Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

(ora ristampato dalla Leonardo, Il lamento di Portnoy, 1989) questo gesto diviene ben evidente. Sia l'onanismo di Alex che l'autoreferenzialità del romanzo (che costantemente richiama l'attenzione al proprio status di fiction, di racconto detto sul divano dello psicoanalista) sono metafore di una più larga contraddizione fra pretese e realtà nelle culture etniche e · letterarie da cui emergono. Facendosi beffa delle devozioni e delle pomposità della propria eredità ebraica, dimostrando la loro funzione di miti con cui la gente orchestra la propria vita, Roth simultaneamente esercita e celebra l'inventività di una cultura che ha superato le proprie contraddizioni attraverso la commedia. Allo stesso tempo egli crea un mito dal significato universale, un mito il cui fine è demitologizzare: forse il modo più estremo di "mostrare l'altra faccia". Tutti i mo~vi esposti qui sopra si ritrovano in un'antologia di Scrittori ebrei americani pubblicatadaBompiani (1989, a cura di Mario Materassi; con traduzioni del curatore e d'altri). La scelta si basa esclusivamente sul racconto ed è forse saggio sia così, anche se il memorabile - se non il meglio - di certi autori (penso, per esempio, a Mailer e a Elkin, agli stessi Henry e Philip Roth) lo si trova nel romanzo: citare qui un romanzo "fallito" di Mailer comeBarbary Shore (1951), tradotto in italiano ma tuttora giacente nello stipetto di un editore, può sembrare bizzarro, ma chi dimenticherà quel Brooklyn Heig!Ùse quel cospiratore trotzkista da guerra fredda? Così dicasi per lo splendido Dick Gibson di Elkin, essudante acutezza ebraica nel suo talk show da Scheherazade e insieme Lenny Bruce (emai tradotto in italiano). Ma la scelta di racconti è sufficientemente ampia da suggerire diversi percorsi di lettura: c'è la narrativa· d'immigrazione, da Abraham Cahan a Anzia Yezierska al marxista Michael Gold; c'è una sottile linea femminile sofisticata, da Dorothy Parker a Bella Cohen a Sondra Shulman; c'è una linea femminile più dura ed essenziale, Tillie Olsen e Grace Paley; c'è la tradizione Chelm da I.B.Singer a Chaim Potok a Abraham Rothberg; c'è la commedia nichilistico-nevrotica da S.J.Perelman, autore dei dialoghi dei Marx Brothers, a Woody Allen, l'autore che ben conosciamo - e qui manca un autore determinante, Nathanael West, che - come forse tutti non sanno - pubblicò come racconti alcuni dei futuri capitoli di Miss Lonelyhearts (Signorina Cuorinfrdnti; penso soprattutto al fulminante Miss Lonelyhearts and the Dead Pan, 1932). Ci sono, fin troppo ovvio, gli scrittori più noti da nqi, da Bellow a Malamud aMailer a Philip Roth-di quest 'ultimo, per esempio, il racconto tradotto, Eli il /anatico,appartenentealprimovolumediRoth, esplora acutamente la gratuità di un tema capitale della narrativa ebraica, quello dell'identità, esaminando la particolare configurazione culturale che costituisce l'io ebreo. La voce di Metatron risuona particolarmente chiara in scrittrici come la Paley e la Ozick (la quale tuttavia non mi sembra tutto quello che di lei si dice), in uno scrittore come il già citato Elkin. Ma è anche vero, e lo nota il curatore, che vi sono scrittori ebrei e scrittori ebrei: quelli per 28 CONFRONTI cui l'ebraismo è "centrale" e quelli per cui esso è "periferico". Non che questo importi più di tanto ai fini del giudizio estetico - ma si leggano le pagine finali di The Counterlife di Philip Roth per avere una chiara idea di come il dissidio identità ebraica/giudizio immaginativo vada a risolversi: "la circoncisa erezione del padre ebreo". E.L.Doctorow, altro· scrittore ebraicoamericano, non presente in questa antologia, ha recentemente indicato una favola di Rushdie come suscettibile di applicazioni storiche al di là della sua ambientazione indiana. Un bel giorno di aprile a Delhi la ristrutturazione urbana arriva al ghetto degli illusionisti. Faccende di ordinaria magia vengono interrotte dallo strepito di camion e bulldozer, voci educate all'occidentale blaterano in altoparlanti ordini di evacuazione. Il ghetto è risultato un pugno nell'occhio: il programma di abbellimento civico esige la sua distruzione e la sterilizzazione dei suoi abitanti. A sera il ghetto è spianato, ma alcuni degli illusionisti l'hanno fatta franca. Il giorno dopo ci sono