IL CONTESTO Mi sembra assurdo dire che ho liquidato la lotta di classe, · come ha scritto la Rossanda, ma vorrei dire che forse è compito di uno storico straniero, se ha qualche merito, cercare proprio di restare il più distaccato possibile. Qualcuno forse s'è arrabbiato perché non ho lodato il partito comunista o la nuova sinistra ma sono stato un po' critico verso tutti. Ma uno straniero vede le cose un po' da lontano, non con l'ottica di una posizione politica italiana. Torniamo al partito comunista. Tu metti spesso in evidenza il ruolo positivo, su una serie di piani e in una serie di momenti, del suo comportamento, ma dai un giudizio di complessivo fallimento delle sue ipotesi propositive. Come se il Pci avesse vinto solo nella sua strategia di sopravvivenza come or,ganizzazione non omologabile al mondo capitalistico circostante, che è forse la consapevolezza che ha portato Occhetto a prendere le iniziative che sappiamo. Non sono del tutto d'accordo. Intanto il Pciha giocato un ruolo Se si tocca Togliatti... Piero Brunello Confesso di avere anch'io, come tutti, un ultimo desiderio da esprimere al mondo, ed è quello di poter leggere un buon libro di storia scritto nel 2500 d.C., perché spero che Ii.elfrattempo, se il pianeta tira avanti, qualcuno abbia potuto mettere le mani almeno sugli archivi della Cia, del Vaticano e del ministero degli Interni. Detto questo non me la prenderei proprio con chi mi racconta la storia italiana dell'ultimo mezzo secolo, come invece fa Rossana Rossanda recensendo il libro di Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi ("Il Manifesto", 5 gennaio 1990), accusando l'autore di avere scritto un libro di storia "senza tentazione alcuna di ricerca personale sul campo" e senza sentire il bisogno di "verifiche inedite" (che sarebbero in questo caso documenti ~•archivio, "a parte forse - nconosce Rossanda - i documenti delf'occupazione americana e fngl~se durante e dopo la guerra '): Siaperché come tentazione mi sembra già sufficiente quella di voler mettere insieme la ~to~ia_ politica e sociale degli ultuni _cmquant' anni del nostro pae~e mun qualche centinaio di pagme, come è dimostrato dal ::lo che prima d'ora una cosa I genere in questa forma nessuno se l'era sent1'tad1· f . . hé . are; sia pez~ ~on credo che la buona stort~ ~1 faccia solo con documentimediti (i quali tra l'altro secondo questa 1 • · • og1ca, perde10 rebbero d'interesse una volta pubblicati). Non proverei in altrt; parole alcun fastidio a leggermi un libro del genere scritto da quello che Rossanda definisce "un giovane studioso straniero documentato dalla documentazione altrui". E perrestare in tema devo dire che già l'affermazione con la quale si apre la recensione di Rossanda, secondo cui "un fellow a Cambridge è colui che, quando altri ha fatto la ricerca, vi scrive sopra un libro", mi mette addosso 'una certa agitazione; anzi mi sento in dovere di informare che anche a Venezia e Padova, per quanto ne so, si fa lastess;i cosa, e suppongo anche aRoma, senza che nessuno vi trovi qualcosa da ridire, al di làd'ell'ovvia discussione dei risultati raggiunti. Io tenderei insomma a garantire pregiudizialmente a tutti, anche agli inglesi, non importa di quale età, il diritto di scrivere libri sui libri altrui, libri di storia sulla base di libri di storia, articoli" di giornale a partire da notizie di agenzia o scritti di altri giornalisti, e, visto quello che .sto facendo, recensioni suscitate da recensioni (soprattutto quando, come nel mio caso, a qualcuno possa sembrare che la recensione da cui prende spunto non dia conto al lettore di come un libro è costruito, e anzi ne travisi profondamente il significato). In breve, dopo l'affermazione di principio. che ho fin qui riferito, Rossanda sostiene che Ginsborg fa del familismo o devozione alla famiglia "il carattere nazionale costitutivo" in grado di spiegare immobilismo politico e debolezza dei movimenti della nostra storia recente; trova infondate nel primo volume (dal 1943 agli anni Cinenormemente importante nella difesa della democrazia durante la storia