Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

erano molti i consigli in questo senso. Ma condizione del resistere era un appoggio deciso dei due partiti di sinistra. Proposi di surrogare al governo il partito dei liberali con una o qualche personalità di indiscutibile prestigio di quell'indirizzo. Invece di un governo a sei, un governo a cinque e mezzo. Appena nota. la mia intenzione sollevò a destra un coro furibondo d'invettive di una violenza intimidatrice che sdegnò me, ma non mancò di impressionare comunisti e socialisti. De Gasperi taceva e tacevano i democristiani, soddisfatti che i liberali crociani-notoriamente laicisti - si battessero per la loro causa. C'era la Consulta: volevo chiedere a Sfona - legato a De Gasperi, non a me - di convocarla di urgenza per spiegarmi con questi compagni dell' antifascismo. Nenni, Togliatti, ed i colleghi furono fortemente contrari: teniamo questi pasticci tra di noi, non turbiamo l'opinione pubblica. Fui debole e mi rassegnai. Me ne pento ancora adesso. Ed era chiaro che io, per loro, dovevo.stare al gioco politico. Se uno dei componenti del quadripartito o dell'esapartito si ritira, il capo del governo deve dare le dimissioni: io non sono, anche adesso, di questo parere. Ma allora mi trovavo nella crudele situaziop.edell'ingenuo novellino che prende sul tragico un normale avvicendamento, e sembra ne faccia un caso personale. Mi parve che neppure Nenni e Togliatti, i più qualificati per capire la mia posizione, intendessero che io portavo sulle spalle un mandato che non era di partito, era di combattenti vivi e morti che avevano creduto, edaquestafolladi visi edi ombre veniva una sola domanda: valeva la pena? Ed io, ingenuissimo, mi attribuivo il dovere di una giusta risposta ottenendo che fossero i partigiani a trattare la pace e ad aprire la porta alla Costituente. L'antifascismo, la Resistenza, la guerra di liberazione eran cose lontane, passate agli archivi. Lapolitica seguitava nella sua strada enel suo gioco di fare e disfare i governi. Non tollerava gli ingenui. Li capivano i combattenti e gli operai ·conle numerose azioni di protesta organizzate in ogni parte d'Italia. Non è questione di Parri: questo era il governo della Resistenza, e voi, a Roma, offendete quelli che hanno credutoecombattutoperquesto ideale. Comunisti e socialisti le lasciarono cadere. Gli oppositori scrissero che le avevo organizzate io. . Sentiva profondamente l'offesa il Partito d'azione, al di sopra delle interne divergenze ideologiche e teologiche. Era l'inoscacco che ne scopriva di più la debolezza numerica di partito d'intellettuali, sgradito al Partito comunista come un molesto impedimento alla semplificazione del gioco politico, sgradito al Partito socialista, che ne ' temeva la concorrenza, anche elettorale, sgradito più che mai ai liberali. La caduta del governo Parri è un poco il prologo della caduta del PdA. Parri, isolato, finì per dar le dimissioni. Si tenne indebito di riunire congiuntamente il CLN nazionale ed il CLNAI dal quale aveva avuto la designazione. Gli interessi e gli obiettivi dei partiti cf'ominavano ormai anche i loro discorsi. Poi sempre per non farsi chiudere la bocca, sempre per farsi sentire e capire dalla gente, volle convocare una grande conferenza stampa, con speciale invito alla stampa estera. Ne parla Carlo Levi nell'Orologio: non un racconto, una crudele e deformante pittura. E discorrendo delle cose fatte e rimaste da fare, mi pareva di veder avanzare dal fondo della sala sprezzante e ghignante l'immenso esercito parafascista, l'obeso ventre della storia d'Italia, che aveva vinto, mi aveva vinto. E dissi che moderate politiche si potevano accettare, ma una sola doveva essere intransigentemente respinta, quella che apriva la porta al fascismo. Avevo l'amaro in bocca. Aggiunsi che il colpo di stato che mi estrometteva dal governo apriva la strada al riflusso dell'Italia fascista. Avevo esagerato: dovevo dire colpo di mano. Era il 24 novembre 1945. ·È venuta la Costituzione. Un poco per volta, un pezzo per volta, una lotta dopo l'altra gli italiani l'hanno scoperta. Cessata la persecuzione partigiana, che io presentivo nel mio congedo, si è scoperto che sulla copertina di questo libro c'è l'impronta del sangue della lotta di liberazione e dei suoi martiri. E, un passo dopo l'altro, nel repertorio degli oratori ufficiali si è inserito lo slogan: la Resistenza come matrice della Costituzione. È giusto. Potrebbe essere unii vendetta, se non è retorica. Da "L'Astrolabio" del gennaio 1972, ripubblicato in Ferruccio Parri, Scritti 191511975, Feltrinelli 1976. SAGGI/PARRI Sopra: un disegno di Carlo levi . Sotto: Comincia la "lunga marcia" di Andreolti (1947). 69

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