SAGGI/RAMONDINO Un Ulisse dalle molte vite. "Tutto il mondo ha bisogno di amicizia." conosce se non i letti di passaggio. Mi ha detto: "È intelligente non dare presa all'intelligenza. È intelJ.igentenon lasciarsi sedurre dall 'intelligenza È in$elligente far la parte necessaria alla stupidità che, tientelo a mente, ha un appetito da leone. È intelligenle)accettare a cuor leggero quel tanto di stupidità che dà un peso utilissimo alla materia grigia. È intelligente abbandonarsi senza scrupoli balordi di fermezza d'animo alla china dolcissima della debolezza, della curiosità. lo, vedi, ho sempre seguito questo programma e me ne trovo bene ... ma sarebbe ora di· finirla". Queste considerazioni Ulisse me le ha fatte un giorno di bonumore. Il bonumore di Ulisse è a prova di bomba. È un bonumore radicale. I suoi malumori tanto famosi, sono men che passeggeri come il pianto dei bambini, ma un semplice velo che per gli altri e per mettersi in stile egli qu~do serve si cala sulla faccia. Questa incapacità di unmalumore serio, è <lessa pure una fra le tante ragioni dell'infelici.tà di Ulisse. Alle considerazioni che ho riportato·non posso garantire che Ulisse creda cecamente. Non è ancora riuscito a determinare a quali cose bisogna · credere e a quali non bisogna. Né spera riuscirci mai. E questa pure è per il tribolato Ulisse una grave ragione d'infelicità. Che una grandissima voglia di.finirla struggesse l'animo di Ulisse, era un bel po' ché lo sospettavo. Dopo la sua personale dichiarazione, non avevo più il diritto di dubitarne né tanto meno di ritardargli il soccorso. Il lamento ·straziante di Ulisse ossessionava le mie notti. Lui stesso condannato a una notte infinita. Fermo davanti à un mare di pece, a una nave egualmente nera e sempre pronta a salpare: quella nave sulla quale Ulisse non voleva imbarcarsi più, perché sapeva che appena iniziato, l'ultimo viaggio si converte in penultimo. Era necessario dare un porto a questo navigatore senza porto, un termine al suo viaggio,.unamorte alla sua vita. La sorte di Ulisse è rimasta in sospeso. La fama un giorno lo consacrò uomo dell'ultimo viaggio. Sull'autorità di questo decreto, la pratica Ulisse fu messa in tacere. Chi muore male diventa fantasma. Passa a un dormiveglia tra la vita e la morte. Erra in mezzo ai vivi con lamento infinito. Si afferra quando può a qualcosa di caldo, di mobile. Non tanto morto da conquistarsi la libertà suprema, non tanto vivo da meritarsi la suprema schiavitù. Questa la tremenda dipendenza dei fantasmi. Ma vivo passare allo stato di fantasma, è un capolavoro di assurdità di cui, a parte Ulisse, non si ha l'esempio. Aveva creduto per molto tempo alla sincerità dell'ultimo viaggio. Sfinito da quel continuo girare a folle, gli fu gioco-forza convincersi che l'ultimo viaggio era come· i capelli di Eleonora, che quando non ce n'è più ce n'è ancora. "E quasi non bastasse" mi confidò una volta Ulisse "questo trucco dell' ultimo viaggio me lo vollero abbellire, inzuccherare. Me lo chiamarono il folle volo!". Fumava di rabbia "Che ingenuità! che mancanza di riguardo! Eppure, Dante lo credevo una persona seria ...". Tacque un momento poi aggiunse: "Forse per questo appunto. Gli uomini seri sono stati i miei peggiori nemici". È vero. Un destino imbecille, una sorte cocciuta hanno invariabilmente spinto Ulisse nelle zone serie della vita. Gli ambienti di questo genere non gli convengono affatto. Non concepisce la serietà come non concepisce il dovere. Il senso del dovere manca del tutto a questo complesso di futilità e di noia. E sempre gli mancherà finché non avrà scoperto la giustificazione del dovere. Anche questo è merito mio. Finché non gli avrò insegnato il solo dovere che conti. (...) Ho aiutato.Ulisse a riporre le valigie ih solaio. Dell'ultimo viaggio o non si parlerà mai più, o se ne parlerà in altro modo. Ai delegati ufficiali - delle varie commissioni e sottocommissioni del consorzio umano, Ulisse ha risposto un "no" secco e reciso. Ha risposto "no" al cielo in nome del · quale aveva ricevuto le avance di una signora carica di armi e di consigli. Un minuscolo diaframma gli si è aperto ~el cervello che ha sparso una luce splendente nella sua anima oscura. Il dovere che dice io sono, il solo che conti e onde tutti gli altri derivano in degenere figliolanza, ha parlato in lui con voce squillante. Ulisse ha conchiuso la sua avventura colorata, l'ha riassunta, se l'è chiusa in pugno e ora se la guarda come uno che uscendo dalla manicure si ammira-il brillio delle unghie. Scende dal palcoscenico e prima di mischiarsi agli spettatori di cui finalmente si è meritato il diploma di fraternità, prima di diventare lui stesso spettatore si toglie la barba finta L'Ulisse posticcio, brillante e svuotato, rimane dietro la ribalta, invisibile ma presente in un mondo di errori. Invano lo chiamano dalla terra e dal cielo. Quelle voci Ulisse non ha più orecchie da sentirle. Le apparenze tentatrici, le seducenti assurdità, Ulisse se le è buttate dietro le spalle. Ora che dopo tanto ha finalmente imparato a vivere, Ulisse, quando ne avrà voglia, potrà anche morire. Mentre Carlo si apprestava a lasciare la casa di via Calascione - dove tu hai trascorso l'infanzia e la primissima giovinezza - e cigni altra dimora terrestre, si era posta davanti agli occhi una sabiana " ...casetta,/ sola fra i campi, che fumava per la cena", raffigurata nel quadro di Mario Schifano che ti aveva regalato: una casetta bianca dal tetto rosso fra un intrico di piante attraverso cui si vede il cielo; una casetta mediterranea nella sua semplice e ridente essenza, come la disegnavano i bambini di una volta, così come forse la sua memoria adulta aveva ricostruito la casa -dell'infanzia a Fratta o piuttosto quella della balia, che col suo latte gli aveva salvato la vita a Ospedaletto. La casa anche che sognava per te, atta a ospitare un cuore e una mente sempre stretti amorosamente alle radici della vita, rivolti verso l'essenziale, liberi da ogni manierismo psicologico, spontanei senza stupido vitalismo, pensosi senza farraginose elucubrazioni, integri esteticamente e eticamente, religiosi nell'unico e vero senso etimologico della parola: legame. Le,game tra terra e cielo, legame con qualcosa che mentre è in noi e in tutte le creatùre ci trascende, ed è lì, che non vuole essere spiegato, ma interrogato senza che ci si aspetti risposta. Se Carlo non avesse considerato ovvio che la rottura del suo patto con l'illusione era fatto che riguardava lui solo, avrebbe lasciato per te questi versi di Saba: Fanciullo, od altro sii tu che mi ascolti, in pena viva o in letizia (e più se in pena) apprendi da chi ha molto sofferto, molto errato, che ancora esiste la Grazia, e che il mondo , - TUTTO IL MONDO - ha bisogno d'amicizia. 81
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