Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

zati nell'Italia liberata dal fascismo: la mancata attribuzione alla costituente del potere di riformare le leggi esistenti tolse al primo organo rappresentativo della volontà popolare la possibilità di incidere immediatamente sulle strutture dello stato e sui suoi orientamenti politici, e non è casuale che la sua preparazione sia stata sottratta a Parri, così come che gli sia stato negato di indire le prime elezioni libere a suffragio universale, dal cui risultato egli sarebbe uscito rafforzato. Il compromesso stipulato da Togliatti con le forze conservatrici non poteva consentire soluzioni coerenti a quelle cui Parri mirava: non la costituente nel 1945, ma soltanto l'anno dopo, a decantazione avvenuta dell'animosità resistenziale; non, subito, un organo elettivo con compiti di elaborazione della linea politica, ma soltanto la consulta, organo privo di rappresentatività e incapace di alterare gli equilibri istituiti fra i partiti; non una rapida decisione a proposito di monarchia o repubblica affidata alla prima assemblea elettiva, ma un referendum istituzionale rinviato e dall'esito incerto; non una costituente fornita delle competenze necessarie per legiferare, ma incaricata di elaborare in tempi lunghi una complessa costituzione; non una costituzione con chiare norme di abrogazione delle leggi con essa incompatibili, ma un testo destinato a essere affiancato dalla legislazione fascista che di fatto lo avrebbe reso inoperante; non leggi di attuazione della nuova carta costituzionale, ma una sua attuazione effettiva affidata alla buona volontà di maggioranze future di imprevedibile orientamento. Formalmente la crisi del governo Parri fu determinata dal ritiro degli esponenti liberali che ne facevano parte, a conci usione di un'opposizione serrata che il loro partito gli aveva mosso per quasi tutta la sua durata, contestandone le scelte riformatrici e accusandolo di voler artatamente conservare nel paese poteri illegali rispetto a quelli tradizionali (si trattava dei prefetti e dei questori "politici", degli organi giudicanti nei processi contro i responsabili di crimini fascisti, anch'essi nominati dal Comitato di liberazione nazionale, di estensione alle realtà locali e aziendali di aggregazioni di tipo ciellenistico, dell'epurazione dei compromessi col cessato regime inseriti nella pubblica amministrazione e nelle forze armate). Nella realtà, il ritiro liberale fu l'occasione, non perduta né dai comunisti né dai democratico-cristiani, per sbarazzarsi di Parri, giacché i democristiani spalleggiarono i liberali, e i comunisti si rifiutarono di prendere in considerazione la possibilità di dar vita a un governo del quale i liberali non facessero parte e in cui le sinistre assumessero un ruolo di punta, così come evitarono di difendere Parri e la sua linea. Avendo presente il quadro politico che ho tentato di riassumere si possono comprendere le ragioni di Levi nel presentare il congedo di Parri come un fatto cruciale della nostra storia: se infatti la crisi era stata provocata dal segretario liberale, Leone Cattani, che Levi descrive presente alla conferenza stampa, "a un estremo del tavolo (...) un po' isolato, come un tredicesimo apostolo", chi doveva trarne i vantaggi era De Gasperi, e con lui il suo partito, per insediarsi stabilmente ali guida del paese come espressione delle correnti conservatrici, aprendo un corso di avvenimenti che non è ancora finito. Per una analisi più dettagliata dei fatti richiamati ne L' Orologio rimando a due saggi non citati nella nota bibliografica Einaudi, più utili di alcune "testimonianze di parte" che vi SAGGI/ARMANI De Gasperi e Togliatti (in alto). Gli stessicon Nenni, lussue Cationi o Montecitorio nel 1946. figurano (e che dovrebbero essere integrate da uno scritto di Cattani, Dalla cadutadelfascisinoalprimogovernoDeGasperi, pubblicato in "Storia contemporanea", 1974): l'articolodiFranco Catalano su La crisi del governoParri, apparso nel "Ponte" del gennaio 1966, e il contributo di EnzoCollotti su/l governoParri nel volume Ferruccio Parri. Sessant'anni di storia italiana, pubblicato da De Donato nel 1983. Va poi segnalatoun articolo autobiografico, La caduta del governo Parri, appars~ nell' "Astrolabio" del gennaio 1972 e ristampato nel voiurnedegl~ Scritti 1915-1975 di Ferruccio Parri (Feltrinelli, 1976), che s1 chiude nel ricordo dell'episodio cui si riferiscono le pagine de L'Orologio: "discorrendo delle cose fatte e rimaste da fare, mi pareva di veder avaniare dal fondo della sala sprezzante e ghignante l'immenso esercito parafascista, l'obeso ventre della storia d'Italia, che aveva vinto, mi aveva vinto. E dissi che moderate politiche si potevano accettare, ma una sola doveva essere intransigentemente respinta, quella che apriva la porta al fascismo. Avevo l'amaro in bocca". 65

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