Linea d'ombra - anno VIII - n 45 - gennaio 1990

SAGGI/LEVI traddetta dall'espediente palese dei personaggi a chiave: sia letterati (per esempio, dietro al "poeta anoi caro" sicela Umberto Saba, mentre nel pittore Bracco si ravvisa chiaramente Sandro Penna), sia uomini politici e giornalisti de "L'Italia libera"; tanto che alcune delle stroncature del romanzo nascevano dall'irritazione di certi intellettuali riconosciutisi in qualche personaggio ritratto non molto benevolmente. Ad esempio Muscetta, Moneta nel romanzo, come rivela Alicata, criticò l'opera di Levi in tono canzonatorio (4); e lo stesso Alicata, probabilmente Nardelli, attaccò violentemente L'Orologio e l'autore, concentrando nel suo articolo le accuse che venivano mosse anche da altri, ma caricandole di personale risentimento e acrimonia (5). Nell'opera, del resto, tutti i personaggi sono annodati al canovaccio doloroso e risentito di Levi, il cui epicentro è la rievocazione quasi agiografica del dimissionario Parri. La sera del 24 novembre del 1945, infatti, il presidente, prima di rassegnare le dimissioni nelle mani del luogotenente Umberto di Savoia, aveva riunito al Viminale, in un gesto altamente significativo, il CCLN e una rappresentanza del CLNAI, i comitati dai quali aveva ricevuto il mandato. Di fronte a essi, in presenza dei giornalisti italiani e stranieri, tenne la conferenza stampa descritta in toni di-cupo pessimismo nella parte centrale del romanzo, quasi chiave di voha simbolica, dove si staglia sullo sfondo dell'incipiente restaurazione la figura del presidente: "Un crisantemo sopra un letamaio (...)egli rappresentava, o ne era piuttosto costruito, qualche cosa che non è negli schemi politici, una cosa nascosta e senza nome, uguale in tutti e indeterminata, ripetuta milioni di volte in milioni di modi eternamente uguali: i morti freddi sotto la terra, la sofferenza di ogni giorno, e il cor-aggioche la nasconde (...)era fatto della incorporea materia dei santi". In contrapposizione, lè figure grottesche che avevano voluto la crisi, rompendo strumentalmente l 'unitàdei Comitati di Liberazione Nazionale, e che segnavano il ritorno ad un governo reazionario e conservatore, battezzato dall'intervento di De Gasperi: "Eppure, quel vecchio e navigato serpente, aveva, dal suo punto di vista, ragione: aveva, più di tutti gli altri, mostrato, forse senza volerlo, di sapere quello che faceva, di saper difendere il terreno sodo e limitato della politica ( ...) Aveva restaurato senza accorgersene il vecchio Stato( ...) l'aveva fatto, come era suo dovere, per esorcizzare gli spettri, e per scacciare gli angeli" (6). Indipendentemente dai limiti e dai pregi riconosciuti al romanzo di, Levi, se l'intento polemico aveva il fine di provocare una reazione · positiva o negativa, tale fine fu certamente raggiunto; e lo dimostrano da un lato le accuse dei detrattori e degli avversari politici, dall'altro la solidarietà di chi condivise l'amarezza di quella sconfitta. Primo fra tutti Parri, che ricordando quei momenti cita L'Orologio e la sua "crudele e deformante pittura". Le speranze di chi aveva combattuto la Resistenza, di chi aveva lottato per la Liberazione e per un nuovo futuro crollavano: "l'immenso esercito parafascista, l'obeso ventre della storia d'Italia( ...) aveva vinto (...) Era il 24 novembre 1945" (7). · Note 1) Emilio Cecchi, "L'Orologio" di Carlo Levi, "L'Europeo", 11 giugno 1950. · 2) Leone Piccioni, Recensione a Carlo Levi, '11 Popolo", 8 giugno 1950. 3) Carlo Levi, L'Orologio, Torino, Einaudi, 1950, p. 313 4) Carlo_Muscetta, Leggenda e verità di Carlo Levi, in Letteratura militante, 1953. 5) Mario Alicata, "L'Orologio" di Carlo Levi, "Rinascita", 1950. 6) Carlo Levi.L'Orologio, Torino, Einaudi, 1950, pp. 145-151. 7) Ferruccio Parri, La caduta del governo Parri, "Astrolabio", 1972 62 Dise~no di Carlo Levi. Roma, 31/10/1948 Carissima, Ricevo ora il tuo espresso, e me ne addoloro molto. Mi era parsa così bella quella lunga telefonata, e mi eri parsa serena e amorosa. È vero che avevo parlato quasi sempre io, e che non sentivo perfettamente quello che tu dicevi, ma avevo avuto l'impressione che tu mi volessi bene e che fossi (malgrado tutte le noie e i mali familiari) contenta. Invece vedo che, come tutte le volte che si è per un po' di tempo separati, tu cominci a pensar male, a star male, a avere idee sbagliate e nere e false, a far progetti senza ragione. Tutto questo non va bene: ma, per fortuna, c'è un rimedio molto semplice e facile: prendi il primo treno e vieni ii Roma. Scusami se non te l'ho detto prima, se non te l'ho scritto in tutte le mie lettere. Come ti ho spiegato, pensavo prima di dover andare in Svizzera (ma ho rimandato a gennaio); e ora dovrò fare quella scappata a Alassio che ti ho detto. Avevo una mezza idea di fermarmici un po' (se non combino il film, che me lo impedirebbe: fino a stasera non so ancora nulla di preciso a questo proposito, le trattative continuano e sono in mano di Carocci e degli avvocati della Società), per fare quel quadro della Biblioteca, e lavorare all'Orologio: ma era una mezza idèa, non una decisione (peòsavo anche che avresti potuto venirmi a trovare là). Vuol dire che invece non ci andrò che per un giorno o due, il minimo indispensabile a discutere con i preti. Ma anche per questo, bisogna che sappia del film; perché se avrò i soldi potrò comprare la chiesa, e se no, no. Tu _intantovieni a Roma, e poi si vedrà. Qui Nello non è ancora stato pagato da Alexander. Io non faccio altro che scrivere/' Orologio, e poco per volta trovo un ritmo di lavoro non ancora buono, ma passabile. Vado a letto presto, non vedo nessuno; ma ho molti dubbi sul risultato del libro. Temo sia noiosissimo! Ti telefonerò, e verrò a aspettarti alla stazione. Ti ~cong.iuro, caccia i cattivi pensieri e le idee sbagliate e melanconiche. Ti bacio Carlo (Roma, 1948/49) Carissima, Arrivo ora da Napoli, e ti mando un saluto in fretta: chissà se ti arriverà ancora. Del resto, domani sera ti telefonerò. Mia sorella

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