CINEMA Francesca Archibugi (foto di Fulvia Farassino). flessiva,.improvvisata e vjscerale quasi come un rutto. Nonostante sia giusto disprezzare la "professionalità", dopo tanti anni che si è sostituita al nulla, non bisognerebbe mai smettei-edi amare la "professione" come la intendeva Fitzgerald, giù nel fango del fai e rifai, della fatica, della noia, nel buio della moviola senza aver mangiato, alla macchina da scrivere senza aver dormito, in esterni sul set pieno di maschi e nemmeno un cespuglio per fare la pipì. Ammetto che sono sentimen.ti sempliciotti, ma è indispensabile instaurare col proprio lavoro un corpo a corpo, un po' col Pensiero e un po' con l'avanspettacolp; del resto il cinema è lì, in bilico, fra Hegel e Totò. In mezzo a tanto odio, che pare essere veramente il conformismo delle masse che si credono tutte élites e odiano le masse, çisognerebbe ricominciare a parlare bene della gente.,.dei politici, del Lungotevere all'ora di punta, dei film così così. Senza amore non va avanti niente. Figuriamoci il cinema italiano, che sprovvisto di supporti critici e teorici, va avanti a bastonate e mousses di carote, la squadra dei pompatori di qua e la squadra degli insultatori di là, e sbaglia continuamente indirizzo pur imbroccando, raramente, qualche film. Quando si incontra qualcuno che la pensa come te, e ti vuole bene, si diventa amici; e come nella favola di "Cigno, Appiccica!", in questi dieci anni attraversati nel cinema di amici me ne sono appiccicati parecchiucci, me li conto e mi consolo quando non riesco a dormire. E insieme si legge, si scrive, si parla, si ride, quant'è scemo quello, hai registrato/ nteriors?, che nome gli mettiamo al bam86 bino, al partito, alla casa di produzione che mai faremo, ma in campana ragazzi, non dimentichiamoci che tutti i pomeriggi c'è sempre quel branco di ragazzini soli inplatea e non c'è mai un film italiano a tenergli compagnia. Questi motivi; e anche altri, mi hanno spinta a fare dei film. Non so davvero se siamo sufficienti. Forse l'unico motivo che può giustificare tanto esibizionismo è fare qualcosa di veramente bello, ma di questo non è facile nè elegante p_arlareperché, come diceva Zavattini, "tanto l'artistico viene da sé, l'utile bisogna volerlo" .. IN MEMORIA DI LAIO EgidioEronico 1978: gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano (les dieux s' en vont, les enragés restent)l Era il titolo di un disco degli Area, preso in prestito ai più avanzati èritici della democrazia giacobina. 1978, l'ultimo spettacolo, la fine di un decennio di salutari eccessi , è anche l'anno del mio esordio come cineasta. Un assalto al cinema nello spirito dei membri della sanculotteria parigina; senza chiedere il permesso a nessuno e con gli occhi pieni di film, il mandato lo avevo da me stesso. La mia sola esperienza, fino ad allora, un'installazione teatrale in un parco della periferia romana: acqua, terra, aria, fuoco, ma con tempi cinematografici. Poi, con sei nomi in tasca (Griffith, Vertov, Ford, Stroheim, Renoir e Welles), ho realizzato il mio primo film, Penultimi pensieti, un cortometraggio in cui un regista a passo ridotto vuole lasciare come testamento le riprese del proprio suicidio. Preparati set e capestro, il regista muore dopo aver fatto cadere involontariamente la macchina da presa: smentendo Cocteau, la morte lavorava nell'indifferenza del cinema. Ieri come oggi, la mia idea è sempre la stessa: l'unica via percorribile è nel "cinema dei padri". Come il classicismo insegna, occorre capire ed elaborare il linguaggio dell'antico per gettare un ponte sul futuro. Ho sempre ritenuto di dover cercare dentro di me i motivi del mio operare, ma all'interno di una precisa genealogia. Il cinema non s'inventa ogni mattina: Kubrik, per esempio, nella sua originalità, ha padri illustri. Dopo il mio esordio, ho fatto tréJjlrn e mezzo e un altro ne sto per cominciare, ma con una conv_inzione:in un mondo addomesticato da un surplus di immagini e di suoni, il cinema non può più essere casuale. E se l'intelligenza non è un dovere, speriamo che diventi almeno un vizio. Nel cinematografo, come in altre attività artistiche o meno, l'amnesia è pericolosa. Darsi un'identità non è sempre cosa facile e forse non siamo più eredi di nessuno. Ma non abbiamo nessun Edipo da celebrare ... In memoria di Laio, naturalmente. n mio lavoro di regista nell'ambito del cinema italiano ha ùna collocazione piuttosto anomal~. polemica verso quei film considerati medio-alti o d'autore e i loro artefici (sceneggiatori, registi, critici manovrieri e imbonitori va,ri).Una certa impronta secessionistica mi pone tra i non riconciliati. Questo perché non- ho · interesse per il nostro regionalismo cinematografico (le storie italianè, l'italico ingegno, l'ex giardino d'Europa, il dono dell'improvvisazione) caricaturale e stereotipato; preferisco confrontarmi, senza presunzione, con il panorama del mondo, anzi di tutti i mondi se possibili. Del resto, senza sconiodàre Kubrick,
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