così· almeno la pensa l'autore che all'inizio di altro racconto scrive: "Patanhoca: la uccise lui Mississe la cinese (...). Beh, non lo so il motivo che gliela fece ammazzare. Ne dicono tante, in proposito, e sono tutte versioni attendibili. Io ho chiesto,ho avuto delle risposte. E racconterò la storia.No~ proprio la storia: pezzetti di storia. Pezzetti. sbrecciati come le nostre vite. Riuniamo i frammenti, il mosaico non è mai completo.( ...)No~ voglio esporre la verità, non ne so nie~te d1 come è andata. Se invento, è colpa dellavita. La verità, alla fin fine, è figlia mulatta di una falsa domanda." Ecco le voci all'imbrunire di Couto possono solo r~contare ~torie dai contorni incerti, in cui sogno e realtà si confondono, ma che no? per questo perdono di intensità e verità, contJ.- nuando così ad agire criticamente sulla realtàe a indicarne possibili letture che sfuggano alla accettazione passiva dei dati contingen~. Ed è proprio la passività il nemico contro cm_c.~u~? cerca di combattere con i suoi racconti.: C10 che più duole, nella miseria, è l'ignoranza che essa ha di se stessa. Messi di fronte all'assenza di tutto gli uomini si astengono dal ~gn? disarmandosi del desiderio di essere altri. Esiste nel nulla un illusione di pienezza che fa fermare la vita e imbrunisce le voci". nelle storie di RichardFord Marisa Caramella Il regista che volesse trarre una serie di telefilm, o un film a episodi, dalla raccolta di racconti di Richard Ford appena pubblicata in Italia con il titolo originale di Rock Springs (Feltrinelli, traduzione di Vincenzo Mantovani, pagine 190, lire 23.000), non avrebbe certo problemi di casting. Non si fa in tempo a iniziare la lettura di una di queste storie che già il protagonista assume disinvolto le sembianze di Jack Nicholson, Clint Eastwood o Sam Shepard, e veste i panru romantici e dimessi, i jeans e la camicia a scacchi, del moderno cowboy che percorre le strade di un West dove indugiano ancora il fascino e la promessa dell'ignoto, a bordo di una macchina usata o rubata invece che in groppa a un cavallo, fermandosi a riposare in un motel scalcinato invece che in un albergo con annesso saloon. Gli echi che rimandano le pagine dense della scrittura controllata ed efficace di Richard Ford sono innumerevoli: echi cinematografici, echi televisivi, echi teatrali, echi musicali, echi letterari, al punto che il lett?re ~~ spesso la sensazione di già.visto, già sentito,g1~ letto. Non per questo l'incontro con la pr?sad1 Ford è meno gradevole. I suoi riferimenti.sono sempre di eccellente qualità, e la familiarità d! situazioni, immagini, personaggi e paesaggi non impedisce che la lettura riservi _sorprese: Contrariamente a quanto succede nei ra~ontJ. di altri autori il cui stile Ford ovviamente ncalca, da Hemingway a Raymond C~er, c'_è sovente, in questi, un momento cruciale esphcito, in cui uno dei personaggi viene i?q~adra~ in primo piano, o avanza sul prosceruo, illwmnato da riflettori che escludono ogni sfondo, ogni scenografia pur abilmente con~eg?ata e destinata a imprimersi nell'immagmano del lettore, e se ne esce in un monologo dal linguaggio dimesso e dai toni un po' retorici, trasudan31

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