Linea d'ombra - anno VIII - n. 46 - febbraio 1990

ILCONTESTO Ti sembra di aver adoperato questa metodologia anche a proposito del '68? Credo di sì. Anche nel capitolo sull'era collettiva che va dal '68 al '73, c'è tutta una sezione sulle risposte date sia al '68 che all'autunno caldo, risposte sia a livello delle riforme - e c'erano allora riforme molto significative - sia a livello economico, sia a livello della strategia della tensione. Il capitolo comincia con i movimenti collettivi e finisce con le risposte e le mediazioni. Al di là dei due momenti forti della tua ricostruzione (la famiglia e lo stato) e il rapporto tra movimenti e istituzioni e il loro intreccio, nel libro sembra di veder succedersi negli anni e nei decenni figure sociali caratterizzanti i diversi periodi.C'è il decennio in cui è il contadino lafigura sociale più importante, e sono gli anni della ricostruzione, poi c'è il decennio operaio, poi il periodo degli studenti, delle donne, ecc. Mi sembra, insomma, che del tuo libro si possa mettere in evidenza anche questo. Non vienfuori con chiarezza.però, quale è lafigura dominante degli anni Ottanta, del/' ultimo periodo che hai ricostruito. È dovuto alla difficoltà di comprendere appieno gli ultimi anni della storia d'Italia o alfatto che da un certo momento in poi non c' épiù stata unafigura dominante sul piano sociale, ma forse un intreccio e un ampliamento di presenze sociali nel paese? Qui tocchiamo forse una debolezza del libro, ma una debolezza non solo mia, perchè riguarda la presenza sempre più massiccia, come sappiamo, della figura, o forse delle figure dei ceti medi. I ceti medi non sono fra loro omogenei, ma non c'è dubbio che negli anni Settanta e Ottanta, con il •modo in cui si è evoluta l'economia, anche i ceti medi sono diventati sempre più importanti nella storia d'Italia. Il problema è che i ceti medi non sono mai stati studiati, e se qualcuno si mette rischiosamente a scrivere cinquant'anni di storia d'Italia è molto difficile fare ricerche di prima mano. Avrei voluto farne sui ceti medi, anche perché mancano, ma non avevo un'équipe, non sono un professore americano e non potevo che lavorare da solo, così avrei avuto bisogno di altri dieci anni ...Rimane però questo vuoto dell'entità, della specificità, del capir bene chi sono questi ceti medi, quali sono i loro atteggiamenti, che ruolo giocano nell'Italia del presente. Questo mi sembra unpunto che, anche se in modo critico e che sottolinea i limiti della tua stessa ricerca, nel libro è però presente. Un tentativo che si riflette anche nella parte statistica in appendice, dove si tenta di individuare i comportamenti e i valori dei gruppi sociali, un tentativo che ha cercato di dare una risposta più larga di quanto non avessero fatto indagini economico-sociali di tipo più tradizionale. Spero di sì. Ho cercato di tracciare il modo in cui si presentano i valori dominanti degli anni Ottanta, che non sono quelli dell'era collettiva e neppure degli anni Quaranta ... A proposito dei valori, ti sembra che nei decenni precedenti siano stati tutti racchiusi, organizzati e riassunti dalle forze politiche, che cioè la Dc e la chiesa cattolica abbiano esaurito quelli che erano i valori del solidarismo cristiano o che il partito comunista e socialista abbiano riassunto i valori del collettivismo, dell'organizzazione operaia e della visione alternativa al capitalismo, o che invece nella storia d'Italia ci sia qualcosa che è sfuggito alla capacità dei partiti di riassumere e comprendere tutto a livello idelogico, di mentalità e psicologia collettiva? Non saprei, non sono sicuro. Posso solo avanzare un'ipotesi. Osservando la storia d'Italia dagli anni Quaranta agli anni Settanta mi è rimasta una forte impressione di dominanza dei partiti e delle ideologie sulla società civile, che cioè gli spazi autonomi nella società civile fossero estremamente limitati, che negli anni 12 Quaranta e Cinquanta la forza del solidarismo cattolico o dell'ideologia marxista fossero assai forti. Mi pare, ma è tutto da verificare, che negli anni Ottanta, specie nei tardi anni Ottanta, si stia assistendo per la prima volta al tentativo della società civile di staccarsi da una visione partitica del mondo, dei valori. Ho parlato alla fine del libro della grande crescita dell'associazionismo, spesso solo a livello ricreativo o sportivo, ma c'è senza dubbio un'effervescenza nella società civile, non specificamente a livello politico molto ideologizzato, ma a un livello di gruppi di persone che fanno delle cose insieme. Una realtà che non mi pare esistesse negli anni Quaranta o Cinquanta, e neppure fqrse Sessanta, e che molto meno del passato è indirizzata verso i partiti o verso ia chiesa cattolica. Un'ultima domanda legata a questa considerazione. L' apparente o iniziale sganciamento della società civile da una pesante tutela dei partiti, di cui hai parlato rispetto agli anni Ottanta, è secondo te frutto in qualche modo della modernità, di una modernizzazione- e quindi nei decenni passati l'Italia era più partitizzata ai altri paesi europei sostanzialmente perché più arretrata? C'è insomma una sorta di legame meccanico tra situazione di maggiore modernità economico-scoiale e culturale e ripresa della società civile, o invece lo vedi come qualcosa che nasce dalla storia d'Italia, qualcosa che quindi è legata prevalentemente alle vicende italiane? È insomma unfenomeno generalizzabile, è il segnale che l'Italia è ormai arrivata a livello delle. grandi società della democrazia occidentale capitalistica, o ti sembra invece di rintracciarlo solo come peculiarità della storia d'Italia? . Questa è una domanda estremamente difficile e a cui non posso dare una risposta chiara. Non c'è dubbio che la crescita della società civile sia anche il risultato della modernizzazione del paese, però questa modernità non va sempre nella stessa direzione in ogni paese, e non si può instaurare un rapporto diretto tra modernità e maggiore autonomia e attività della società civile. Se prendiamo l'esempio del mio paese, certamente più avanzato dell'Italia sul piano economico, non c'è dubbio che la società civile sia più indipendente rispetto ai partiti. Ma non si può dire che negli anni Settanta o Ottanta si assista a una grande crescita della società civile inglese. Che conclusione si può trarre, allora? Nella tradizione storica italiana c'è una forte presenza di attività di base, di movimenti di solidariertà, di rifiuto dell'autorità, del potere ingiusto, ecc., c'è insomma un retroterra storico di organizzazione e di solidarietà che, pur se fortemente influenzato dai partiti, può dare un contributo non secondario alla peculiarità dell'Italia agli inizi degli anni Novanta. Operai di lavello, Potenza (da Lezioni di fotografia di M. Cresci e L. Mazzacane, laterza 1983).

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