Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

CONFRONTI oggettiva nel passato o no" ("Linea d'Ombra", n. 8, febbraio 1985, p. 23). La presenza in tutti (o molti) di questi romanzi di un narratorehistor che intesse il proprio racconto di incertezze o silenzi, oppure che gioca con i dati reali stravolgendoli e deformandoli per il gusto di una comicità sgangherata, è un elemento costante di quello che chiamo il 'nuovo' romanzo storico. Nessun residuo di positivistica fiducia nel corso della Storia lo anima, né alcun orgoglio della propria funzione; sono molti invece i dubbi che lo attanagliano sugli obietti vi e i metodi della ricerca storica. Nel suo racconto la materia storica - attraverso la sovrapposizione di registri diversi e di strategie retoriche complesse - viene come passata al vaglio di un filtro metanarrativo che la rende problematica e autoriflessi va. Ciò che nel romanzo tradizionale avvicinava dunque il lavoro dello storico a quello del romanziere- organizzare una serie di dati e eventi secondo i principi della rilevanza, della coerenza interna, della consequenzialità e della spiegazione -diventa ora del tutto trascurabile. Nel 'metaromanzo storiografico', che è la definizione proposta da Linda Hutcheon per questo tipo di romanzo (A Poetics of Postmodernism, Routledge, 1988) non si tratta più di ricostruire in maniera attendibile un periodo o un evento storico, nédi appurare un frammento di verità sulla base di documenti e testimonianze, quanto invece di relativizzare il fattore verità, legandolo all'enunciazione di un soggetto; di problematizzare tanto la funzione dello storico quanto il discorso della storia. Voler registrare la storia, da parte di questi narratori, non esprime tuttavia il desiderio di sostituirsi allo storico, bensì l'esigenza di mostrare che la 'verità' è fatta di parole e che nella sua trasmissione sono importanti il punto di vista, la distanza, la prospettiva e la forma della narrazione, tutti elementi in grado di alterarne. la sostanza. o comunque differenziarla secondo che prevalga l'uno o l'altro aspetto. Dalla lettura di questi romanzi si ricava in definitiva che ciò che unisce Storia e romanzo non è tanto una materia tematica quanto il loro essere racconto, elaborazione linguistica e narrativa di un narratore. Non è un caso forse se due romanzi storici contemporanei, Il nome della rosa e Maggot, la ninfa, contengano, come nascosto tra le pieghe della narrazione, una sorta di omaggio cifrato a due celebri romanzieri, rispettivamente Borges e Defoe- tutti e due abili costruttori di artifici letterari- omaggio che poiché rappresenta un ammiccamento nei confronti di una tradizione romanzesca che esalta il gioco e l'invenzione, sembra contraddire la facciata' storica' di questi romanzi edificata su prove e documenti reali. Non si tratta però di una contraddizione, ma piuttosto di una forma di inversione parodica di quanto accadeva alle origini del nove[, quando il romanzo tendeva invece, come per una sua inclinazione naturale, a confondersi con l'esattezza della storia e attirava il lettore proprio sulla base della presunta verità del suo racconto. Negando l'elemento di verità al proprio racconto, il narratore postmoderno si nega gli attributi del 'narratore ideale', che secondo Benjamin (si veda il saggio su Leskov Il narratore, in Angelus Novus) sono quelli di 'maestro' e di 'saggio'; il suo compito sembra esaurirsi con la raccolta delle testimonianze e la ricostruzione dei fatti; non spetta a lui accertarne la veridicità, interpretarli o spiegarli, né tantomeno trarne una morale. Il suo racconto risulta così non tanto motivato dall'ideologia quanto dalla retorica. Attraverso l'utilizzazione di figure e procedimenti retorici quali l'iperbole, l'enfasi, la reticeriza, l'ostentazione ironica, l'abbassamento parodico, egli appare dominato dalla consapevolezza dei suoi limiti rispetto alla leggibilità e decifrabilità del reale- un miscuglio di segni e di linguaggi complessi. Il narratore, luogo tradizionale di verità o almeno centro prospettico in base al quale si ordina il reale, ora si configura come figura di dubbio, di errore e di contraddizione, ed è proprio in questo modo, paradossalmente, che egli riesce a capovolgere la logica dominante di lettura dell'evento storico. Tra i molti esempi che offre la narrativa contemporanea, in particolare quella angloamericana e quella sudafricana di lingua inglese, propongo di guardarne alcuni più da vicino relativamente all'uso che in essi si fa del materiale storico. Emergeranno così tipi diversi di attuazione del romanzo storico in cui la storia è a volte dato neutro e scarnificato,.altre volte un eccesso di dati eterogenei e confusi; in altri casi infine essa è come cancellata o assorbita in una realtà immaginata ma che ha legami tenaci con un 'referente' nascosto ancorché visibile, una storia che parla del futuro;che diventa profezia. II Attingendo a fonti d'epoca, fohn Fowles in Maggot, la ninfa (Garzanti 1985), ambienta l'intreccio nel '700, ma a differenza di quanto aveva fatto nel suo precedente 'metaromanzo storiografico', L'amante del tenente francese, in cui si imitavano tutte le convenzioni del romanzo vittoriano, facendoci quasi a tratti dimenticare di stare leggendo una semplice 'riproduzione', un simulacro o una parodia, qui la scrittura si tiene su un piano di fredda impersonalità denunciando una diversa strategia autoriale. Solo occasionalmente il narratore fa sentire la propria voce, rivelando in qualche rapido commento personale la sua collocazione storica nel ventesimo secolo. Pur essendo costruita intorno a un enigma, una serie di delitti misteriosi collegati a strani e perversi rituali, la storia terminerà senza offrire né una conclusione né uno scioglimento dell'intrigo. Il romanzo~ costituito in gran parte dalla nuda trascrizione dei verbali processuali relativi agli interrogatori dei testimoni e dalle lettere degli inquirenti, quasi un dossier di documenti. Gli squarci di microstoria sulla realtà del tempo, i riferimenti all'attività degli Shakers, la comunità utopica fondata da Ann Lee, figlia della prostituta Rebecca, la voce principale e più inquietante del romanzo, e la riproduzione nel testo delle pagine di cronaca del "Gentleman' s Magazine" del 1736, relative ai mesi in cui si verificarono gli eventi raccontati, pur offerti come fonte autentica, appaiono come sganciati dal valore di documentazione o di prova, perché di per sé non comunicano nulla, non spiegano nulla. Giunti alla fine del romanzo, quando il mistero, invece di essere chiarito, si è addensato di colorazioni mistiche e visioni demoniache, il narratore, contraddicendo il metodo che sembra aver guidato la costruzione del testo, svela che si è trattato di pura invenzione, di una stravaganza, un 'maggot' appunto. Egli dichiara infatti di non essere uno storico, ma solo un tramite 21

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