voci di un nuovo ghetto nei pressi della stazione ferroviaria: corsa di camion e bulldozer; risultato, niente. I giorni successivi il ghetto riappare nei quartieri commerciali, in quelli suburbani, fra le casupole dei più poveri e nei giardini formali dei più ricchi. Nel giro di una settimana la baraccopoli mobile degli illusionisti diventa un fatto noto a tutti gli abitanti della città senza che i demolitori possono localizzarla. Il programma di abbellimento civico è vittima di illusionisti fuggitivi. Questa favola appare in / figli della me~zanotte, il romanzo di Rushdie che usa brillantemente le tecniche del modernismo letterario per esplorare i dilemmi della modernizzazione. La favola del ghetto degli illusionisti drammatizza la scelta fra tradizione e modernità, fra il "sudiciume", l'ignoranza e la superstizione endemici in molti paesi in via di sviluppo e i metodi autocratici di élites modernizzatrici che cercano di imporre un'uniformità sanitaria a interi gruppi etnici. La favola suggerisce anche i limiti della modernizzazione: l'impossibilità di coniugare pensiero magico con razionalità PhilipRoth. burocratica, il rifiuto ostinato della gente ordinaria di essere emancipata o progredita da leaders che guardano al futuro. Il ghetto mobile degli illusionisti epitomizzal' intrattabilità della tradizione in un mondo modernizzato. Ora, direi che la storia del ghetto degli illusionisti ha una meno ovvia ma ugualmente importante rilevanza negli Stati Uniti contemporanei, dove l'adattamento a una società corporativa, secolare, legata a un lavoro routinario e aun tempo libero consumistico è stato per ora caotico e inconcludente come il programma di abbellimento civico di Delhi. Se la lettura è corretta su questo punto la letteratura ebrea americana, che - è stato detto, non a torto - è quasi tutta la letteratura americana contemporanea che conti, rappresenta la punta della discussione critica di quella fede modernista nella perfetta autonomia dell'essere sociale e della sua denuncia come un'illusione distruttiva, allora è urgente che l'immagine che questa letteratura ha di sé oggi e ieri sia commisurata alla storia reale che muove oggi il mondo. No, non vi sono molti modi di essere un ebreo americano o di scriverne la storia: pensarlo equivarrebbe a rimanere ai margini del discorso pubblico, parlando soprattutto fra sé e sé, intrappolati nel proprio ghetto delle illusioni. In fondo l'unico modo che il David di Chiamalo sonno ha di raggiungere quel lontano rubinetto è quell~ di crescere oltre l'illusione di essere una semplice "persona ebraica" mostrando "l'altra faccia". Le difficoltà di questo "voltar" faccia o pagina nel ghetto delle illusioni nell'America contemporanea hanno assillato la più vivace cultura ebraica, dall'indimenticabile sequenza finale di Force of Evil (Le forze del male, 1948), di Abraham Polonsky, in cui fohn Garfield va "giù, giù, sempre più giù", fino al riconoscimento estremo di un'identità interrotta, al recente Z,elig (1983) di Woody Allen, in cui l'illusionismo raggiunge un climax senza precedenti: tentativo storicodimostrare l '"altra" faccia entrando nel testo sociale di plurime identità pubbliche, di raggiungere il distante rubinetto del potere scalando dall'interno il Goliath americano. Sono difficoltà al centro di una recente raccolta di interventi sulla letteratura ebraica americana dal titolo/l recupero del testo (CLUEB, 1988), di cui voglio ricordare la stimolante presentazione dei curatori, Guido Fink e Gabriella Morisco, e il saggio originale dello stesso Fink sul ghetto nelle pagine di Henry James e Twain. Mi pare interessante che la raccolta constati un rotto filo di Arianna nel testo globale dell'identità scritturale ebraicoamericana e che raccomandi da una parte che il rotto filo resti rotto e, dall'altra, che proprio la rottura (Fink ricorda la caduta della torre eretta nella valle di Shin'ar) costituisca la premessa più solida di mr risarcimento testuale. Defoliare, sfogliandole, le "facce" del palinsesto scrit0 turale e della forma codificata di saggezza che è la Cabala può portare, per salti di senso e di storia, a ricostruire, con sempre nuove lenti storiche, la scritta sul muro, il potere di quello strano mondo "dietro" le mura della casa americana.

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