ILCONTESTO Aldi là della guerra fredda Marcello Flores L'euforia, comprensibile e condivisa, per quanto è avvenuto recentemente nell'est europeo, ha reso popolare, anche a sinistra, un'interpretazione storica che è stata ed è uno dei punti di forza della propaganda neoconservatrice. Questo nuovo luogo comune, di cui occorrerebbe valutare tutti i risvolti, afferma in sostanza che la politica di Gorbaciov nasce come risposta a una crisi economica e sociale innescata e aggravata dal tempestivo intervento di Reagan. Questi, infatti, con la priorità assegnata alle spese di difesa, avrebbe costretto Mosca ad una rincorsa miÌitare capace di mettere in ginocchio la già traballante economia sovietica. La scelta riformista di Gorbaciov altro non sarebbe, quindi, che una scelta di necessità dettata dalle mosse dell'avversario. Proprio i recenti avvenimenti dell'est permettono forse di puntualizzare il tema della "fine della guerra fredda", ed anche delle origini di questa nuova fase, in modo assai diverso dal disinvolto clamore sulla "fine della storia;' che è stata dibattuta negli Usa sull'onda del fortunato articolo scritto dall'alto funzionario del Dipartimento di Stato Francis Fukuyama apparso su "Tue National Interest". Qual era il nocciolo della guerra fredda, di quella storica conclusasi con la crisi dei missili e di quella "nuova" che ha caratterizzato l'ultimo decennio e che si può far risalire all'inva- . sione russa dell'Afghanistan e alla nuova politica estera inaugurata da Reagan? Nell'opuscolo di(<Voices" che verrà messo in vendita da "Linea d'Ombra" è chiarito a sufficienza, nel dibattito · tra Chomsky e Halliday, il carattere strumentale e funzionale della guerra fredda (nel rafforzare sia gli Usa che l'Urss al proprio interno, nel mobilitarle contro un nemico dipinto in modo assai peggiore di quanto era in realtà, nello spingere e guidare l'economia, nel favorire la penetrazione e il controllo nel Terzo Mondo, ecc.), anche se il primo sottolinea prevalentemente la volontà Usa di difendere e allargare "l'imperialismo del libero mercato", e il secondo attribuisce al rifiuto Usa di accettare sistemi sociali e valori alternativi le maggiori responsabilità al perdurare della tensione internazionale. Lo sfondo di questa realtà, tuttavia, era dato dal bipolarismo e dalla potenza nucleare, i veri e basilari pilastri della guerra fredda che fu, occorre ricordarlo, l'esito ultimo di una guerra combattuta che sconvolse completamente i precedenti equlibri. f • Furono la potenza militare e la contrapposizione ideologica i cardini di una strategia che sia gli Usa che l 'Urss intesero come globale, che permetteva.e autorizzava, cioè, a essere interessati dovunque e a intervenire comunque nella propria zona di diretta influenza. Queste furono le concretizzazioni reali di una differenza di sistema e di strategia economica che avrebbero, in linea di principio, potuto trovare altre forme di esplicitazione. L'orizzonte segnato dal bipolarismo e dalla reciproca deterrenza nucleare cominciò a incrinarsi tra il 1960 e il 1980, ventennio in cui altri attori, ripresisi dalla guerra o affacciatisi per la prima volta sull'arena internazionale, si sono aggiunti ai due protagonisti, pur se ancora non in veste piena di comprimari. Basti pensare alla Cina che rompe con l 'Urss, a De Gaulle o a Brandt, al mutare del paesaggio mediorientale, per rendersi conto che le cose non erano più le stesse del dopoguerra, pur se le spese 14 militari aumentavano per tutti, e in maniera relativa assai più per le due superpotenze, e se Usa e Urss si ritenevano ancora i protagonisti pressoché unici della storia in corso. Il vero e centrale momento di crisi pi questa realtà, troppo presto dimenticato, a destra e sinistra, per gli esiti che ebbe sulle diverse realtà nazionali, fu la guerra del Vietnam. Paul Kennedy, in un bel libro che merita di essere ripreso e ampiamente discusso (Ascesae declinodellegrandipotenze, Garzanti), ha detto che il Vietnam ebbe negli Usa lo stesso effetto che la prima guerra mondiale ebbe sull'Europa, provocando nel paese uno shock salutare per la tracotanza e l'arroganza del potere americano (tanto che l'opinione pubblica, pur apprezzando il patriottismo di ' Reagan, non gli permise mai di tornare effettivamente alla guerra fredda). A questa crisi di immagine, consapevolezza, consenso e unità nazionale, si affiancò, negli stessi anni, la parità strategica raggiunta dall 'Urss proprio sull'onda del robusto coinvolgimento americano in una guerra dispendiosa e per molti aspetti convenzionale. , La guerra del Vietnam si concluse quindi in un momento caratterizzato da due elementi: parità strategica tra le due superpotenze, mentre in passato gli Usa erano chiaramente più forti; albori di un multipolarismo che ridimensionava l'assoluta supremazia Usa-Urss costringendo entrambi a rivedere i propri piani per il futuro. Non è un caso che fu il più pragmatico e "ottocen- . tesco" Segretario di Stato, Kissinger, a rendersi conto della nuova dislocazione internazionale e a cercare di fame uscire nel migliore dei modi Nixon, poi travolto dal Watergate. Questa nuova realtà venne vissuta in modo diverso dalle due superpotenze. Gli Usa con la politica contraddittoria di Carter (troppo facilmente liquidata come debole e difensiva), l'Urss con un ulteriore aumento delle spese militari e con l'accentuazione della propria influenza e ingerenza nel Terzo Mondo, che culminò con l'intervento militare in Afghanistan alla fine del 1979. Se è senz'altro vero che l'inseguimento brezhneviano al riarmo di Reagan provocò una forte pressione su un'economia già provata e incapace di uscire dai decennali guasti apportati all'agricoltura con la collettivizzazione, rendendo con gli anni manifesta una netta inferiorità nel campo della alte tecnologie, bisogna interrogarsi sul perché delle scelte di Brezhnev. Alla base della sua politica dalla metà degli anni Settanta, infatti, stava l'illusione di poter subentrare come superpoptenza più forte agli Usa frastornati dalla sconfitta del Vietnam. Questa illusione nasceva da molteplici errori di giudizio, primo fra tutti l'identificare il diffuso · antiamericanismo con una crescita del proprio prestigio tanto in Europa che in Asia e in Africa, e addirittura in America latina. L'idea che una maggiore potenza potesse offrire una maggiore sicurezza (quando quest'ultima, invece, è sempre il frutto di rapporti e relazioni) indusse il Cremlino a spostare in una dimensione aggressiva ed espansionistica quella durezza che nei decenni precedeQti era stata prevalentemente orientata alla difesa e controllo del proprio blocco. ' Il nuovo comportamento sovietico - che trovava nella più articolata e decisa repressione del dissenso il contraltare alla nuova politica estera - servì a Reagan da spunto per una politica fondata sul raddoppiamento del bilancio militare (come strumento di direzione dell'intera economia) e una nuova offensiva ideologica contro il comunismo. La mancanza di una strategia globale e l 'incapàcitàdi comprendere i grandi mutamenti in corso in Europa, Cina e Giappone, ma anche, più sotterraneamente, nell'Urss, illusero qualche americano che con Reagan gli Usa erano tornati i signori del mondo. Illusione alimentata dal rapido e progressivo disvelamento della falsità del sogno di grandezza covato da Brezhnev.
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