dell'Italia repubblicana, un ruolo che va indicato e rispettato. In secondo luogo, è vero che il Pci ha sempre evitato sia le riforme del mero riformismo che la presa di potere di tipo sovietico, cercando una terza via con un tipo di ricerca che considero affascinante. Nessuno può dire che questa ricerca teorica e ideologica sia stata portata a compimento, e ne è quindi derivato, successivamente, il riconoscimento del!' importanza del riformismo di tipo anglosassone, molto in ritardo rispetto al dovuto. Di quelle riforme tra le quali si trova quella di cui io parlo più a lungo, quella dello stato. Hai parlato del ruolo del Pci nella difesa della democrazia. A questo proposito vorrei ricordarti che "Il Manifesto" ti ha accusato di prendere sottogamba la strategia della tensione, il ruolo della P2 e dei legami e complotti oscuri contro la repubblica; dall'altra Curi su "L' Unità" ti ha accusato di non voler vedere il valqre positivo della adesione del Pci alla politica del!' emerquanta) le ctitiche al Pci di avere attuato tra le altre cose una politica di subalternità alla Dc, e aggiunge che nel secondo volume (19581988)questo giudizio convive con unasottov alutazione del movimento sia operaio che studentesco; sostiene infine che il libro nel suo complesso non pone interrogativi di fondo ed è quindi destinato "a lasciare a bocca asciutta chi, in questo volgere di secolo, si interroga su chi siamo stati e perché" (e tralascio di ricordare il sommario, che si direbbe buttato giù da qual- . cuno che il libro semplicemente non l'ha letto, secondo cui "uno studioso anglosassone( ...) trascu- .ra di porre domande e di cercare risposte"). . È superfluo dire che sui giudizi e sulle interpretazioni del libro c'è di che discutere, come mi pare del resto si stia facendo. Perciò è ovviamente del tutto legittimo essere in disaccordo con le critiche di Ginsborg a Togliatti e con l'analisi che egli dedica ai movimenti di sinistra. Ma perché liquidare tali critiche chiamando, alla vigilanza contro il dilagare odierno di una imprecisata "certa sinistra radical-socialista"? Si riconosca almeno che queste stesse critiche, meno sempliciotte di come Rossanda vuol far credere, vengono da quella Nuova Sinistra (unita per molti versi alla tradizione culturale gramsciana) cui "Il Manifesto" deve e ha dato molto: sicché tanto giustificazionismo rispetto alla storia del Pci risulta ancora più incomprensibile, a meno di non stabilire che l'ossessione che alcuni provano nel sentirsi circondati dal Nuovo Corso Occhettiano vieti d'ora in poi di parlar male di Togliatti. Sul ruolo del familismo e del "particulare", viene poi da pensare che Rossanda non abbia capito, o abbia letto unpo' frettolosamente: seç'èunacaratteristica in tutto il libro di Ginsborg, è infatti quella di dimostrare che gli interessi familiari a volte sono preponderanti e in contrasto e a volte invece si intrecciano agli interessi collettivi, e che di conseguenza il rapporto tra famiglia e collettività inltaliaèmoltomeno semplicistico di quello che C. Tullio Altane E.B anfield prima di lui, con uno schema, quello sì riduttivo e unilaterale, hanno sostenuto. Quanto al giudizio complessivo sul modo in cui è costruita l'argomentazione storica, io personalmente trovo che Ginsborg ha la buona abitudine di individuare interrogativi e questioni aperte, portare testimoniarIZe, riconoscere inmodo esplicito il lavoro fatto prima di lui dagli storici, mettere a confronto e discutere interpretazioni storiografiche diverse, proporre e giustificare la propria ipotesi di spiegazione: in uno stile molto lontano dal procedere compilativo e "sempre asseverativo" che Rossanda gli attribuisce. E nell'impossibilità di dimostrarlo come sarebbe giusto, invito l'eventuale lettore a farsi un'idea di persona; anche senza leggersi tutti i due vo1umi, gli consiglierei, per convincersene, di cominciare col capitolo VII che riguarda il miracolo economico, e di passare poi ai due capitoli (IV e V) sulla riforma agraria e sulla Democrazia Cristiana.
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