Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

SAGGI/RAMONDINO movimento, quando attorno a noi vedevamo giovani piccolo-borghesi' e giovani sottoproletari di conoscenza diretta, scegliere distruzione e autodistruzione, senza riuscire noi a fermarli, a convincerli del loro torto, e spesso, anzi, provocando per questo il loro odio. E i funerali, primo fra tutti quello di Elsa. Carlo era a suo modo un centro, per la disponibilità instancabile a lasciar tutto onde darti una mano quando ne avevi bisogno, o per il suo essere ubiquamente presente, come una staffetta che stimòla e informa e riferisce di questo e di quello a questo e a quello che o non c'erano o che non avevano letto o saputo. Come per altri del gruppo, ma più di tutti per lui, mi sono spesso interrogato sulla comunicazione profonda che tra di noi ho avvertito e avverto, ma che non è "verbale" (cioè diretta, del raccontarsi intimamente a due o più) pur avvenendo tra persone che altri . definirebbe (e noi stessi ci definiamo) "chiacchieroni",Carlo più di altri. C'era infatti un pudore, un ritegno, e c'era una comprensione che saltavano oltre le spiegazioni e dichiarazioni di cui così tanto si è abusato per tanti anni ("l'autocoscienza" come arte dell'esprimersi contro gli altri, come arte della rivendicazione ringhiosa o piagnona, troppo spesso ricattatoria). Si parlava parlando d'altro, e ci si scopriva di più quando si era in molti, per esempio di fronte a certe (benvenute) provocazioni di Elsa. Il volto aguzzo di Carl_oe la sua espressione mopile e tormentata, ma capace di allegrie faunesche e solari -ecco uno dei punti più vivi nella memoria di un gruppo. Che ha saputo capire, mi pare, e rispettare, la sua stanchezza, poiché ne ha provate di simili; e che non vede mai nella scelta di chi decide. di andarsene un abbandono, bensì una possibilità che dipende· dalle ragioni per cui esistono i gruppi, ma che i gruppi non possono esorcizzare mai del tutto. Perché il gruppo aiuta, ma non basta. Caro Arturo, Elsa diceva sempre che non sono i genitori a fare, tanto meno ad avere, figli, bensì i figli a volere nascere. Se è la vita che dà la vita, è anche la vita che toglie la vita. Così è la vita che ha tolto la vita a Carlo_.Per ciascuno ciò accade in modo diverso e per diverse cause: questo gli antichi lo chiamavano fato. E Carlo, che non credeva alla ragione progressiva né alla divina provvidenza, al fato credeva. Il nome che, d'accordo con Daria, scelse per te è per molti aspetti magico: è il nome di una stella, del leggendario re Artù, di' uno dei più solari personaggi di Elsa. E tu sei ora più o meno nell'età di quell'altro Arturo quando lasciò l'isola per affrontare la vita nel continente adulto. Come quel!' Arturo hai trascorso tra Procida e Laurito un 'infanzia ancora antica. Il tuo nome e quei lunghi mesi estivi sono un dono particolare che hai ricevuto, un pegno d'amore. Ti serva di guida la stella - la tua e quella con cui Carlo aveva instaurato un colloquio segreto negli ultimi mesi, il pianeta Venere forse, sotto il segno del quale era nato, perché la descriveva come la più luminosa - e ti renda fermo e leggero il passo il tuo piede marino, quando percorrerai le città e i paesi. Tu a volte· hai sofferto, come tutti i figli, di gelosia nei confronti di tuo padre: non ti parevano mai sufficienti le sue cure, · il suo affetto, la sua presenza. E anche lui, come tutti i genitori, sentiva di mancare verso di te. Gli ripetevo allora le parole di Elsa, da lui stesso tante volte 78 citate: che le persone di cui più si ha bisogno sono raramente quelle che si amano d~più. Carlo mi diceva sempre che chi al mondo amava di più eri'tu. E la prova era questa: che se paventava un pericolo, il suo pensiero andava subito e solo a te, che tu fossi vicino o lontano. Se ti guardi intorno, potrai renderti conto che questo amore era raro e prezioso, come la forma in cui si manifestava: guidarti senza opprimerti, insegnarti a imparare piuttosto che a conoscere, cioè a essere insieme con le cose create e non a possederle. Ora voglio dirti che cosa è stato Carlo per me. Non a caso ci siamo conosciuti intorno a un progetto utopico-nel '61 -: la fondazione della prima A.R.N. del vico Vasto a Chiaia, dove intorno al lungo tavolo di un sarto inoperoso si iniziava un lavoro di alfabetizzazione per bambini e ragazzi del vicolo; vi veniva anche Pietro, un ragazzo mendicante del Pallonetto, che ogni . tanto negli ultimi anni ancora Carlo incontrava rincasando e di cui mi dava notizie. Fu lo zio anarchico di Daria, Cesare Zaccaria, a mettermi in contatto con loro e la loro cerchia di amici. E ricordo il nostro primo sguardo di complicità, quando intorno a un tavolino di Càflish di via dei Mille, messi alle strette da una collaboratrice alrora repubblicana, ci riunimmo per fare lo statuto. Lasciammo ogni decisione a lei, io mi )asciai nominare non so se presidente o segretaria, Carlo ~ssiere, lei, per niente aiutata da noi, cercava il nome dell'associazione. Fu quando la nostra amica scelse il nome, di'sapore mazziniano, "Associazione Risveglio Napoli", che, al di sopra del suo capo curvo sugli appunti, ci sorridemmo. Eravamo allora ambedue militanti del partito socialista e io un paio di volteiandai a Frattamaggiore a fare propaganda anticoncezionale nella sezione del PSI - questa estate, dopo avere letto il romanzo del cinese Wang Meng, ambientato nella Cina degli anni Trenta e Quaranta, mi ha detto facendo il verso a Ennio Flaiano, che, a proposito di Cechov, aveva scritto: "Quanto si ama e si soffre a Macerata": "Sem.bra proprio Frattamaggiore allora!" Poi ambedue lasciammo il PSI, quando si formò il primo centro sinistra, e ci perdemmo di vista. Il caso dopo molti anni ci fece di nuovo incontrare. Diventammo vicini di casa e tu, Livia, Sandra frequentavate la stessa scuola elementare. Attraverso di voi ricominciammo a fare amicizia e nell'estate del '76 prendemmo in affitto tutti insieme quella casa di Laurito che è stata, mentre si tiravano in porto i remi delle tante imbarcazioni che si erano avventurosamente avviate verso Utopia a partire dal '68, di nuovo un'utopia-e più vera: quella della convivenza comunitaria di varie persone, accomunate da fratellanza e amicizia e dal progetto di imparare dagli errori politici e umani commessi, per ricominciare, secondo recenti parole di Goffredo che citava Lukacs, non da zero, ma da un' altra parte. E risuonava per quella casa la terribile frase di Elsa: -Siete anche voi dei fascisti! - A proposito di fascisti - e antifascisti veri - mi viene in mente che appen.aquattro giorni prima di morire Carlo mi ha telefonato a Stoccolma per dirmi, fra l'altro, - e questo altro era forse un commiato che non ho inteso-il suo entusiasmo per l'articolo di Niccolò Tucci su Salvemini apparso su "Linea d'ombra" di settembre, entusiasmo che, come abbiamo appurato poi, aveva comunicato anche a te e ai suoi amici. Fu proprio nell'estate del '76 che nacque la nostra vera

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