CINEMA il cui equilibrio si basa su una personalissima poetica, impossibile da manierare. Mi stupisce l'attitudine a fare un film talmente fedele all'originale da superarlo, senza la minima traccia di ironia, prendendosi, anzi, drammaticamente sul serio. Più Wenders di Wènders ..., sembra esser il motto di alcuni. La tristezza provocata dagli epigoni è la stessa in tutti i secoli. I miei film nascono in genere da un 'idea-forza (una situazione o un personaggio, raramente una storia definita) e dai luoghi. Credo che il mio sia sostanzialmente un cinema di luoghi, non soltanto fisici; determinante in questo senso è stata la mia formazione architettonica. Per l'influenza dei problemi e delle formule proquttive sull'idea originale il discorso è molto semplice: se si hanno venti milioni bisogna fare un film da venti milioni, e via dicendo. L'importante è avere un'idea per ogni possibilità prodùttiva. Ho adottato tutte le formule produttive. Autofinanziamento, Rai, privati, enti locali, case editrici; non in tutti i casi è andata bene, ma è normale in un paese dove il cinema è in crisi. In genere lavoro su più progetti contemporaneamente, e di una cosa sono ormai convinto: fare cinema oggi è un'attività per spregiudicati, le menti candide periscono durante il tragitto. Poeti o intrattenitori, il costo di un film è altissimo, e chi lo produce.e distribuisce non è certo un filantropo! La mancanza in Italia di una seria legge sul cinema contribuisce alla paralisi cronica del nostro cinema. Ma ancora più grave è l'impreparazione e l'improvvisazione dei nostri imprenditori cinematografici, che non conoscono né il cinema né il mercato. Questa è la vera miseria del cinema italiano e in questa logica non c'è futuro. Non ci sono film particolari che non riesco a realizzare: per ognuno è una lotta durissima. Devo riconoscere, però, che esiste una logica perversa: è più difficile fare, un film da cinquanta milioni che uno da.cinque miliardi. Misteri dell'economia ... ' Fa' la cosa giusta di Spike Lee non è un capolavoro, è un buon film ben fatto che vale soprattutto per l'analisi che propone di una realtà che ci riguarda e ci riguarderà sempre di più: Riprende, abbastanza chiaramente, certi modelli del teatro sociale degli anni Ve)lti e Trenta....:. Scene di strada di Rice, Strada sbarrata di Kingsley e le versioni filmiche di Vidoredi Wyler, per esempio: un angolo di strada newyorkese nel corso della giornata, incontri e scontri, quotidianità di poveri o poverissimi . (il modello delle "scene di strada" ebbe gran corso anche nell'avanguardia teatrale tedesca e in quella sovietica; e a esso dobbiamo qualche bellissimo testo napoletano di Viviani). LA DIFFICOLTA questo è pop e di strada. Scorsese narrava benissimo la logica auto- · distruttiva di una comunità chiusa, quella italiana, compreso il suo razzismo - ma escludendo l'esterno. Lee inserisce nella comunità nera una pizzeria italiana e un frutta-e-verdura asiatico - gli arrivati, che "mangiano" sui neri -, e ronzano E:ternamentesu e giù i poliziotti biondi (irlandesi); l'interruzione didascalica con il "pensato" dei protagonisti delle quattro etnie, con il loro vomito di insulti stereotipi gli uni contro gli altri, è certamente il punto più angoscioso del film e una delle più sconvolgenti dimostrazioni della miseria umana contemporanea, e proletaria. Del vittimismo di tutti, dell'incapacità a vedersi come simili e a identificare un nemico comune, o un progetto comune d'incontro e fusione. Sarà davvero questo il nostro futuro multietnico? C'è da spaventarsi, da tremare. Di cinematografico c'è il gusto del colore, squillante come d'obbligopoichéi poveri sonooggi vistosi in quasi tutto il mondo; e c'è la velocità, c'è lo scatto. Il film di Lee viaggia a ritmo di rap, incalza e ritorna, batte e ribatte, incastra movimenti di attori per una trentina almeno di "personaggi principali". (Che sia questo il vero segrèto del cinema vincente: la fuga dalla nciia, la rapidità, il rifiuto della nanna-nanna degli sceneggiati e del cinema detto intellettuale?) C'è dentro una parte di convenzione letteraria (la coppia saga gia e sconfitta dei due anziani, soprattutto) e la sceneggiatura "di ferro" ogni tanto si inceppa. Il meccanismo non è oliato e sciolto a sufficienza. Ma Spike Lee, che è giovane e ha ambizioni molto alte, si sta formando, e diventerà probabilmente un regista di vero rilievo. Anche certe facilità gli vanno dunque perdonate, come quel 88 DELLECOSEGIUSTE . ILFILMDISPIKELEE SULRAZZISMOQUOTIDIANO GoffredoFofr Spike lee e Danny Aiello, protagonisti di Fa lo cosa giusto. modo un po' ipocrita di concludere con due citazioni di Martin Luther King e Malcolm X (i due santini che nel corso del film il balbuziente "creativo" impone ai viandanti come una tassa o un sussidio di disoccupazione ...) L'una è un appello allanonviolenza, l'altra giustifica è difende la violenza difensiva. Troppo comodo, davvero troppo. Ma per il resto di che lamentarsi? Un film così provocante ci è ' capitato di rado di vederlo, nel panorama non eccelso del cinema degli anni Ottanta; e se un altro film ci ha ricordato è MeanStreets di Scorsese, che era tanto impressionista e claustrofobico quanto Il film di Spike Lee mi pare importante per i neri americani - forse importantissimo. Esso infatti dimostra_quello che in parte si intuiva da qui, che le ragioni del loro scontento non sono affatto finite con l'assorbimento di una parte della comunità nella piccola borghesia benestante, successivo alle grandi rivolte degli anni Sessanta. D'altra parte il film che . riguarda un po'. tutti e, come s'è detto, non si ferma ai neri. La spietata e precisa descrizione della famiglia italiana (tre maschi - la mamma se c'è è a casa-e non si finirà mai di dire che il cinema americano ha descritto noi italiani come quasi mai i registi italiani hanno saputo descriverci: con una efferata distanza antropologica.
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